C’è un rumore che le bombe non riescono a coprire, quello delle piazze italiane che oggi hanno scelto di sollevare un grido. Migliaia di persone, in oltre settantacinque città, hanno manifestato per Gaza, trasformando strade e stazioni in un coro che mescola rabbia per ciò che sta accadendo di fronte a un silenzio complice e speranza per un futuro di pace.
Ma se il Paese sembra essersi riconosciuto in un appello univoco, la classe politica resta spaccata: dal governo che punta il dito contro i manifestanti per la violenza nelle piazze, all’opposizione che mette in risalto l’incapacità di Giorgia Meloni di guardare al merito delle rivendicazioni della protesta senza nascondersi dietro ai disordini generati.
La giornata della mobilitazione
Quella del 22 settembre è stata una giornata che, nei resoconti televisivi e nei racconti sui social, ha restituito un Paese mobilitato come non si vedeva da tempo. In oltre settantacinque città si sono svolte manifestazioni e blocchi stradali per chiedere il cessate il fuoco a Gaza, il riconoscimento dello Stato di Palestina e un embargo sulle armi verso Israele. Complessivamente hanno sfilato almeno duecentomila persone, spalmate fra grandi metropoli e piccole città.
La protesta, organizzata dai sindacati di base e sostenuta da movimenti studenteschi, collettivi di lavoratori e associazioni pacifiste, ha coinvolto anche il settore dei trasporti, con ritardi e cancellazioni di treni e autobus, nonché il comparto scolastico.
Il corteo di Roma, partito da Piazza dei Cinquecento, ha superato i 50 mila partecipanti e, vista l’affluenza straordinaria, la questura ha autorizzato un passaggio sulla Tangenziale Est. I manifestanti, molti dei quali studenti, hanno scandito slogan come “Palestina libera” e “Stop al genocidio”, mentre in testa campeggiava uno striscione del movimento internazionale Global Sumud Flotilla.
Nelle stesse ore a Venezia più di 20 mila persone hanno marciato fino al casello del porto commerciale di Marghera, fermando il flusso delle merci in segno di protesta. A Pisa circa cinquemila partecipanti hanno invaso il centro e hanno bloccato per alcuni minuti la superstrada Firenze-Pisa-Livorno, mentre i portuali di Livorno e Genova hanno chiuso gli accessi ai loro scali.
Non sono mancati episodi di tensione, come a Milano, dove un gruppo di manifestanti ha cercato di entrare in stazione lanciando sassi e bottiglie contro le forze dell’ordine. Le vetrine di alcuni negozi sono state danneggiate e la polizia ha risposto con cariche e lacrimogeni. Si contano circa 60 agenti feriti, diversi manifestanti identificati e arresti.
Anche a Bologna, dove secondo la questura si sono radunate tra 10 e 12 mila persone, alcuni partecipanti hanno occupato un tratto di tangenziale, per poi essere allontanati dagli idranti della polizia.
A Torino i manifestanti hanno bloccato i binari della stazione di Porta Nuova, causando l’interruzione della circolazione, mentre a Firenze una folla di migliaia di persone ha puntato l’azienda Leonardo, produttrice di armamenti. Tuttavia, salvo questi episodi isolati, nel complesso la maggioranza dei cortei si è svolta pacificamente e senza disordini registrati.
Le voci della maggioranza contro le violenze in piazza
Il governo Meloni ha reagito alle manifestazioni con toni duri, sottolineando l’inaccettabilità della violenza. Da New York, dove si trovava per l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Giorgia Meloni ha espresso il suo “pensiero di vicinanza” alle forze dell’ordine costrette a subire la violenza “di pseudo-manifestanti” e ha chiesto agli organizzatori e a tutte le forze politiche di condannare gli scontri di Milano. La premier, alludendo ai manifestanti che hanno devastato la stazione, ha parlato di “immagini indegne” che non cambieranno la vita dei gazawi.
Il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha affermato che “bloccare strade, porti e aeroporti non aiuta i civili palestinesi” e danneggia l’economia italiana. Si è unito al coro Matteo Salvini, vicepremier e leader della Lega, che ha definito “criminali, teppisti e delinquenti” gli autori delle violenze, proponendo di obbligare gli organizzatori a depositare una cauzione per coprire i danni provocati dai cortei.
L’opposizione tra solidarietà a Gaza e richieste al Governo
Se per la maggioranza la priorità è stata l’ordine pubblico, le forze di opposizione hanno cercato di riportare l’attenzione sul dramma di Gaza. La segretaria del Partito Democratico Elly Schlein ha condannato senza esitazioni i disordini di Milano e il ferimento degli agenti, ma ha ricordato che la violenza di pochi non può oscurare le decine di migliaia di persone che, in tutta Italia, hanno manifestato pacificamente per chiedere la fine delle ostilità.
Pierfrancesco Majorino, capogruppo dem al Consiglio regionale lombardo, ha parlato di manifestazioni “largamente pacifiche” dove gli atti di vandalismo rappresentano uno “stupido teppismo” da stigmatizzare ma che non deve far dimenticare il cuore della protesta. Sulla stessa linea il presidente del M5S Giuseppe Conte, che ha chiesto al governo di compiere gesti concreti, come un embargo delle armi italiane verso Israele, lo stop definitivo alla cooperazione militare, l’avvio di sanzioni ai coloni israeliani e, soprattutto, il riconoscimento dello Stato di Palestina
Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni per AVS hanno accusato il governo di ipocrisia e complicità, annunciando che continueranno la lotta in Parlamento per bloccare l’export di armi a Israele. Bonelli ha rivendicato i blocchi nei porti e ha affermato che impedire la partenza di navi cariche di armi verso Israele è legittimo perché l’Italia non può essere complice del massacro.
Mentre Azione e +Europa non hanno assunto posizioni ufficiali non prendendo parte ai cortei, Matteo Renzi di Italia Viva ha condannato i violenti, definendoli “teppisti” che compromettono la buona fede della maggioranza dei manifestanti, criticando poi una parte della sinistra che giustifica tali azioni regalando così consensi al governo.
Un confronto che va oltre le piazze
Una mobilitazione che rimarrà impressa non solo per i numeri, ma per il significato che assume in un’Italia spesso assuefatta all’indifferenza. Centinaia di migliaia di persone hanno scelto di sottrarsi al silenzio e di restituire corpo e voce a una causa che i governi europei faticano a tradurre in decisioni tangibili.
La maggioranza, invece, è apparsa ancora una volta prigioniera dei propri riflessi condizionati, con Giorgia Meloni che ha tralasciato il merito delle richieste di chi ha manifestato pacificamente per chiedere al Governo di agire concretamente per fermare il massacro in corso a Gaza.
Trasformare il grido collettivo in un cambio di rotta è ciò che i manifestanti vorrebbero che accadesse. Se la politica non agirà di conseguenza, saranno ancora una volta le piazze a ricordare che la distanza fra chi governa e chi vive la storia sulla propria pelle si misura in giorni come questo.
20250356