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    25 aprile 1945: 80 anni dalla Liberazione 

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    Ricorre oggi l’80esimo anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo. Non una semplice data simbolica, ma un’occasione di riflessione sul recente passato e sulle basi della nostra Repubblica. 

    La storia

    Lo diciamo subito senza troppi giri di parole: il tempo è tiranno, e senza alcun preavviso allontana dalle nostre menti persone, ricordi, emozioni. Succede quotidianamente, con i piccoli dettagli della vita, a maggior ragione quando si tenta di ripercorrere i tempi andati. Ecco spiegato l’obiettivo sotteso a ricorrenze come quella odierna: andare controcorrente imprimendo nella memoria collettiva i fatti storici più significativi. Nel caso specifico, si tratta di una delle date più importanti della storia italiana. 

    Se oggi tutti noi ricordiamo la Liberazione, lo dobbiamo ad un agglomerato di persone, donne e uomini, desiderosi di rivalsa e che, congiuntamente, hanno delineato le fondamenta dell’odierna quotidianità. Volendo essere più precisi, il 25 aprile è tale in virtù di quel lungo processo iniziato l’8 settembre 1943, data della firma dell’armistizio di Cassibile, culminato poi con l’insurrezione nei maggiori capoluoghi italiani. 

    La data fu istituita quale festa nazionale il 22 aprile 1946 attraverso un decreto legislativo luogotenenziale emanato da re Umberto II di Savoia, su proposta dell’allora presidente del Consiglio Alcide De Gasperi. 

    La scelta ricaduta in virtù della “celebrazione della totale liberazione del territorio italiano”  è indicativa del momento in cui il popolo italiano scelse di liberarsi di due occupazioni, tedesca da un lato e fascista dall’altro, che con eguale vigore stavano lacerando la nazione. Tre anni più tardi, nel 1949, la giornata venne ufficializzata quale parte integrante delle festività nazionali. 

    Il presente

    Fin qui la storia. Quanto alla contemporaneità, va detto che annualmente, allo scoccare del giorno prestabilito, fanno capolino una serie di rimembranze correlate alla Liberazione nella maggior parte dei casi sepolte nei meandri della nostra coscienza. In ordine sparso di importanza, la fondazione della Repubblica sociale italiana da parte di Benito Mussolini, la Resistenza e gli scioperi del marzo 1944 nel triangolo industriale compreso tra Milano, Genova e Torino, lo sfondamento della Linea Gotica da parte degli Alleati e, infine, la cattura del Duce e la successiva esposizione del suo corpo, unitamente a quello dell’amante Clara Petacci, in Piazzale Loreto. 

    Sono decine i cortei e le manifestazioni organizzate in varie città italiane, da Gorizia a Messina, in memoria della nascita dell’Italia democratica e antifascista. Poi, superato lo scoglio cerimoniale, il vuoto.  A dominare la scena pubblica, in attesa del completamento dell’anno solare, è un silenzio assordante, oppure – nel peggiore dei casi – un narrazione revisionista diametralmente opposta alla realtà storica. 

    La morte di Papa Francesco e il 25 aprile

    Quest’anno, però, è subentrato un fattore aggiuntivo: la morte improvvisa di Papa Francesco che, oltre ad aver stravolto parte delle celebrazioni canonicamente previste per il Lunedì dell’Angelo, ha anche costretto il Governo a disporre urgentemente alcune misure logistiche per contenere l’ingente afflusso di fedeli previsti in transito a Roma e in Vaticano. 

    Il giorno successivo l’annuncio della morte, il Consiglio dei ministri, riunitosi straordinariamente, ha deliberato cinque giorni di lutto nazionale per la morte del Santo Padre. Un quantitativo mai attestato prima, superiore persino ai tre giorni di lutto indetti nel 2005, in occasione della morte di Papa Giovanni Paolo II. Quanto al 25 aprile, la questione è molto semplice: le celebrazioni “si terranno ugualmente, ma con sobrietà”, ha chiosato nei giorni scorsi il Governo.

    Di qui una serie di interrogativi, allo stato ancora insoluti. Anzitutto, risulta difficile definire con esattezza che cosa si intende per “sobrietà”, o meglio che cosa ha provato a comunicare tra le righe il Governo usando tale sostantivo. Parimenti, non è passata inosservata l’azione perpetrata da buona parte della partitica nazionale, che ha colto l’occasione per muovere critiche all’esecutivo. 

    Gli effetti della “sobrietà”

    Ed è proprio in virtù della sobrietà di cui sopra che nella giornata di ieri alcuni Comuni hanno annullato le celebrazioni in memoria della Liberazione.  Che sia questa la migliore soluzione in questo momento storico? Difficile rispondere a questo interrogativo, ma di certo lo sgarbo è fatto non tanto alla memoria del Pontefice, quanto alle persone che hanno dato la vita per l’Italia democratica, celebrata ai sensi dell’articolo 1 della Costituzione. 

    Insomma, più che parlare di sobrietà, sarebbe utile trovare un modo per rendere duratura e continua la memoria della Liberazione, la stessa che anno dopo anno – in mancanza dei diritti protagonisti – rischia di farsi sempre più lieve.

    Di Fiammetta Freggiaro – Vicedirettrice editoriale

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