Proprio 78 anni fa gli Stati Uniti d’America bombardarono la città di Hiroshima con degli attacchi nucleari.
Durante la giornata del 6 agosto, alle ore 8:15, l’aeronautica militare statunitense sganciò la bomba atomica soprannominata Little Boy, sulla città di Hiroshima e, 3 giorni dopo, venne bombardata anche la città di Nagasaki. Il bilancio dei morti fu tragico, si stima che il numero totale di vittime vari da un minimo di 150 mila a un massimo di 220 mila.
In Giappone si dibatte tutt’ora sulla natura dell’attacco, con una porzione significativa convinta che si sia trattato di un vero e proprio crimine di guerra. Per altri l’attacco ha salvato milioni di persone in tutto il mondo.
Il presidente Harry Truman, succeduto a Roosvelt, stabilì il 26 luglio 1945, nella dichiarazione di Potsdam, i termini per la resa del Giappone. Nel maggio del 1945 gli Stati Uniti studiarono le possibili città giapponesi su cui sganciare la bomba atomica, tra cui Kyoto, Kokura, Hiroshima, Nagasaki e Yokohama. Nel corso della riunione si decise che la bomba sarebbe stata liberata sulle città di Hiroshima e successivamente Nagasaki stabilendo, altresì, di non utilizzare la bomba solo su un obiettivo militare, per non sprecarla.
Entrambe le città, a differenza di Kyoto, erano esclusivamente militari. Hiroshima era una base minore nonché centro di stoccaggio e rifornimento di merci.
Nagasaki era uno dei maggiore porti giapponesi di notevole importanza bellica: la città, infatti, ospitava impianti industriali di grandi dimensioni come l’industria Mitsubishi.
I 2 bombardamenti costrinsero, infine, il Giappone ad arrendersi il 15 agosto 1945. La bomba causò oltre ai morti anche malattie come tumori e malformazioni. I superstiti, chiamati hibakusha, vissero il resto della loro vita con danni gravi e irreversibili.