Non avremmo mai pensato di trovarci di fronte a un genocidio trasmesso in diretta, eppure è esattamente ciò a cui stiamo assistendo da quasi due anni, da quando Israele ha dato il via a un’operazione militare per occupare Gaza, giustificandola con la necessità di fermare Hamas.
Ieri, lunedì 15 settembre, si è raggiunto l’apice di questa vicenda, con le forze di difesa israeliane che hanno invaso Gaza City, dove vivono ancora circa un milione di persone.
COSA È SUCCESSO
Alle 23 di ieri sera, l’esercito israeliano ha dato inizio all’attacco via terra con l’obiettivo di occupare totalmente Gaza City. In soli venti minuti, ci sono stati ben 27 bombardamenti che hanno trasformato il cielo in un bagliore arancione a causa delle numerose esplosioni, costringendo così molte persone a fuggire dalla zona nord-occidentale.
Secondo l’agenzia palestinese Wafa, al momento si contano 14 morti accertati a Gaza City, con l’IDF che ha colpito perfino i quartieri residenziali. Attualmente, ci sono due divisioni dell’esercito israeliano schierate nella Striscia. Per la prima volta, il capo di stato maggiore dell’IDF, Eyal Zamir, e il comandante del settore meridionale, Yaniv Asor, si trovano in prima linea nei combattimenti, insieme alle truppe che stanno operando nella zona.
LE REAZIONI INTERNAZIONALI
La Commissione d’inchiesta internazionale indipendente delle Nazioni Unite ha dichiarato che Israele sta compiendo un genocidio e che, per questo, deve essere fermato. In risposta, il ministro degli Esteri israeliano ha accusato la commissione di antisemitismo tramite un messaggio pubblicato su X.
Il Lussemburgo ha annunciato l’intenzione di riconoscere lo Stato di Palestina, mentre la Spagna, per protesta, ha convocato l’ambasciatrice israeliana, contestando anche l’accusa di antisemitismo rivolta al primo ministro Sánchez. Il ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, ha condannato l’invasione, ribadendo tuttavia che un eventuale riconoscimento dello Stato di Palestina non porterebbe a risultati concreti.
Donald Trump, invece, ha accusato Hamas di utilizzare gli ostaggi israeliani come scudi umani, avvertendo che tale atteggiamento potrebbe avere gravi conseguenze.
IL DIRITTO INTERNAZIONALE
La situazione è davvero critica anche dal punto di vista del diritto internazionale. Israele, infatti, sta violando la IV Convenzione di Ginevra, in particolare gli articoli 27, che riguarda la protezione generale dei civili, 33, che vieta la punizione collettiva, e 53, che proibisce la distruzione di beni civili, a meno che non sia assolutamente necessario per motivi militari.
In aggiunta, Israele sta infrangendo anche il Protocollo aggiuntivo I del 1977 alle Convenzioni di Ginevra. Anche se non lo ha mai ratificato, molte delle sue disposizioni sono ormai considerate parte del diritto internazionale consuetudinario e quindi vincolanti. In particolare, sono compromessi: l’art. 48, che stabilisce il principio di distinzione tra civili e combattenti; l’art. 51, che vieta attacchi indiscriminati e richiede il rispetto del principio di proporzionalità; l’art. 52, che garantisce la protezione dei beni civili; l’art. 57, che obbliga a prendere tutte le precauzioni necessarie negli attacchi per ridurre al minimo le perdite civili; e l’art. 58, che richiede ulteriori misure per proteggere la popolazione dagli effetti delle ostilità.
A queste violazioni si aggiungono quelle dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale del 1998, che definisce come crimini di guerra gli attacchi intenzionali contro civili, gli attacchi sproporzionati e quelli diretti contro edifici civili protetti, come scuole e ospedali.
Conclusioni
Il rischio è che queste norme stiano perdendo efficacia, lasciando i civili vulnerabili e senza alcuna protezione. Per questo motivo, è fondamentale che la comunità internazionale intervenga per cercare una soluzione diplomatica: in primo luogo, aprendo corridoi umanitari e, in secondo luogo, promuovendo una pace duratura basata sulla convivenza pacifica.
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