Periodo non facile per il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, ove proprio in queste ore il tumulto sembra fare la parte del leone. Su indicazione del vicepremier Matteo Salvini, titolare del dicastero, lo schema di decreto che avrebbe dovuto fare chiarezza sull’utilizzo degli autovelox è stato sospeso avanzando la carta della necessità di “ulteriori approfondimenti”.
Poco prima del vaglio europeo, una clamorosa retromarcia che, inevitabilmente, solleva non pochi interrogativi sulle conseguenze di quanto stava per entrare in vigore.
Autovelox in Italia: critiche, utilità e ricorsi
La questione è di lungo corso, e quanto recentemente accaduto non fa altro che sollevare l’ennesimo problema sia legislativo che strettamente tecnico. Per inquadrare meglio la questione, vale la pena dire che l’Italia è prima in Europa per numero di dispositivi di misurazione installati; ogni 1000 chilometri, nel Belpaese si conta un ammontare di autovelox pari a 23. Proprio questo stesso alto tasso di incidenza avrebbe motivato le critiche alle amministrazioni comunali che, nel corso dell’ultimo anno, hanno deciso di introdurre limiti di velocità tendenti al ribasso, ben al di sotto dei canonici 50 km/h in vigore nei centri abitanti.
Beninteso, l’impatto positivo di questi dispositivi, in specie in prossimità delle aree frequentate da anziani e bambini, non è mai stato messo in discussione. D’altro canto, a sollevare dubbi è l’entrata economica ad essi connessa, intesa quale facile espediente da parte delle amministrazioni comunali per ripianare le proprie casse. Se a ciò aggiungiamo la frequente non omologazione dei dispositivi, ecco spiegato perché molti automobilisti, ricevuta la segnalazione del superamento del limite di velocità, avevano iniziato a presentare ricorso nelle sedi opportune.
La pronuncia della Corte di Cassazione
A risolvere, seppur parzialmente, la situazione ci aveva pensato una sentenza della Corte di Cassazione, datata 18 aprile 2024, con cui era stata decretata l’invalidità delle sanzioni per eccesso di velocità nel caso in cui il dispositivo deputato alla rilevazione non fosse omologato. Una sorta di non luogo a procedere che, tutto sommato, aveva tranquillizzato gli animi – e le patenti – di molti automobilisti.
Lo schema di decreto
Archiviata questa prima puntata, rendendosi comunque necessaria una specifica relativamente all’omologazione, ecco allora comparire lo schema di decreto di cui stiamo trattando.
Composto da sette articoli, quest’ultimo era corredato da un dettagliato allegato tecnico con cui si chiarivano le caratteristiche, i requisiti e le procedure di omologazione, nonché i principi posti a capo della verifica della funzionalità dei sistemi di rilevazione dell’oltraggio dei limiti massimi di velocità.
Nelle apposite disposizioni transitorie, con esso si sanciva altresì una data spartiacque: nello specifico, l’articolo 6 stabiliva che “i dispositivi o sistemi approvati secondo quanto previsto dal decreto del ministro delle Infrastrutture e dei trasporti del 13 giugno 2017, n. 282, essendo conformi alle disposizioni dell’allegato tecnico, sono da ritenersi omologati d’ufficio“. L’obiettivo qui sotteso era facilmente intuibile: mettere a tacere i molti ricorsi presentati chiamando in causa la pronuncia della Corte di Cassazione di cui sopra.
Seguendo quanto appena detto, secondo lo schema di decreto sarebbero stati appena 12 gli autovelox automaticamente omologati.
Discorso differente, invece, per tutti quei dispositivi la cui approvazione risulta antecedente al 2017, che sarebbero stati quindi spenti, causando non pochi problemi non solo agli enti locali, ma anche alla circolazione. Stando a quanto dichiarato dall’Asaps, l’Associazione sostenitori e amici della Polizia stradale, la norma transitoria “in piena estate e con l’esodo degli italiani per le vacanze, porterebbe alla disattivazione della stragrande maggioranza degli apparati di controllo velocità, compresi i Tutor 1.0 e 2.0 sulle autostrade” […] “La conseguenza, sarebbe stata una sorta di ‘liberi tutti’, considerato come troppo spesso l’alta velocità sia la causa principale degli scontri tra veicoli e delle fuoriuscite autonome“.
La sospensione
Prima ancora di valutare gli effetti delle suddette disposizioni transitorie, lo schema di decreto elaborato dal Ministero è stato sospeso su indicazione del ministro Matteo Salvini, che ha motivato tale frenata dicendo che si rendono “necessari ulteriori approfondimenti”. In sintesi, la stessa parte politica che ha fatto del Codice della strada e del contrasto agli omicidi stradali, causati dalla guida in stato di ebbrezza o dall’assunzione di stupefacenti, una vera e propria bandiera, non avrebbe avuto modo di completare gli approfondimenti latitanti e attesi da anni. Gli stessi che, di fatto, bloccano l’entrata in vigore di un provvedimento funzionale alla migliore gestione dell’ordine pubblico.
A peggiorare il quadro subentra un dettaglio non trascurabile: la sospensione è sopraggiunta pressoché in concomitanza con la trasmissione dello schema all’Unione europea, dunque considerando presumibilmente archiviato il provvedimento, quantomeno per quanto attiene la sua formulazione.
Le polemiche
Varie le perplessità mostrate a seguito della sospensione: secondo il Codacons, tale ripensamento va a discapito degli automobilisti, di cui “allunga l’agonia”. L’associazione prosegue poi denunciando la persistenza del problema: “L’eccesso di velocità continua ad essere una delle prime cause di morti, feriti e incidenti sulle nostre strade, e a maggior ragione il decreto del ministero era fondamentale per mettere fine alle carenze normative che portano i Comuni ad usare apparecchi fuorilegge e i giudici di pace e i prefetti ad annullare le multe”.
Sulla stessa scia anche Assoutenti, che ha chiesto l’apertura di tavolo “tra ministero, comuni e associazioni dei consumatori”, inteso quale occasione per “fare chiarezza su un comparto, quello delle multe stradali, che genera ogni anno migliaia di contenziosi tra cittadini e amministrazioni con costi legali enormi per le casse pubbliche“.
Per l’ennesima volta, la realtà quotidiana e quella all’interno del Palazzo dimostrano di procedere spedite su binari paralleli ma privi qualsivoglia punto di contatto.
20250115