spot_img
Altro
    HomeEsteriBalcaniBalcani e riconoscimento della Palestina: posizioni a confronto

    Balcani e riconoscimento della Palestina: posizioni a confronto

    Pubblicato il

    spot_img

    La questione del riconoscimento dello Stato di Palestina divide i Balcani: alcuni Stati lo hanno già effettuato da decenni, altri conservano posizioni caute, altri ancora, invece, mantengono saldi i propri legami con Israele e sono ben lungi da una risoluzione di questo tipo. 

    Il quadro complessivo riflette sia le eredità diplomatiche del passato sia le recenti turbolenze diplomatiche all’interno dell’Unione europea in merito alla questione palestinese.

    Stati in bilico

    Molte capitali balcaniche hanno scelto una via prudente, sostenendo in astratto la soluzione a due Stati, ma evitando riconoscimenti unilaterali.

    La Croazia non ha mai riconosciuto la Palestina, sebbene la pressione politica sia aumentata. Il presidente Zoran Milanović ha chiesto l’avvio della procedura parlamentare per compiere questo passo, spingendo per un atto politico indirizzato a fermare il conflitto e la crisi umanitaria. Il governo mostra più prudenza, cercando di bilanciare la pressione interna e i rapporti esteri.  

    La tensione tra capo dello Stato e governo è peraltro lo specchio di una distanza fra opinione pubblica e linee dell’esecutivo. Inoltre, per quanto il Presidente eserciti pressione, il procedimento costituzionale per il riconoscimento di un nuovo Stato estero richiede comunque l’approvazione parlamentare: la proposta del partito progressista “Mozemo!” per riconoscere la Palestina è stata infatti respinta per mancanza di maggioranza. Tuttavia, il premier Plenkovic ha dichiarato di recente che il riconoscimento è solo una questione di tempo, purché si segua la prospettiva dei due Stati.

    In Grecia il premier Mitsotakis ha dichiarato di essere favorevole al riconoscimento, il quale però arriverà “al momento giusto”, ribadendo il sostegno ufficiale greco a una soluzione a due Stati, da rinviarsi tuttavia in un futuro non meglio definito, e dopo valutazioni diplomatiche più ampie.

    La posizione di Atene è dunque quella di far conciliare gli storici legami con Israele, legati principalmente alla cooperazione energetica, con la pressione popolare a favore di un’azione umanitaria in Palestina. Mitsotakis vuole quindi evitare azioni politiche che possano compromettere l’amicizia con Israele senza far montare la rabbia popolare. 

    In Montenegro vari gruppi parlamentari mantengono rapporti di amicizia con la Palestina, e hanno espresso sostegno a iniziative internazionali in linea con le risoluzioni dell’ONU. Nel dettaglio, il piccolo Stato ex Iugoslavo intrattiene in generale rapporti bilaterali con la Palestina dal 2006, ma in assenza di forti spinte interne per una svolta, Podgorica tende a sostenere linee europee e dell’ONU senza tuttavia aprire al riconoscimento di un’entità statuale palestinese.

    Chi ha già riconosciuto, tra storia e conferme

    Alcuni Paesi dei Balcani, tra cui Albania, Bulgaria e Romania, riconobbero la Palestina già alla fine degli anni Ottanta.  

    In Albania la presenza diplomatica palestinese è ben consolidata a Tirana. La scelta è stata storicamente lineare, ma oggi l’Albania si trova a dover bilanciare queste tradizioni con la buona tenuta delle attuali relazioni con i partner occidentali: in assenza di pressioni interne ed esterne forti, la politica albanese tende a mantenere lo status quo. Inoltre, non è da sottovalutare la grande cooperazione tecnologica dell’Albania con Israele, che potrebbe segnalare il fatto che tale riconoscimento non pregiudichi buoni rapporti con Tel Aviv.

    Nonostante il riconoscimento anch’esso storico, Sofia e Bucarest hanno una posizione molto cauta: pur ribadendo il sostegno a una soluzione a due Stati, cercano comunque di avere una linea europea che non comprometta i rapporti con Israele. 

    L’evoluzione della Slovenia

    Un cambiamento politico di grande rilievo è invece avvenuto nel 2024, quando la Slovenia ha compiuto un passo significativo: il governo di Lubiana ha approvato il riconoscimento dello Stato palestinese.

    Questa scelta politica si è ulteriormente consolidata nell’estate di quest’anno, quando la Slovenia ha adottato misure a sostegno della causa palestinese come l’embargo sulle armi verso Israele – primo Paese UE a farlo – e la scelta di vietare l’ingresso a due ministri israeliani: Bazalel Smortrich e Itamar Ben-Gvir. 

    Tali misure sono state definite come un “dovere morale” da parte della ministra degli esteri Tanja Fajon. Queste mosse politiche hanno rappresentato un gesto di solidarietà verso la popolazione palestinese e una richiesta ben più strutturata e sostanziale di avviare realmente un processo per la costituzione di due Stati nel territorio israelo-palestinese.

    Lubiana ha dimostrato, rendendosi esempio di coraggio in Europa, che attraverso un consenso parlamentare trasversale sulle questioni umanitarie, è possibile convertire le intenzioni politiche in azioni concrete, e che anche stati di medie dimensioni possono avere un peso politico significativo nell’influenzare l’agenda europea.

    Fratture nazionali e influenze interne

    In Bosnia-Erzegovina, e in Macedonia del Nord, la politica estera sul dossier palestinese è influenzata da forti divisioni interne, equilibri etnici e considerazioni parlamentari.

    La Bosnia-Erzegovina ha riconosciuto la Palestina nel 1992. Tuttavia, l’attuazione di una politica estera omogenea è complicata dall’architettura costituzionale “a tre”. Inoltre, a questa complessità contribuiscono le forti posizioni contrapposte delle varie componenti etniche: le decisioni internazionali sono infatti condizionate dagli squilibri interni del Paese. Di norma, Sarajevo esprime voti nelle sedi internazionali a favore delle risoluzioni umanitarie. Tuttavia, il passo politico netto nei confronti della Palestina rimane difficile da realizzare, proprio per le diverse opinioni presenti da parte delle tre etnie nel suolo bosniaco.

    La Macedonia del Nord ha invece una posizione “fluida”: sono presenti diverse pressioni parlamentari da parte dell’opposizione per un riconoscimento della Palestina; nonostante questo, il governo adotta ancora estrema prudenza, sia per ragioni di equilibri internazionali che per paura di compromettere l’obiettivo europeo. Inoltre, bisogna considerare che, anche in questo caso, nelle pressioni a favore e in quelle contrarie al riconoscimento della Palestina gioca un ruolo importante la presenza della minoranza albanese.

    Serbia e Kosovo: due casi speciali

    La posizione della Serbia è plasmata da interessi strategici e da legami consolidati con Israele: negli ultimi anni si è assistito a un rafforzamento del rapporto serbo-israeliano, incluse relazioni economiche e accordi diplomatici che hanno reso Belgrado più disponibile a sostenere Tel Aviv.

    La politica estera serba è alla continua ricerca di un ambito bilanciamento internazionale, soprattutto per la gestione del Kosovo. Di conseguenza, nonostante Belgrado riconosca già la Palestina, Vucic mantiene sempre una posizione di amicizia e disponibilità nei confronti di Tel Aviv.  

    Anche la posizione di Pristina è fortemente pragmatica, ed è orientata al consolidamento dei legami con gli Stati che l’hanno a sua volta riconosciuta. Il Kosovo ha stabilito le sue relazioni diplomatiche con Israele nel 2020: sotto la mediazione USA, infatti, c’è stato il riconoscimento reciproco tra Tel Aviv e Pristina. 

    Il Kosovo ha dunque dato priorità al consolidamento delle sue relazioni politiche e al sostegno degli alleati sopra ogni altro aspetto. Questa linea politica chiaramente non favorisce la Palestina, che dunque non ha mai mostrato interesse nell’instaurare rapporti diplomatici, soprattutto a partire dal 2020.

    L’influenza dell’Unione europea tra diritto internazionale e geopolitica

    La politica estera dell’UE è un fattore fondamentale per i vari governi nazionali nei Balcani. Questi ultimi infatti bilanciano i loro rapporti con Israele cercando di evitare delle possibili fratture con gli Stati membri. 

    Nei Balcani la posizione sulla Palestina non è monolitica: convivono riconoscimenti storici, scelte politiche recenti, prudenza motivata da legami bilaterali e problematiche interne. Infine, la volontà di entrare a far parte dell’Unione europea porta molti di questi Paesi a permanere in uno stato di immobilismo, dettato dal timore di commettere errori in questo lungo processo.

    20250374

    Articoli recenti

    Repubblica Ceca: alle parlamentari vince la destra populista 

    Ieri, venerdì 3, e oggi, sabato 4 ottobre, si sono tenute le elezioni parlamentari...

    Dal cielo ai social: l’Europa è già in guerra?

    Cyberattacchi, campagne di disinformazione, droni e jet nei cieli europei e spettacolari esercitazioni militari...

    In corso lo sciopero generale per protestare contro l’abbordaggio della Flotilla

    Nella notte tra mercoledì e giovedì, è stata fermata l’iniziativa civile della Global Sumud...

    A Copenaghen il vertice della Comunità politica europea

    Nella giornata di ieri, giovedì 2 ottobre 2025, Copenaghen ha ospitato il settimo vertice...