Quante volte abbiamo sentito parlare di “rieducazione” come scopo del carcere? E quante volte ci siamo chiesti se davvero il sistema penale italiano stia riuscendo a raggiungere questo obiettivo?
Una domanda che non possiamo ignorare, soprattutto quando consideriamo che in Italia circa il 70% dei detenuti ricade in reati già commessi, dopo aver scontato la pena. Questo dato ci parla di un sistema che non riesce a “curare” le radici del crimine. Ma c’è un aspetto che cambia radicalmente la situazione: il lavoro all’interno del carcere. Tra i detenuti che svolgono attività lavorativa, il tasso di recidiva scende drasticamente, arrivando a un sorprendente 2%. E allora, nasce una domanda che merita attenzione: cosa succede quando a chi ha sbagliato viene offerta una possibilità di riscatto?
SPERANZA E LAVORO
Nel nostro sistema penitenziario, purtroppo, il lavoro carcerario è spesso solo un’illusione di riabilitazione, piuttosto che un’opportunità concreta per il reinserimento nella società. Le mansioni principalmente svolte, per i più ‘fortunati’, sono all’interno del penitenziario, salari minimi che coprono solo lo stretto necessario per vivere e compiti finalizzati al mantenimento della struttura.
Ma allora in che modo una persona dovrebbe uscirne cambiata? Qual è l’alternativa che si offre?
I detenuti provengono da contesti difficili, con storie familiari disgregate e, statistiche alla mano, il 90% vive sotto la soglia di povertà. Parliamo di persone che molto spesso conoscono un solo contesto sociale, il loro. E quando varcano la porta blindata, entrando in quel luogo chiuso, non perdono solo la libertà fisica, ma anche quella di essere: essere un genitore, essere una sorella, un marito, essere un uomo con dei diritti e dignità. Per molti sarà un’esagerazione, altri grideranno affinché vengano inasprite le pene, per altri invece saranno parole poco dure, ma quello su cui dobbiamo focalizzarci è l’essere umano che in quanto tale va tutelato e aiutato.
Al momento della liberazione, molti si trovano soli, senza risorse economiche, e spesso legati a vecchie conoscenze che li spingono a ripetere gli stessi errori. Il rischio di ricadere nella criminalità è altissimo. Eppure, c’è una realtà che ci sorprende: il lavoro può essere una via di fuga da questo circolo vizioso. È questa la magia che il progetto Banda Biscotti porta con sé.
BANDA BISCOTTI: UN NUOVO INIZIO
Nel carcere di Verbania, in Piemonte, nasce un progetto che dà una seconda possibilità a chi ha sbagliato: la Banda Biscotti. È partita come un semplice corso di formazione nei primi anni 2000 e successivamente divenuta cooperativa sociale.
Si tratta di un laboratorio di pasticceria artigianale dove i detenuti non sono solo domandine e numeri, ma veri e propri “lavoratori”: stipendio regolare, diritti e doveri. Insieme, producono e vendono biscotti artigianali, realizzati con ingredienti di qualità, confezionati con cura e passione.
Ma Banda Biscotti non è solo un laboratorio: è un’opportunità di crescita e di riscatto. I detenuti non solo imparano un mestiere, ma sentono di essere parte di qualcosa di più grande. Il lavoro che svolgono ha un valore che va oltre il prodotto che creano, è un’opportunità per costruire un futuro diverso. “I biscotti sono buoni due volte”, dice uno dei partecipanti al progetto, “perché oltre al gusto, ti danno una speranza, una possibilità di lavoro e di futuro”.
LE STORIE CHE CAMBIANO LA VITA
Ogni mattina, nel laboratorio della Banda Biscotti, 14 detenuti si svegliano con una nuova energia. Non sono più solo “reclusi”, ma artigiani, creatori. “Quando faccio i biscotti, non penso di essere solo in gabbia”, racconta uno di loro. Il profumo dei biscotti appena sfornati, il rumore delle mani che lavorano insieme e la maglietta con il logo della Banda Biscotti che rappresenta un umorismo sottile spesso utilizzato in carcere: “Vuoi entrare a far parte della banda?”, trasformano il penitenziario in un luogo di rinascita.
Le persone detenute vedono crescere qualcosa di concreto: non solo biscotti, ma anche la consapevolezza che la loro vita può prendere una direzione diversa. “Se ci impegniamo, questa esperienza può davvero durare”, dice un altro detenuto, con occhi che finalmente vedono un orizzonte diverso.
La Banda Biscotti è più di un lavoro: è la prova che non è mai troppo tardi per cambiare. È una porta aperta verso il futuro.
IL LAVORO CHE RIABILITA
I detenuti che partecipano al progetto non sono più solo ingranaggi di un sistema che li isola dalla società, ma diventano parte di un ciclo produttivo che li collega al mondo esterno. Hanno un lavoro, guadagnano uno stipendio e, soprattutto, riacquistano la dignità che spesso avevano perso. Importantissimi solo i valori che si imparano qui, infatti, molto spesso, per tanti di loro è la prima esperienza lavorativa e i risultati parlano chiaro: chi partecipa a iniziative come la Banda Biscotti ha meno probabilità di ricadere nel crimine, perché, semplicemente, hanno qualcosa da perdere. E quel “qualcosa” è un futuro migliore.
NON SOLO PENA
La Banda Biscotti è solo uno dei tanti esempi di come un sistema penitenziario possa diventare un luogo di riscatto, invece che di mera punizione. Offrire ai detenuti una possibilità concreta di lavorare, imparare un mestiere, e sentirsi parte di una comunità è uno degli strumenti più potenti per ridurre la recidiva e favorire il reinserimento sociale.Progetti come questo ci ricordano che la pena non deve essere una condanna definitiva, ma una possibilità di crescita. E come dimostra la Banda Biscotti, quando ai detenuti viene offerta una vera opportunità, il cambiamento è possibile, e la recidiva non è un destino inevitabile.