Per la prima volta in quindici anni, l’opposizione ungherese ha superato nei sondaggi Fidesz, il partito del premier Viktor Orbán. A motivare il desiderio di cambiamento non è solo la stagnazione economica, ma anche una rinnovata mobilitazione civile, emersa con forza durante il recente Pride.
Il tentativo di censura e la reazione della società civile
Nei mesi precedenti al Pride, il governo Orbán ha varato una nuova legge che inasprisce le restrizioni sugli eventi pubblici che “espongano i minori a contenuti non tradizionali in materia di orientamento sessuale e identità di genere”. È l’ennesimo utilizzo di una strategia che il premier ungherese adotta da anni, ovvero quella di difendere la “famiglia tradizionale ungherese” dall’influenza di un presunto decadimento dell’Occidente.
In questo caso, la risposta del popolo ungherese è stata decisa: migliaia di persone sono scese in piazza, trasformando il Pride non solo in un evento dedicato alla comunità LGBTQIA+, ma in una grande manifestazione nazionale per i diritti civili, la democrazia e la libertà di espressione.
Péter Magyar e l’importanza del pride
Archiviato il pride, si è poi verificato un altro evento significativo: il sorpasso dell’opposizione ai danni di Orban nei sondaggi. Il protagonista di questa clamorosa sorpresa è Péter Magyar, ex funzionario statale e avvocato, il quale – dopo una rottura con il governo – ha fondato il partito TISZA (Rispetto e Libertà).
Secondo gli ultimi sondaggi, TISZA ha guadagnato il 37% dei consensi, ampliando sensibilmente il proprio elettorato. Magyar sembra riuscire nell’impresa di intercettare e incanalare il crescente malcontento nei confronti di Orbán, proponendo una narrazione politica alternativa, basata su legalità, trasparenza e un rinnovato avvicinamento all’Europa.
Parallelamente, il consenso di Viktor Orbán è sceso al 33%, segnando così un calo del 16% rispetto ai periodi precedenti e confermando la fase di evidente flessione del sostegno popolare verso il suo governo.
L’ideologia gender secondo Orban
In Ungheria, il Pride ha assunto un significato che va oltre la sola rivendicazione LGBTQIA+. Il governo Orbán ha spesso usato l’“ideologia gender” come strumento di polarizzazione politica, rafforzando il consenso tra l’elettorato conservatore e religioso. Tuttavia, le nuove generazioni rifiutano questa narrativa, percependola come una minaccia alla libertà individuale: secondo un sondaggio Republikon, il 64% degli under 35 è favorevole ai matrimoni tra persone dello stesso sesso.
Quale futuro per l’Ungheria?
La domanda che tutti si pongono è: stiamo davvero assistendo alla fine dell’era Orbán? Molto dipenderà dalla capacità dell’opposizione di mantenere l’unità e di mobilitare con efficacia il consenso popolare in vista delle elezioni del 2026. Nel frattempo, qualcosa si sta incrinando: la paura, che per anni ha alimentato il silenzio e la rassegnazione, comincia a cedere.
Oggi, l’Ungheria sta riscoprendo forme di partecipazione e dissenso pubblico. Se il sistema costruito da Orbán inizierà a vacillare, sarà anche per effetto della pressione di chi ha saputo sfidarlo nelle piazze, a viso aperto, rompendo il monopolio del discorso pubblico e opponendo la partecipazione alla chiusura, il pluralismo al controllo. Se l’opposizione saprà perseverare in questo, dovrà ricordare che il cambiamento è nato da una società civile che – pur sotto attacco – ha scelto di non arretrare.
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