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    Campo Largo: illusione o realtà? Il Centrosinistra negli anni ’60 e ’70

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    Di Campo largo se ne sta parlando tanto. Il termine apparentemente coniato da Enrico Letta nel 2021 è entrato di diritto nel gergo politico, anche se impiegato già nel 2005 da Walter Veltroni. La formula del Campo largo viene evocata con eccessivo entusiasmo, anche se ad oggi una coalizione di opposizione appare come l’unica possibilità per competere alle elezioni del 2027. Può l’essere “opposizione” costituire l’unica ragione di coesistenza tra componenti politiche diverse tra loro? Nonostante il nome sia recente, le radici di tale formula politica affondando nel nostro passato primo-repubblicano, che esploreremo per giungere ad alcune conclusioni. 

    Nuove esigenze, nuove coalizioni

    In Italia, il Centro-sinistra non è soltanto un’idea politica o una formula di governo: fu soprattutto un sistema in grado di reggere il Paese per circa quaranta turbolenti anni. Centro-sinistra è il nome con cui ci si riferisce in particolare al periodo che va dal 1962 al 1976, segnato dall’ingresso del Partito Socialista nella maggioranza di governo. In precedenza, negli anni Cinquanta – il periodo del Centrismo – la Democrazia Cristiana governò con l’appoggio dei piccoli partiti socialdemocratico, repubblicano e liberale. All’opposizione, da un lato socialisti e comunisti,  dall’altro i neofascisti e i monarchici. Il pontificato di Giovanni XXIII e la nuova presidenza americana di J.F. Kennedy, la distensione tra USA e URSS e le conseguenze del Miracolo economico, che creò masse di proletariato industriale con nuovi bisogni e rivendicazioni, rese possibile il dialogo tra i partiti di governo e la sinistra non-comunista sulla base di un programma teso alla realizzazione di riforme che modernizzassero il Paese e riducessero gli squilibri esistenti al suo interno. Al tempo stesso, l’unica maniera che i leader socialisti trovarono per differenziarsi da un comunismo che proprio in quegli anni stava mostrando il suo lato più orrendo, fu dialogare con il partito a cui si erano opposti fino a poco tempo prima. D’altronde, gli anni Sessanta sono sinonimo di rivendicazioni per la parità salariale tra uomini e donne, per la riduzione dell’orario di lavoro, per il contrasto alle disuguaglianze economiche tra impiegati e operai e per una maggior attenzione alle rivendicazioni degli italiani che fuggivano dal Sud, colpito dalla disoccupazione e la l’emigrazione verso il Nord. Il Centro-sinistra nacque quindi da un’esigenza modernizzante, da un programma capace di esprimere una visione di Paese, e dalla disponibilità delle forze riformiste di sinistra a dialogare con quelle centriste-popolari.  

    Il Centro sinistra organico alla prova della realtà

    Gli artefici di questo accordo furono Aldo Moro e Amintore Fanfani per la DC, Pietro Nenni per il PSI e Ugo La Malfa per i repubblicani del PRI. Nel 1962 fu varato un primo governo Fanfani con la formula classica (DC, PRI, PSDI, ma senza i liberali del PLI) che godette dell’appoggio esterno dei socialisti, per il momento in panchina. Il governo Fanfani III, pur non essendo ancora di centro-sinistra, attuò riforme fra cui la creazione della scuola media unificata e la nazionalizzazione delle industrie elettriche con la fondazione dell’Enel. Solo alla fine del 1963 Moro compose il primo governo di Centro-sinistra “organico” con la partecipazione attiva del Partito Socialista Italiano. 

    Eppure, tali governi non ebbero vita facile: non bastò un programma zeppo di buone intenzioni per rendere realizzabile l’irrealizzabile. Le condizioni finanziarie non permisero ingenti spese, la programmazione economica auspicata dai socialisti fallì, così come tutta quella serie di riforme sulla quale si era basato l’accordo tra i partiti. L’ondata di contestazioni del ’68-’69 contribuì quindi a mandare in crisi il primo Centro-sinistra. La coalizione si scontrò con la realtà, data l’impossibilità di compiere riforme radicali, e perse quindi legittimità agli occhi degli italiani.

    Gli anni Settanta

    Nei primi anni Settanta il Centro-sinistra, sempre costituito da DC, PSI, PSDI e PRI ma guidato da Mariano Rumor, sembrò godere di nuova linfa. Tra le riforme realizzate, l’approvazione della legge sul divorzio, dello statuto dei lavoratori, la creazione delle regioni, la costituzione della Commissione Parlamentare Antimafia. La minaccia di un PCI sempre in avanzata nelle percentuali, di un quadro sociale esplosivo a causa delle contestazioni e dagli attentati terroristici rese necessario aprire alla travagliata esperienza della Solidarietà nazionale, ossia il governo Andreotti III, nato grazie all’appoggio esterno del PCI. Un governo con tutti che si rivelò un governo con nessuno, e che cadde a causa della necessità delle varie componenti di distinguersi sulle questioni identitarie, per mantenere una parvenza di autonomia politica. 

    Le ragioni di un (quasi) fallimento

    Gli anni Sessanta e Settanta sancirono la nascita di questa formula, seppur con modalità timide e poco convincenti. La scarsa incisività del primo Centro-sinistra, nonostante le innegabili conquiste, è da ricercare proprio nell’origine utilitaristica della coalizione, che crollò infine sotto la spinta dei distinguo. Ciò accadde con violenza – anche non figurata – quando si decise di allargare i confini dell’intesa alla parte più estrema, il PCI. Non si volle andare fino in fondo, e quando lo si volle non lo si poté.

    Ad oggi al Campo largo mancano in primis le ragioni, cosa che quel Centro-sinistra aveva. Una coalizione alternativa alla Destra non può prescindere dalla richiesta di modernizzazione del Paese. In secondo luogo mancano i programmi che, seppur non sufficienti, quel Centro-sinistra aveva: i partiti ad oggi la pensano alla stessa maniera su ben pochi punti. In ultimo luogo, mancano gli  attori: quelli del cosiddetto Campo largo sono litigiosi. Non basta una partita di calcio e qualche scatto a far credere il contrario agli elettori. E se tutto ciò non fosse abbastanza, ricordiamo i nomi degli artefici di quella formula. Moro, Nenni, La Malfa, Fanfani. Con leader di ben diversa caratura, quel Centrosinistra fallì nei suoi intenti. Al Campo largo odierno serviranno ben più delle buone intenzioni. 

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