Il sistema penitenziario europeo è segnato da approcci molto diversi alla detenzione, alla riabilitazione e alla gestione della recidiva. Mentre alcuni paesi pongono l’accento sulla punizione come strumento per garantire la sicurezza, altri cercano di favorire il recupero del detenuto attraverso interventi riabilitativi mirati.
In questo contesto, il tasso di recidiva, ovvero il ritorno al crimine di chi ha già scontato una pena, rappresenta una sfida cruciale. Tuttavia, la variazione tra i diversi paesi evidenzia come le politiche penitenziarie possano influenzare non solo il benessere dei detenuti, ma anche la sicurezza sociale, la fiducia nella giustizia e il futuro della comunità. Confrontare diversi modelli penitenziari europei offre quindi l’opportunità di comprendere come ogni sistema affronti questo delicato equilibrio tra giustizia e riabilitazione.
NORVEGIA, IL CARCERE INNOVATIVO
Un esempio che si distingue per l’efficacia del suo approccio riabilitativo è la Halden Prison in Norvegia. Conosciuta come una delle prigioni più avanzate e rispettose della dignità umana, Halden sfida la concezione tradizionale di carcere. La struttura non somiglia affatto a una prigione in senso stretto: le celle sono spaziose, arredate come camere da letto, e i detenuti hanno accesso a corsi di formazione, attività lavorative e supporto psicoterapeutico.
L’atmosfera che si respira è improntata al rispetto reciproco e alla fiducia. Gli agenti di custodia non sono visti come guardiani, ma come facilitatori, impegnati nel recupero dei detenuti. Questo modello, che enfatizza la preparazione al reinserimento sociale, ha un tasso di recidiva significativamente basso, attorno al 20-25%. Halden dimostra che trattare il detenuto come una persona capace di cambiare, e non come un mero soggetto da punire, porta a risultati positivi, non solo per chi sconta la pena, ma per tutta la comunità.
Anche la Bastøy Prison, situata su un’isola in Norvegia, rappresenta un modello innovativo, dove i detenuti vivono in modo quasi autonomo. In Bastøy, la vita quotidiana è orientata al lavoro, alla responsabilità e all’apprendimento. Non ci sono celle chiuse, ma piccoli alloggi, e i detenuti sono coinvolti in attività agricole, nella manutenzione dell’isola e in corsi di educazione.
Questo modello di vita semi-comunitaria permette ai detenuti di riappropriarsi della propria dignità, di sviluppare competenze pratiche e di assumere responsabilità concrete. Il tasso di recidiva nella prigione di Bastøy è sorprendentemente basso, circa il 20%, il che conferma come l’autonomia e l’assunzione di responsabilità possano essere strumenti potenti per il recupero. L’approccio che cerca di simulare la vita fuori dal carcere, piuttosto che rinchiudere in un ambiente di punizione, ha dimostrato di avere un impatto positivo sulla reintegrazione sociale dei detenuti.
BELMARSH, LA GUANTANAMO INGLESE
Nel Regno Unito, la prigione di alta sicurezza Belmarsh, soprannominata la ‘Guantanamo inglese’, a Londra rappresenta un altro esempio di come la sicurezza e la protezione prevalgano sulle politiche di riabilitazione. Belmarsh ospita detenuti ad alto rischio, tra cui terroristi e criminali di estrema pericolosità. Nonostante siano presenti alcuni programmi educativi, il carcere rimane un luogo prevalentemente punitivo, dove la sicurezza è la priorità. Le condizioni di vita sono dure, e i detenuti non sempre ricevono il supporto necessario per affrontare le cause profonde del loro comportamento.
Il tasso di recidiva tra i detenuti di Belmarsh, purtroppo, è relativamente alto, poiché l’approccio restrittivo non lascia spazio a un’efficace riabilitazione. Sebbene il sistema penitenziario del Regno Unito stia iniziando a riconoscere l’importanza della riabilitazione e stia cercando di riformare il proprio approccio, la forte enfasi sulla sicurezza continua a prevalere. Questo limita le opportunità di reintegrare i detenuti in modo efficace, perpetuando così la recidiva.
FRANCIA, IL CARCERE DURO
Un altro esempio problematico è il Carcere di La Santé a Parigi, Francia, che è emblematico delle difficoltà incontrate dai sistemi carcerari che si concentrano più sulla punizione che sulla riabilitazione. La prigione, nota per le sue condizioni di sovraffollamento e per la scarsità di risorse, ospita detenuti in ambienti angusti e privi delle necessarie strutture di supporto.
La mancanza di programmi educativi adeguati e di supporto psicologico contribuisce a mantenere elevati i tassi di recidiva, che in alcuni casi superano il 60%. La Santé evidenzia come un sistema che non investe nella riabilitazione e non offre un’opportunità di cambiamento ai detenuti contribuisca a una continua spirale di crimine. Le dure condizioni di detenzione, unite alla scarsa attenzione alla preparazione al reinserimento nella società, ostacolano il recupero dei detenuti e la loro reintegrazione, causando danni sia agli individui che alla collettività.
RIABILITAZIONE COME SINONIMO DI BASSA RECIDIVA?
In conclusione, il confronto tra i vari modelli penitenziari in Europa mette in evidenza l’importanza di politiche che vanno oltre la punizione e puntano sulla riabilitazione. Le esperienze di Halden e Bastøy in Norvegia dimostrano come un ambiente carcerario orientato alla dignità e al recupero possa ridurre significativamente i tassi di recidiva, preparando i detenuti al reinserimento nella società.
Al contrario, le prigioni come quelle di Belmarsh e La Santé, caratterizzate da sovraffollamento e scarso supporto riabilitativo, falliscono nel loro obiettivo di reintegrazione, perpetuando cicli di crimine e sofferenza. La chiave per un sistema penitenziario più efficace, che contribuisca a ridurre la recidiva e promuova la sicurezza sociale, risiede nell’investire nella riabilitazione, nel supporto psicologico e nell’educazione, trattando i detenuti come persone capaci di cambiamento piuttosto che come soggetti da punire. La sfida per l’Europa è quella di creare un sistema penale che, oltre a garantire la giustizia, promuova il recupero umano e sociale.
Per saperne di più clicca qui: World Prison Brief
20250010