Il Tribunale dei Ministri ha formalmente chiesto alla Camera dei deputati l’autorizzazione a procedere nei confronti del Ministro della Giustizia Carlo Nordio, del Ministro degli Interni Matteo Piantedosi e del sottosegretario Alfredo Mantovano per il caso Almasri. Archiviata invece la posizione di Giorgia Meloni, che ha commentato negativamente la decisione del Tribunale.
I reati contestati: omissioni, favoreggiamento, peculato
Il Ministro Nordio è indagato per omissione di atti d’ufficio, mentre Piantedosi e Mantovano per concorso in favoreggiamento personale aggravato. A questi si aggiunge il peculato aggravato, limitatamente a Piantedosi e Mantovano. Emerge l’ipotesi che, pur essendo pienamente coscienti del mandato di arresto della Corte Penale Internazionale nei confronti di Almasri, i tre abbiano contribuito a farlo espellere e rimpatriare, evitando quindi l’esecuzione del mandato.
Secondo il Tribunale, le decisioni sarebbero state motivate da timori di ritorsioni da parte della Libia nei confronti di cittadini italiani o contro gli interessi nazionali.
La dichiarazione di Parodi (ANM) e la reazione di Nordio
Sull’inchiesta si è pronunciato Cesare Parodi, presidente dell’ANM, sottolineando che “un processo dove vengono accertati certi fatti ha certamente una ricaduta politica, neanche tanto indiretta, sulle persone coinvolte”, ipotizzando anche implicazioni indirette per il capo di gabinetto del ministro Nordio, Giusi Bartolozzi.
Nordio ha replicato definendo quest’ultimo passaggio un’“inaccettabile invasione di prerogative istituzionali”. Il ministro ha poi contestato che il nome di Bartolozzi non risulti negli atti, chiedendosi se Parodi disponga di “notizie riservate” e ribadendo che tali affermazioni ledono il principio di separazione tra i poteri dello Stato.
In risposta, Parodi ha fatto sapere, tramite una nota ufficiale, di non aver mai citato il nome della Bartolozzi né alcun procedimento specifico. Ha ribadito che il suo intervento era di tipo generale, non centrato sull’inchiesta in corso, e ha ammesso che, se così non fosse stato, Nordio avrebbe avuto ragione a ritenerlo fuori luogo.
La palla passa alla Camera
Sul fronte giudiziario, il procuratore capo di Roma, Francesco Lo Voi, ha chiarito che gli atti sono arrivati alla Camera. Ora spetterà alla Giunta delle autorizzazioni per procedere predisporre la relazione; successivamente l’Aula dei deputati deciderà in votazione segreta se autorizzare o meno a procedere.
Conseguenze ed evoluzioni
La questione non è più soltanto giuridica, ma soprattutto politica: si discute se tre membri del governo abbiano consapevolmente aggirato – o ignorato – un mandato internazionale, e se tale scelta sia stata giustificata da ragioni superiori o da logiche poco trasparenti. Il Parlamento sarà chiamato non solo a valutare una richiesta di autorizzazione a procedere, ma anche stabilire se il principio di legalità rappresenti un pilastro irrinunciabile dell’azione pubblica.
L’eco di questa vicenda, tuttavia, rischia di spegnersi con un voto del centrodestra compatto in Aula. La posta in gioco resta alta poiché sul banco degli imputati non c’è solo un generale libico sfuggito alla giustizia internazionale, ma un intero sistema politico.
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