In Italia, il lavoro povero sta aumentando: nonostante l’aumento dell’occupazione, i salari risultano stagnanti. Circa il 12% della popolazione attiva è a rischio povertà lavorativa, soprattutto nel Mezzogiorno; la Calabria la regione più colpita. Città come Napoli, Palermo, Reggio Calabria e Bari devono fare i conti con elevati tassi di disoccupazione giovanile e precarietà. Le cause includono l’uso diffuso di contratti temporanei e part-time. Si suggeriscono interventi come l’introduzione di un salario minimo e una distribuzione più equa delle risorse per affrontare la crisi nel Sud.
La crescita del lavoro povero in Italia
In Italia, l’aumento dell’occupazione degli ultimi anni non ha portato a un miglioramento delle condizioni economiche dei lavoratori, contribuendo piuttosto alla diffusione del cosiddetto “lavoro povero.” I dati ISTAT rivelano che, oggi, circa il 12% della popolazione attiva è composto da “working poor“: individui che, pur avendo un lavoro, faticano a coprire le spese necessarie per una vita dignitosa. Questo fenomeno non è distribuito in maniera uniforme: è particolarmente critico nel Mezzogiorno, dove la precarietà lavorativa e i bassi salari riducono le possibilità di crescita economica per la maggior parte delle famiglie.
In particolare, la Calabria emerge come la Regione più povera d’Italia, pur essendo quella che gestisce meglio i propri fondi pubblici. L’efficienza nella gestione delle risorse non è sufficiente a contrastare l’impatto della mancanza di investimenti produttivi e dell’assenza di una politica industriale efficace. Aspetti che continuano a condannare molte famiglie a una condizione di difficoltà economica.
Le città più colpite
Il Mezzogiorno, secondo i dati di Eurostat e le analisi del Rapporto SVIMEZ 2023, rappresenta l’epicentro del problema del lavoro povero. Napoli, Palermo, Reggio Calabria e Bari sono solo alcune delle città dove la povertà lavorativa è diventata parte integrante del tessuto socio-economico. A Napoli, il tasso di disoccupazione è uno dei più alti d’Italia: i giovani trovano con difficoltà impieghi che garantiscano stabilità e prospettive di carriera. I pochi posti disponibili sono spesso contratti a termine o part-time, ossia quelli che raramente permettono di costruire una base economica sicura. Di conseguenza, molti giovani sono costretti a lasciare la città per cercare opportunità migliori nel Nord Italia o all’estero, creando una fuga di talenti che impoverisce ulteriormente il territorio.
Palermo presenta dinamiche simili: il lavoro sommerso è molto diffuso, e i contratti a tempo determinato sono la norma, impedendo a molti lavoratori di ottenere garanzie economiche come mutui o prestiti. La precarietà è così radicata che ha trasformato il concetto stesso di lavoro in una fonte di incertezza, contribuendo alla marginalizzazione economica delle fasce più giovani della popolazione.
A Reggio Calabria, nonostante una gestione efficiente dei fondi pubblici, la cronica mancanza di investimenti infrastrutturali frena le opportunità occupazionali, costringendo i giovani alla dipendenza economica dalle famiglie o all’emigrazione. A Bari, considerata una delle città più vivaci del Sud Italia, la situazione lavorativa rimane comunque difficile, con un tasso di disoccupazione giovanile elevato e salari che, pur consentendo di mantenere una certa stabilità economica, risultano spesso al di sotto della media nazionale.
Cause strutturali
Il fenomeno del lavoro povero, come sottolineato dall’Inapp e dal rapporto Caritas, ha cause profonde e strutturali, tra cui l’ampia diffusione di contratti part-time involontari e temporanei, che offrono salari molto bassi e limitano l’accesso a garanzie economiche basilari. In particolare, le analisi di Inapp indicano che il calo del potere d’acquisto ha reso difficile per molte famiglie del Sud sostenere le spese quotidiane.
Secondo Eurostat, l’Italia si colloca tra i Paesi europei con il tasso più elevato di lavoro povero, superata solo da Romania e Grecia, mentre il rischio di povertà per chi lavora nel Sud Italia è tra i più alti dell’Unione Europea. Il rapporto Caritas conferma che la povertà lavorativa incide soprattutto sulle fasce più deboli, colpendo giovani, donne e lavoratori precari, determinando una situazione in cui il lavoro non garantisce più la stabilità economica.
Il CENSIS sottolinea come questo fenomeno non sia solo una questione economica, ma anche un problema sociale che compromette la coesione del Paese. La polarizzazione dei redditi, acuita dalla crescita del lavoro povero, ha creato un divario sociale crescente, alimentando tensioni e sfiducia verso le istituzioni. Nel Sud Italia, questa sfiducia si traduce in una percezione di abbandono da parte dello Stato, che contribuisce a far emergere fenomeni di disuguaglianza e marginalizzazione sempre più profondi.
Le soluzioni possibili
Gli esperti della Banca d’Italia e Openpolis hanno proposto misure concrete per contrastare il lavoro povero e promuovere un mercato del lavoro più equo e sostenibile. Tra le possibili soluzioni vi è l’introduzione di un salario minimo adeguato, che permetta ai lavoratori di raggiungere uno standard di vita dignitoso, e l’incentivo alla creazione di contratti stabili che possano offrire sicurezza economica a lungo termine. La promozione di contratti di lavoro stabili è una priorità per migliorare la qualità dell’occupazione e ridurre il fenomeno della povertà lavorativa, che oggi colpisce milioni di italiani.
Gli investimenti nel Mezzogiorno sono fondamentali per ridurre il divario economico tra Nord e Sud. Secondo Openpolis, una più equa distribuzione delle risorse pubbliche tra le Regioni potrebbe sostenere il rilancio del Sud e generare nuove opportunità di crescita economica. SVIMEZ ha più volte ribadito che il Sud ha bisogno di investimenti in infrastrutture e politiche industriali a lungo termine, che possano creare posti di lavoro qualificati e interrompere il ciclo di povertà e precarietà che colpisce le nuove generazioni.
Solo attraverso una politica economica mirata e orientata alla qualità dell’occupazione sarà possibile contrastare efficacemente il lavoro povero e promuovere una maggiore coesione sociale, migliorando le condizioni economiche di milioni di italiani.