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    Città dei residenti o città dei turisti?

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    Tourists Go Home! – recitano alcuni muri di Firenze. La stagione estiva è passata, e con essa, tolte le grandi mete, le masse di turisti per le strade di gran parte delle nostre città. Sembra che i vicoli possano respirare un po’ di più, mentre le località prettamente estive si ripuliscono e si rigenerano. Ma questo scenario, che da osservatori esterni sembra ricorrente e regolare, solleva un conflitto perpetuo tra l’overtourism e la popolazione residente. 

    I quartieri ricchi di microimprese che portano lavoro a bassa produttività e salari stagnanti – se non a nero; gli appartamenti trasformati in Airbnb per lucrarci più facilmente; i centri storici, anima delle città, che si svuotano dei cittadini e si riempiono di una popolazione docile ma spendacciona, turisti di tutti i tipi o investitori dal portafoglio largo. Interi territori si trovano gentrificati e la popolazione che li abitava espulsa, si fa per dire, con le ‘buone.’ Ora i muri parlanti fiorentini sembrano meno arroganti. E non stiamo certo parlando solo dell’Italia.

    Il caso di Binibeca Vell e le politiche in Spagna

    800 000 turisti, 200 abitanti: queste le straordinarie statistiche annue di Binibeca Vell, un borgo delle Baleari spacciato per la «Mykonos spagnola». Turisti in un parco giochi scatta-un-selfie-e-via. D’altronde, Bisogna accontentarli!

    Questa estate ha visto la comunità di Binibeca Vell prendere alcune contromisure. All’inizio è stato deciso di limitare gli ingressi turistici tra le 11 e le 20. Una misura insufficiente: neppure l’introduzione di una fascia oraria è servita a soddisfare le esigenze dei locali. Così, quella che doveva essere la soluzione ultima, la più drastica, è diventata presto realtà: è stato indetto un referendum per bloccare totalmente gli ingressi dei turisti. Certo, non tutti sono d’accordo – innanzitutto i commercianti – e il caso di Binibeca Vell è passato alla cronaca anche per altro: il borgo è una comunità di proprietà private, nate dalla mente dell’architetto Francisco Joan Barba Corsini negli anni Sessanta. 

    Le proteste contro l’overtourism comunque non sono circoscritte al solo villaggio minorchino: simili episodi sono avvenuti a Tenerife e Mallorca. Messa in mezzo alle polemiche dai protestanti, la governatrice delle Baleari, in quota Partito popolare, parla di «disagio sociale».Ma la questione dell’overtourism in Spagna è ormai politicamente trasversale. In termini simili a quelli della governatrice si esprime il sindaco socialista di Barcellona, l’autore dello slogan in apertura di articolo.

    Ottenuta l’autorizzazione del Parlamento catalano – fortemente autonomista, ma qui a pari passo con il governo di Madrid – l’amministrazione comunale ha stabilito che le licenze per appartamenti turistici non verranno rinnovate al momento della loro scadenza, prevista nel 2029. La questione è arrivata sul tavolo del governo centrale spagnolo: la gentrificazione delle principali città iberiche ha prodotto un aumento del 30% del costo medio dell’affitto negli ultimi cinque anni.

    New York, Firenze, Venezia: mal comune (senza gaudio)

    Non si tratta di un pregiudizio aristocratico, che ricalca il vecchio turismo dei nobili – vedi il Grand Tour – e deplora la gente senza sangue blu che si vorrebbe godere qualche giorno di ferie, quando può, con il budget ridotto. Contro le misure di contenimento si alzano gli scudi degli host, che lamentano danni all’economia e favori alle catene alberghiere.

    Che sia una questione di classe – sociale, non bon ton – lo si intuisce. Qualcuno prova a salvare capra e cavoli, altri invece preferiscono non schierarsi. Il sindaco di New York, Eric Adams, ha decretato restrizioni agli affitti brevi, dichiarando di fatto guerra ad Airbnb: non si sono però ottenuti gli effetti sperati sul costo degli affitti, mentre i piccoli affittuari sono stati tagliati fuori e sono comparsi altri metodi – come Facebook Marketplace o altre piattaforme  – per trovare un posto a prezzo vantaggioso. Come se non bastasse, in ritorno l’amministrazione newyorkese è stata portata in tribunale da Airbnb. 

    Spostandosi a Firenze, sono solo 20 soggetti a controllare 1101 appartamenti turistici nel centro storico: il comune ha provato a limitare gli affitti brevi, il TAR l’ha bloccato. A Venezia invece l’Unione degli universitari denuncia che d’estate ben 28 camere dello Studentato vengono sottratte agli universitari e affittate ai turisti. I più fragili, quelli con le posizioni sociali più insicure, ci perdono senza remore.  La Parigi ‘ripulita’ in primavera dai senzatetto e dagli studenti per far posto alla grandeur olimpica ne è esempio lampante. In risposta ai disagi vari i cittadini si organizzano in comitati, si attivano, divulgano – e alla fine rimangono spesso tagliati fuori.

    Non mancano però eccezioni virtuose: a Bologna per esempio, dopo una lunga battaglia, si stanno sperimentando nuove tecniche per evitare lo sfratto di un immobile ormai stabilmente occupato. Sempre nella Serenissima, il centro storico si svuota. La città nella Laguna è solo una bomboniera: tra il 1997 e il 2022, il centralissimo rione San Marco ha perso il 30% della popolazione. L’introduzione del famigerato ticket non ha avuto gli effetti sperati sull’overtourism, ed è servito solo a rimpolpare le casse comunali.

    La patata bollente e le spalle di Atlante

    Diverse amministrazioni locali, in giro per l’Occidente, stanno rispondendo alla gentrificazione con interventi di social housing e altre misure più drastiche di controllo. Se il social housing è utile per tappare qualche buco di disagio sociale, il grosso del problema permane ancora per una buona fetta dei residenti, avvolto in problematiche di mercato che i vari livelli di autorità – come in Spagna tra regioni, municipi e governo – si rimbalzano. Dobbiamo considerare che, da parte dei turisti quanto dei residenti, è la questione sociale più generale ad aggravare la situazione. L’aumento del costo della vita, tra necessità e sfizi, misto a salari stagnanti e incremento del gap tra poveri e ricchi, produce masse di turisti che inseguono un modello di experience senza le dovute garanzie economiche – e così finiscono a cercare le soluzioni più economiche. Tutto ciò si traduce in profitti facili per i grandi host che, a differenza di quelli più piccoli, possono contare sul paracadute economico quando scattano i provvedimenti.

    E le città turistiche, riempitesi di locali che usano una manodopera a bassa qualificazione e offrono una paga irrisoria, diventano troppo costose per la popolazione storicamente residente, ugualmente impoverita. Paradossalmente, le soluzioni migliori per i turisti equivalgono all’inferno per i residenti. Quanti amministratori vogliono prendersene la responsabilità?

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