Con la sentenza n. 115 del 21 luglio, la Consulta ha dichiarato incostituzionale l’art 27 bis del decreto legislativo 151/2001 nella parte in cui non riconosce il congedo di paternità obbligatorio a una lavoratrice, genitore intenzionale in una coppia di donne risultanti genitori nei registri dello stato civile. Anche le madri non biologiche avranno diritto a 10 giorni di congedo retribuito: un passo storico verso il riconoscimento e l’uguaglianza per i diritti genitoriali.
La pronuncia della Corte
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 115 del 21 luglio 2025, ha esteso il congedo di paternità obbligatorio anche alla madre intenzionale nelle coppie omogenitoriali femminili. Ha dichiarato incostituzionale la norma che riserva il beneficio solo al padre, ritenendola discriminatoria e irragionevole, poiché viola il principio di uguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione. La Consulta ha affermato che entrambi i genitori riconosciuti legalmente devono poter accedere agli stessi diritti, indipendentemente dal genere o dall’orientamento sessuale. In questo quadro,“l’orientamento sessuale non incide di per sé sulla idoneità all’assunzione di tale responsabilità.”
Con tale sentenza la Corte Costituzionale ha ritenuto incostituzionale l’esclusione della madre intenzionale dal congedo di paternità obbligatorio in quanto è irragionevole non riconoscere gli stessi diritti a chi, pur non essendo genitore biologico, è legalmente registrato come tale e assume gli stessi doveri genitoriali. Tali soggetti, afferma la Corte, “condividendo un progetto di genitorialità, hanno assunto, al pari della coppia eterosessuale, la titolarità giuridica di quel fascio di doveri funzionali alle esigenze del minore che l’ordinamento considera inscindibilmente legati all’esercizio della responsabilità genitoriale.”
Il ricorso di Rete Lenford
Il ricorso di Rete Lenford, sostenuto anche dalla Cgil, è nato dal caso di una madre intenzionale a cui l’Inps, aveva negato il congedo obbligatorio previsto solo per i padri. L’inps, pur non negando espressamente il diritto al congedo, di fatto impediva alle madri intenzionali di esercitarlo, poiché il portale per l’invio delle domande non contemplava figure genitoriali diverse dal padre. Dopo il primo riconoscimento del Tribunale di Bergamo, la Corte d’Appello di Brescia ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, portando la vicenda davanti alla Corte Costituzionale.
Con la sentenza n. 115/2025, la Consulta ha accolto le argomentazioni, dichiarando incostituzionale la norma che escludeva la madre intenzionale dal congedo e affermando il diritto di tutti i genitori legalmente riconosciuti ad accedere a pari tutele, a prescindere da genere e orientamento sessuale. Si assiste così ad un significativo passo in avanti in materia di diritti, una battaglia che l’associazione di Rete Lenford promuove da anni.
L’affermazione del principio di uguaglianza
“La decisione di rimettere alla Consulta la questione sul carattere discriminatorio dell’esclusione della seconda madre dalla fruizione del congedo obbligatorio di paternità conferma le nostre impostazioni. Si aggiunge così un nuovo importante tassello al tentativo che con Rete Lenford stiamo portando avanti di ricostruire la materia dei diritti connessi alla genitorialità liberandoli da impostazioni ideologicamente escludenti rispetto alla pluralità di modelli familiari esistenti,” ha dichiarato Sandro Gallittu, responsabile Ufficio Nuovi Diritti e delle Politiche per le famiglie e l’infanzia di Cgil.
Secondo la Corte di Brescia, quando due donne sono entrambe riconosciute come madri negli atti dello stato civile “non è dubitabile che il genitore non biologico sia considerato nell’ordinamento interno come secondo genitore equivalente” e, conseguentemente, la condotta dell’INPS “integra una discriminazione per ragioni di orientamento sessuale che incide sulle condizioni di lavoro”, non essendo “ragionevole attribuire al padre in una coppia eterosessuale il diritto al congedo obbligatorio di dieci giorni e negarlo, invece, alla lavoratrice secondo genitore in una coppia di due donne.”
L’interesse del minore
Non è dunque l’orientamento sessuale a rivestire un ruolo centrale in merito all’assunzione della responsabilità genitoriale, quanto l’interesse del minore e il suo diritto a mantenere un rapporto con entrambe le figure. “È l’interesse del minore ad avere carattere di centralità nell’ordinamento nazionale e sovranazionale. È la titolarità giuridica di quel fascio di doveri funzionali alle sue esigenze che l’ordinamento considera inscindibilmente legati all’esercizio della responsabilità genitoriale, ed è in ragione di esso che detta titolarità è affermata in capo alla coppia che ha condiviso il progetto di genitorialità,” affermano i giudici costituzionali.
La Corte ha sottolineato che l’esclusione della madre intenzionale dal congedo obbligatorio lede l’interesse del minore, che ha diritto ad essere accudito e sostenuto da entrambi i genitori legalmente riconosciuti, indipendentemente dal loro genere o dal legame biologico.
Verso una genitorialità paritaria
La Consulta apre la strada a una concezione più ampia e inclusiva della genitorialità, non più ancorata esclusivamente al binomio madre-padre, ma fondata sulla responsabilità, sulla cura e sul riconoscimento legale. Il congedo obbligatorio, lungi dall’essere un privilegio personale, rappresenta uno strumento fondamentale per costruire relazioni familiari paritarie, e deve essere accessibile a chiunque rivesta il ruolo di genitore, a prescindere dal sesso o dalla relazione biologica.
A seguito della pronuncia della Consulta, l’Inps sarà ora chiamato a modificare il proprio sistema informatico per permettere l’accesso ai congedi genitoriali anche alle famiglie omogenitoriali. Attualmente, tutte le domande — dal congedo obbligatorio per maternità e paternità, ai dieci mesi di astensione complessiva, fino ai permessi per l’allattamento — devono essere presentate online, attraverso il portale dedicato. «Adesso si ribadisce un concetto fondamentale con questa ulteriore sentenza della Corte Costituzionale, ovvero che la capacità genitoriale prescinde dall’orientamento sessuale del genitore,» afferma Ilaria Gibelli – avvocato di Rete Lenford.
Conclusioni
La sentenza della Corte Costituzionale rappresenta un passaggio cruciale nel riconoscimento dei diritti delle famiglie omogenitoriali in Italia. Non si tratta solo di tecnicismi amministrativi: la Corte ha colto il nodo giuridico e simbolico del caso, affermando che la genitorialità non si misura con il genere o con il legame biologico, ma con la responsabilità e la cura.
Si mette così al centro l’interesse del minore, che ha diritto a ricevere affetto, presenza e sostegno da entrambi i genitori, senza che pregiudizi giuridici o informatici lo ostacolino. Una pronuncia innovativa e necessaria, che non solo allinea l’Italia ai principi europei in materia di parità e non discriminazione, ma spinge il legislatore e le istituzioni a ripensare l’impianto delle politiche familiari in chiave inclusiva e costituzionalmente orientata.
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