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    Congresso della Lega: Musk invoca la libertà di parola, Salvini tentato dal Viminale

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    Come un film senza troppi colpi di scena, poi all’improvviso arriva un deus ex machina a svoltare la trama. Ed è proprio lui, Elon Musk. Il suo intervento al congresso federale della Lega, su cui tanto si era scritto nei giorni scorsi, alla fine è arrivato. Interrotto bruscamente Andrea Crippa, il vicesegretario federale del partito, poi un rapido scambio sul palco. Sale Matteo Salvini a presentare il numero uno di X. E parte lo show

    È stato rapidissimo il botta e risposta con Musk collegato oltreoceano e con lo sfondo sfocato. Prima la domanda sulla libertà di parola, “nei parlamenti e sui social”, come specifica il vice premier Salvini. “Le restrizioni sulle libertà di espressione sono di impostazione fascista, chi incoraggia la censura in qualche modo sta dicendo che è contro la libertà di espressione. Le idee dovrebbero vincere per le argomentazioni”, ha detto Musk. 

    Poi la questione dazi. “Spero che gli Usa e l’Europa riescano a realizzare una partnership molto stretta, c’è già un’alleanza ma spero sia più solida e forte. E riguardo ai dazi ci sposteremo in una situazione di zero dazi nel futuro, verso una zona di libero scambio. È la mia speranza per il futuro”, ha aggiunto il patron di Tesla, confermando come “questo è il consiglio che ho dato al presidente (Trump)”. 

    Le riflessioni di Musk si sono spostate anche sul conflitto in Ucraina. “Non ho rispetto per chi incoraggia la guerra, questa è una cosa veramente malvagia. Stiamo vedendo morire tante persone senza avere un piano. Tutto questo è crudele, è inumano, è senza senso”.

    Musk ha affrontato anche il tema dei migranti. “L’immigrazione di massa è una cosa folle e porterà alla distruzione di qualsiasi Paese che la consente. Ci sono 8 miliardi di persone al mondo – ha spiegato durante il video-collegamento – e per un Paese di 50 o 60 milioni di abitanti, ma anche per un Paese grande come gli Usa, se c’è una piccola percentuale del resto del mondo che si sposta, lo trasforma in un Paese diverso”.

    Due giorni di incontri

    E così Firenze passa dal tipico colore viola al verde Lega. Che forse è diventato blu. La città, infatti, è stata scelta dal Carroccio per il suo congresso federale, il settimo – dopo quello di Parma del 2017 – per il partito fondato dal senatùr Umberto Bossi. Al centro c’è l’elezione del nuovo segretario nazionale, su cui ci saranno poche sorprese: con una nota, il Carroccio ha già confermato Matteo Salvini alla guida del partito, unico candidato al ruolo. In gioco restano i 22 posti nel consiglio federale che, anche in questo caso, non dovrebbero riservare troppe novità. 

    Il congresso a Fortezza da Basso si è aperto con un video di immagini di repertorio: da Bossi a Roberto Maroni, il ricordo di vecchi discorsi e nuove prospettive, dall’Europa alla questione migranti. E poi l’immancabile citazione di quel 1167 a Pontida, che ogni anno, dal 1990, torna attuale nella storia leghista con un raduno di militanti e sostenitori politici. 

    Non un congresso, una “famiglia”

    Lo sguardo è caduto subito sul tavolo dei moderatori, con il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a presentare i relatori. Ma l’attesa è durata solo pochi minuti: a inaugurare gli interventi è stato proprio il leader Matteo Salvini. “Lascio a domani il mio intervento politico”, ha detto. E ha aggiunto: “Questo non è un congresso di partito, perché la Lega è una comunità, una famiglia”. Pochi cenni al governo, di cui “la Lega è il collante” e all’attualità. Il suo posto è in prima fila, accanto al ministro per gli Affari regionali e le Autonomie Roberto Calderoli e al governatore del Veneto Luca Zaia. Zaia, esatto. Tra gli esponenti leghisti più temuti. Ma che, almeno per ora, resta a guardare. 

    Ci sono poi Attilio Fontana, presidente della regione Lombardia, il presidente della Camera Lorenzo Fontana, la ministra per le Disabilità Alessandra Locatelli, il ministro dell’Istruzione e del merito Giuseppe Valditara. 

    Tra i tanti interventi anche quello dei capigruppo di Camera e Senato Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo, che si sono fatti portavoce di un possibile ritorno di Matteo Salvini al Viminale. “Penso che da questo congresso debba uscire un lavoro straordinario sulla sicurezza che soltanto Matteo Salvini, tornando al Viminale, potrà fare. Matteo pensaci, credo che qui siamo tutti d’accordo”, ha affermato Molinari. 

    I sostenitori da tutta Italia

    Oltre 700 i delegati arrivati da tutta Italia a Fortezza da Basso, per la prima volta anche da Puglia, Sicilia e Roma, come ha precisato lo stesso Salvini. Tra loro Luca Toccalini, coordinatore federale della Lega Giovani e Mette Thiesen, vicepresidente del Parlamento danese. 

    Domani sarà invece il turno del presidente ungherese Viktor Orbán e del leader del Rassemblement National Jordan Bardella, che interverranno con un video. Ancora in forse l’intervento della premier Giorgia Meloni. I colpi di scena, dunque, potrebbero non essere ancora finiti.  

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