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    Consiglio Affari esteri UE: chiesto l’inasprimento delle sanzioni alla Russia

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    Ricca e intensa di importanti spunti sul piano geopolitico l’agenda giornaliera del Consiglio Affari esteri, presieduto dall’Alta rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza Kaja Kallas. Tra i punti toccati, il prosieguo del sostegno all’Ucraina e l’aumento delle sanzioni alla Russia, sempre meno disposta a rispettare la parola data nei colloqui di pace tenutesi a Gedda, in Arabia Saudita. 

    L’attacco russo a Sumy

    A tre anni dallo scoppio della guerra, l’attacco russo alla città ucraina di Sumy non fa altro che aggravare una ferita perennemente sanguinante. Ed è così che mentre Mosca nega che la strage di ieri si sia verificata a danno dei civili, ribadendo come in Ucraina vengano presi di mira “solo obiettivi militari”, dall’altra parte della barricata il bilancio integrato di vittime e feriti continua ad aumentare a dismisura. 

    È già passato un mese da quando l’Ucraina ha accettato un cessate il fuoco incondizionato, cosa che non si è verificata da parte russa”. Ciò che è chiaro è che dobbiamo sostenere maggiormente l’Ucraina”, ha affermato Kallas, sottolineando come nell’anno in corso “gli Stati membri dell’Unione hanno già stanziato 23 miliardi di euro, un importo superiore a quello dello scorso anno, ma dobbiamo anche fare pressione sulla Russia affinché cessi questa guerra”. 

    Quanto alla disponibilità del cancelliere tedesco Merz all’invio di missili da crociera Taurus all’Ucraina, l’Alta rappresentante ha risposto ribadendo il sostegno incondizionato a Kiev: “Ogni stato membro dà ciò che può, ma il messaggio è molto chiaro. Dobbiamo fare di più per permettere all’Ucraina di difendersi e proteggere i suoi civili”. 

    Le posizioni europee

    Non vi sono dubbi sulla linea da intraprendere contro Mosca: considerando la linea diametralmente opposta ai negoziati di pace, proseguire ad oltranza con le sanzioni, così da smantellare o quantomeno ridurre le capacità militari russe sul campo. Fermamente convinta la posizione assunta dalla Francia, il cui ministro degli esteri Jean-Noel Barrot ha chiarito come Putin non abbia alcuna concreta intenzione di acconsentire il cessate il fuoco. “Per questo invito l’Unione europea ad adottare sanzioni più pesanti” nei confronti della Russia “per asfissiare la sua economia”, ha aggiunto. 

    Sulla stessa linea anche la ministra degli esteri filandese, Elina Valtonen, secondo cui la strage di Sumy è la chiara dimostrazione di quanto la Russia disprezzi il “processo di pace”, reiterando una crudeltà senza fine, aggravata da nessun tipo di riguardo “per la vita umana”. 

    Gli Stati Uniti

    Che dire, invece, degli Stati Uniti di Donald Trump? Mentre dalla Casa Bianca non è tardata ad arrivare la condanna all’ennesimo episodio di aggressione all’Ucraina – definito letteralmente “terribile” dallo stesso presidente Trump – vi sono comunque non poche perplessità circa il ruolo di mediazione di cui Trump si è fatto finora orgogliosamente paladino. A questo proposito, il ministro degli esteri polacco, Radoslaw Sikorski, ha riferito di confidare in una maggiore presa di consapevolezza da parte statunitense: “Spero che il presidente Donald Trump e questa amministrazione capiscano che il leader della Russia sta prendendo in giro la loro buona volontà”. 

    Il sostegno europeo all’Ucraina

    Fin qui lo sdegno e la condanna unanime della comunità internazionale. Passando poi al ruolo dell’Unione europea, la questione diviene più complessa. La ministra degli esteri tedesca, Annalena Baerbock, ha parlato di un rafforzamento essenziale della “nostra risposta europea per la pace”. “Con l’iniziativa di supporto per l’artiglieria di due milioni di munizioni, rendiamo chiaro che la politica estera europea significa sostegno congiunto europeo per la pace in Ucraina. La Germania ne fornisce un quarto”, ha aggiunto la ministra. 

    A ben guardare, il sostegno europeo all’Ucraina non è mai mancato, in numeri stiamo parlando di circa 144 miliardi di euro stanziati dagli Stati membri dell’Unione dall’inizio del conflitto. Per contro, ciò che perennemente continua a latitare è una linea d’azione univoca da parte degli singoli Stati nazionali, che faticano ad agire come soggetto unico. 

    In conclusione

    Nell’attesa del raggiungimento di quest’ultimo traguardo, dal canto suo Mosca ha lasciato intendere un ulteriore inasprimento del conflitto, nel caso in cui la Germania di Merz proceda con i missili Taurus, rendendo plateale una fornitura fino a poco tempo fa osteggiata dall’ormai ex cancelliere Olaf Scholz. 

    Il rischio escalation pare confermato anche dal presidente Zelensky, secondo cui considerate le ambizioni di Putin – “far rivivere l’impero russo e riconquistare i territori attualmente sotto la protezione della Nato” – la situazione attuale “potrebbe degenerare in una guerra mondiale”. Sarà dunque interessante constatare l’evoluzione dei legami tra Mosca e Washington dopo l’episodio di Sumy, così come le posizioni dei Paesi candidati all’integrazione europea: “Ci aspettiamo che nessun Paese candidato all’ingresso nell’Ue si rechi a Mosca per la parata del 9 maggio”, ha detto in conclusione Kaja Kallas, aggiungendo anche “le celebrazioni a Mosca non saranno prese alla leggera dalla parte europea, considerando che la Russia sta conducendo una guerra di vasta scala in Europa”.

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