L’Agenzia Europea dell’Ambiente ha pubblicato il rapporto europeo quinquennale sull’ambiente: l’Europe’s environment and climate, un’analisi completa basata sui dati prodotti da 38 Paesi.
Emerge “un’Unione europea leader mondiale nell’impegno per il clima”, in quanto riduce le emissioni di gas serra, l’uso di combustibili fossili e raddoppia la quota di energie rinnovabili dal 2005.
Nonostante i progressi misurabili, il trend complessivo continua a registrare segnali negativi e ciò porta a classificare lo stato generale come “non buono”. In parallelo, l’EEA ha diffuso i profili nazionali, i quali evidenziano iniziative meritevoli ma anche criticità strutturali che rischiano di compromettere il raggiungimento degli obiettivi fissati per il 2030 e il 2050.
L’EUROPA IN CRISI CLIMATICA ED ECOLOGICA
Il rapporto restituisce l’immagine di un continente fortemente sotto pressione. L’Europa si sta riscaldando a una velocità doppia rispetto alla media globale, con effetti ormai tangibili: la perdita progressiva di biodiversità, ondate di calore sempre più frequenti e intense, crescente stress idrico, incendi boschivi e alluvioni di portata eccezionale.
Dal 1980 a oggi, gli eventi climatici estremi hanno provocato oltre 240.000 vittime e generato danni economici stimati in più di 730 miliardi di euro.
La biodiversità si trova in una condizione particolarmente critica: oltre l’80% degli habitat protetti è in cattivo stato di conservazione. Secondo il rapporto, la ricchezza naturale europea è in declino in tutti gli ecosistemi – terrestri, d’acqua dolce e marini – a causa delle pressioni esercitate da modelli di produzione e consumo non sostenibili, tra cui il sistema alimentare, che gioca un ruolo determinante.
Le prospettive al 2030 appaiono preoccupanti: in assenza di un deciso cambio di rotta, anche i nuovi obiettivi rischiano di restare meri enunciati programmatici.
La transizione energetica
Sul fronte della transizione energetica emergono progressi, ma ancora insufficienti. Dal 1990 le emissioni di gas serra dell’Unione europea sono diminuite del 37% e, nel 2023, la quota di energie rinnovabili ha raggiunto il 24%.
Tuttavia, i combustibili fossili continuano a coprire circa il 70% del mix energetico, segnalando la persistenza di una forte dipendenza. Analogamente, anche l’economia circolare procede a rilento: il tasso di riciclo è passato dal 10,7% del 2010 all’11,8% del 2023, un incremento minimo e ben distante dall’obiettivo di raddoppiare la circolarità entro il 2030.
Per quanto riguarda la salute, alcuni segnali positivi provengono dal miglioramento della qualità dell’aria, che ha contribuito a ridurre i decessi prematuri. Nonostante ciò, l’inquinamento atmosferico rimane una delle principali minacce ambientali e sanitarie, con circa 239.000 vittime ogni anno. A ciò si aggiunge l’impatto delle sostanze chimiche persistenti, come i PFAS, che continuano a contaminare suolo e acque.
ITALIA: PROMOSSA CON RISERVA
Il profilo nazionale dedicato all’Italia fornisce una fotografia articolata delle dinamiche ambientali, economiche e sociali del Paese. Se da un lato, l’Europa ammette che la nostra Nazione sta facendo passi significativi verso la sostenibilità, dall’altro riconosce anche che le sfide restano imponenti.
L’Italia è promossa nell’ambito dell’agricoltura biologica: le aree protette coprono il 21,7% del territorio nazionale; tuttavia, deve aumentare questa quota per contribuire a raggiungere l’obiettivo dell’UE del 30% entro il 2030.
Per quanto riguarda le emissioni italiane di gas serra, esse si sono ridotte del 20% in trent’anni, un progresso significativo ma non sufficiente e per il settore ESR (energia, edifici, trasporti e altri usi), le proiezioni al 2030 parlano di un taglio del 41% rispetto al 2005, leggermente al di sotto del target europeo del 43,7%. Questo scarto, se non colmato rapidamente, rischia di mettere l’Italia fuori rotta rispetto agli impegni comunitari.
Sul fronte energetico invece, il Paese eccelle e supera il suo obiettivo del 2020. Nel 2023, la produzione elettrica da fonti rinnovabili ha infatti raggiunto il 44%, segnando un dato superiore alla media europea. Tuttavia, la dipendenza dall’estero resta elevata: il 76% dell’energia consumata in Italia è ancora importata.
IL RAPPORTO SOCIOECONOMICO SULL’ITALIA
Il rapporto socioeconomico tratteggia una Nazione con un crescente divario economico generazionale, una scarsa mobilità sociale e una significativa povertà energetica che interessa il 7,7% delle famiglie e il 9,5% delle abitazioni, le quali non garantiscono un adeguato comfort termico.
Sul versante economico, la spesa complessiva destinata alla protezione ambientale ha raggiunto nel 2022 il 2,6% del PIL, con un ruolo trainante del settore privato, che da solo contribuisce per circa l’1,4% del PIL attraverso investimenti ambientali.
Un ulteriore elemento di rilievo è rappresentato dalla capacità competitiva del Paese: l’Italia occupa la seconda posizione in Europa per export di tecnologie ambientali e a basse emissioni di carbone, a testimonianza del potenziale industriale nazionale nella transizione verde.
Il settore dei trasporti rimane il grande nodo irrisolto: oltre il 90% dell’energia consumata deriva da petrolio e diesel, e il parco auto italiano è tra i più densi d’Europa, con 694 vetture ogni mille abitanti.
VERSO UNA STRATEGIA COMUNE
Dal confronto tra il quadro europeo e il profilo italiano emergono alcune priorità strategiche di rilievo. In primo luogo, risulta fondamentale un maggiore allineamento delle politiche nazionali con gli indirizzi comunitari: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e la Strategia Italiana per lo Sviluppo Sostenibile necessitano di una più stretta integrazione con il Green Deal e con gli obiettivi fissati a livello europeo.
Assume inoltre particolare rilievo la dimensione dell’equità nella transizione: è necessario predisporre strumenti di accompagnamento adeguati a evitare che i processi di riconversione verde accentuino le disuguaglianze sociali e territoriali, compromettendo la coesione economica e sociale.
Da evidenziare anche il ruolo del settore privato: le imprese costituiscono già attori rilevanti negli investimenti ambientali, ma occorre intervenire per eliminare progressivamente i sussidi dannosi e, parallelamente, rafforzare gli incentivi volti a stimolare innovazione e competitività sostenibile.
Infine, l’adattamento ai cambiamenti climatici si configura come una priorità strategica. Le perdite economiche crescenti associate a eventi climatici estremi richiedono l’elaborazione di piani nazionali più solidi e strutturati, in grado di accrescere la resilienza delle infrastrutture e delle comunità e di garantire una gestione efficace dei rischi.
CONCLUSIONI
Europa e Italia dispongono di conoscenze, strumenti e risorse per accelerare la transizione ecologica, ma senza una governance coerente e un impegno condiviso gli obiettivi rischiano di rimanere sulla carta. L’Italia, in particolare, può fare leva sui suoi punti di forza – energie rinnovabili, agricoltura biologica, tecnologie verdi e imprese – ma deve affrontare con decisione le debolezze strutturali in termini di mobilità, consumo di suolo e disuguaglianze sociali. Come ha ricordato Leena Ylä-Mononen, direttrice esecutiva dell’EEA: “Abbiamo ancora la possibilità di vivere bene entro i limiti del pianeta. Ma il tempo per agire è ora.”
20250369