Continuano le critiche alla maggioranza per il ddl sicurezza: oltre le misure già discusse, tra cui l’aumento delle pene sia per chi protesta nelle carceri che per chi occupa proprietà illegalmente, o le disposizioni assai controverse in materia di terrorismo e di scudo penale per le forze dell’ordine, il disegno di legge, già approvato alla Camera e recentemente approdato in Senato, prevede anche un duro attacco agli atenei del nostro Paese.
IL TESTO NORMATIVO
L’articolo 31 del testo di legge dispone che gli atenei, in seguito a una semplice richiesta ricevuta e senza avere la facoltà di opporsi, dovranno dare informazioni ai servizi segreti, in deroga alle leggi sulla privacy, per quanto concerne i dati personali degli studenti, dei docenti e dei ricercatori associati, anche per quanto concerne le posizioni politiche, in nome della sicurezza nazionale.
Le disposizioni contenute per “il potenziamento dell’attività di informazione” risultano essere una modifica che il Governo, tramite questo ddl presentato dal Ministro dell’interno Piantedosi di concerto con il Ministro della giustizia Nordio e il Ministro della difesa Crosetto, vuole adottare in merito alla Legge n. 124 del 2007 che ai tempi segnò una forte riorganizzazione del settore dell’intelligence nazionale, rendendolo più trasparente, coordinato e controllato, con l’obiettivo di migliorare l’efficacia operativa e la responsabilità democratica.
LE CRITICHE DEL PROVVEDIMENTO
Parlando di “allarmismi ingiustificati”, la maggioranza ha cercato di respingere tutte le accuse. Tuttavia non sono mancate le critiche dalle opposizioni politiche, dalle realtà sindacali e anche dalla società civile sul provvedimento in questione, inquadrato dall’Onorevole Claudio Stefanazzi del Partito Democratico come un tentativo di “stringere ancora di più la cinghia attorno alla libertà di espressione del pensiero, soprattutto ai danni dei più giovani”.
Il Deputato Stefanazzi ha affermato, intervistato da noi, che le disposizione del disegno di legge “ricordano più uno Stato di polizia che una Repubblica democratica e le norme dell’articolo 31 non fanno eccezione” aggiungendo inoltre che “obbligare chi lavora nelle università e negli enti di ricerca a collaborare con i servizi segreti è quanto di più pericoloso possa essere fatto, soprattutto se si guarda a tutti i precedenti in cui, negli anni di questa legislatura, a studenti e manifestanti pacifici sono state applicate misure di ‘sicurezza’ assolutamente immotivate”.
A tuonare è stata anche la segretaria della Flc Cgil, Gianna Fracassi, dichiarando come, in questo momento storico, siano “in gioco le libertà tutelate dalla Costituzione” riferendosi in particolare alla libertà della ricerca e al diritto alla riservatezza, facendo sollevare dei dubbi in merito alla legittimità costituzionale del ddl.
A prendere posizione sul tema tramite i suoi social, esprimendo a gran voce la sua contrarietà, è stato anche l’avvocato Angelo Greco sostenendo che “pure le lezioni considerate pericolose dovranno essere denunciate, il che fa temere che il solo fatto di avere un’opinione politica diversa da quella dominante potrebbe portare a delle conseguenze” nell’ipotesi migliore quantomeno “sul piano disciplinare”. Rispetto al passato, dunque, le università non potranno esimersi dal collaborare con i servizi segreti poiché questa norma le obbligherebbe a farlo.
Le mobilitazioni
Dopo gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine avvenuti il 13 gennaio, alcuni esponenti della maggioranza hanno espresso l’intenzione di accelerare l’approvazione del ddl richiedendo il passaggio diretto all’Aula, superando l’esame in commissione.
Il 17 gennaio ha avuto luogo una mobilitazione in diverse città d’Italia contro “il buio del regime” chiedendo a gran voce che il Senato respinga il provvedimento, ma la maggioranza di Giorgia Meloni è compatta sul tema. Tutto dunque ci lascia pensare che l’iter di approvazione non incontrerà problemi di alcun tipo.
20250025