A diciotto anni dai fatti, a seguito di una nuova perizia, si torna a parlare del delitto di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007 a Garlasco, in provincia di Pavia.
Quando si abita in provincia non si pensa mai che il proprio paesino o la propria piccola cittadina possano diventare luoghi famosi, figuriamoci arrivare a vederli ricordati anche solo per nome, spesso nemmeno sapendo precisamente dove si trovino geograficamente. È questo il caso di Garlasco, dove ormai diciotto anni fa si è consumata la tragedia che ha portato via la vita a Chiara Poggi, le cui dinamiche sono tutt’oggi non del tutto chiare.
I fatti
Il 13 agosto 2007, alle ore 13.50, viene fatta una chiamata al 118. A parlare è l’allora ventiquattrenne Alberto Stasi, laureando in Economia alla Bocconi, in evidente stato di choc. Quella telefonata verrà riprodotta più e più volte e messa poi al centro dell’indagine lunga otto anni e mai realmente conclusa. Stasi, al momento della chiamata, si sta dirigendo verso la caserma di Garlasco. Nel verbale riferisce che, dopo svariate chiamate senza risposta a casa Poggi, quella mattina aveva deciso di recarsi direttamente sul luogo, finendo per trovare il corpo senza vita della fidanzata.
Tornato sulla scena del crimine, questa volta accompagnato da due carabinieri, iniziano i troppi errori delle autorità, che aggiungeranno confusione e svariati anni alle indagini. La poca precisione è sempre stata criticata, soprattutto perché il delitto di Garlasco è il primo in Italia ad essere stato analizzato solo ed esclusivamente attraverso perizie scientifiche.
La contaminazione della scena del crimine
A nessuno viene chiesto di indossare i copriscarpe, né a Stasi – a cui non verranno subito sequestrate le scarpe – né ai carabinieri, e neppure al Pubblico Ministero incaricato del caso; il gatto della famiglia viene lasciato scorrazzare per casa. La scena del crimine inizia quindi ad essere contaminata, ma i problemi non finiscono qui.
Un’impronta di mano presente sul cadavere della ragazza viene manomessa al momento dello spostamento del corpo. C’è poi l’autopsia: il corpo non viene pesato, ma il peso è determinante per comprendere l’orario del decesso, inizialmente individuato tra le 10.30 e le 13.00 e poi spostato – a seguito delle analisi volute sia dal legale di Stasi che dal legale della famiglia Poggi – dalle 9.00 alle 10.00 del mattino, combinando il rigor mortis, la temperatura esterna e quella interna del corpo, ma soprattutto un peso meno approssimativo della ragazza, stabilito utilizzando come riferimento un paio di jeans della giovane, utili a capirne la corporatura.
Alberto Stasi
Pochi giorni dopo il decesso, il nome di Alberto Stasi è iscritto dalla procura nel registro degli indagati; diventerà il principale e unico sospettato della vicenda. Verrà assolto due volte, prima dalla Corte d’Assise e in seguito dalla Corte d’Appello, per poi essere condannato nel 2015 dalla Corte di Cassazione, con gli stessi elementi a disposizione dei giudici.
Le motivazioni della condanna di Stasi risiederebbero secondo questi ultimi in diversi elementi: anzitutto, nel fatto che la vittima dovesse necessariamente conoscere l’assassino, fatto entrare in casa da lei stessa; nel fatto che Stasi non avesse fornito un’alibi sufficiente a escludere la sua presenza nell’abitazione durante la finestra oraria coincidente secondo la procura all’omicidio; nel fatto che il racconto di Stasi risultasse incongruo rispetto al ritrovamento del cadavere.
E poi ancora, nel fatto che quest’ultimo non avesse all’epoca menzionato la bicicletta nera di sua proprietà, corrispondente alla descrizione delle testimoni di una bicicletta nei pressi dell’abitazione il 13 agosto; nel fatto che sul dispenser di sapone nel bagno di casa Poggi fossero presenti solo le impronte del suo anulare destro; nel fatto che il numero di scarpe di Stasi coincidesse con quella dell’aggressore, secondo le indagini.
Il presente di Alberto Stasi
Oggi, Alberto Stasi ha 41 anni ed è detenuto nel carcere di Bollate, e finirà di scontare la pena nel 2030. Potrebbe uscire nel 2028 per buona condotta, mentre per l’anno in corso è in dubbio l’affidamento in prova. Dal 2023 gli è stato concesso un lavoro esterno presso il Tribunale di Sorveglianza di Milano, dove svolge mansioni contabili e amministrative. Nel 2018 è stato raggiunto un accordo con la famiglia di Chiara Poggi, a cui Stasi deve risarcire 700 mila euro, liquidati a metà e pagati progressivamente usando il compenso del lavoro diurno.
Progressi, conferme o disdette? La riapertura del caso
La riapertura del caso non è pioggia a cielo sereno: da ormai un anno, la Procura di Pavia lavora a questa nuova indagine. Dopo due tentativi respinti dal Giudice per le Indagini Preliminari, per il quale non c’erano i presupposti necessari alla riapertura, la Procura si è rivolta alla Cassazione, che le ha dato ragione.
Al centro della ripresa delle indagini ci sono le tracce di DNA maschile presenti sotto le unghie della vittima, all’epoca ritenute insufficienti per essere attendibili e quindi inutilizzabili. Oggi, però, a seguito della perizia portata avanti da un celebre laboratorio tedesco di genetica, come già dichiarato nel 2016, queste ultime potrebbero essere ricondotte ad Andrea Sempio, amico di Marco, fratello di Chiara Poggi.
Sempio e il prelievo del DNA
Nella giornata di giovedì 13 marzo, Sempio si è recato in caserma a Milano per il prelievo coattivo del materiale genetico, dopo essersi rifiutato di cederlo volontariamente pochi giorni prima. Rispetto alle volontà sottese alla scelta di non sottoporsi volontariamente all’esame, Massimo Lovati, il legale dell’uomo, ha spiegato ai giornalisti presenti di aver aspettato l’ordinanza del GIP, ovvero di una persona terza, per procedere con l’articolo 360 del Codice di procedura penale, e non con il 359.
L’articolo 359 del Codice di procedura penale prevede che per procedere ad accertamenti e rilievi per cui sono richieste specifiche competenze, il Pubblico Ministero possa avvalersi di un consulente. L’articolo 359 bis specifica che se per attuare tali accertamenti e rilievi serve il consenso e questo non viene prestato, il suddetto prelievo – seguendo l’articolo 349 bis – può essere effettuato in maniera coattiva da parte della polizia giudiziaria, ma solo ed esclusivamente se è indispensabile per la prova dei fatti. Se non vi è urgenza, serve l’autorizzazione del GIP attraverso un’ordinanza.
L’articolo 360 del Codice di procedura penale dice, invece, che nel caso di accertamento tecnico irripetibile – ovvero quello fatto su persone, cose e luoghi il cui stato è soggetto a modificazione – c’è la necessità di avvertire l’indagato e il suo difensore, che ha il diritto di assistere, ma anche quello di formulare osservazioni e riserve.
La difesa di Sempio
Secondo l’avvocato Lovati, l’istruttoria del 2017 sarebbe stata frutto di una “macchinazione organizzata” dagli investigatori, che clandestinamente avrebbero prelevato il DNA del suo assistito. Quella a cui fa riferimento Massimo Lovati è l’indagine portata avanti dalla difesa di Alberto Stasi dopo la condanna definitiva nel 2015 a sedici anni di reclusione. Nel 2016, infatti, la difesa di Stasi aveva presentato una perizia genetica che collegava il DNA presente sotto le unghie della vittima proprio a quello di Sempio. All’epoca, la posizione di quest’ultimo era stata archiviata.
Conclusioni
Oggi, Andrea Sempio è iscritto nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio volontario in concorso. Questa volta a procedere nei confronti di Sempio non è però la difesa di Stasi, bensì la stessa procura di Pavia.
Tra gli elementi che le autorità e l’opinione pubblica, già una decina di anni fa, avevano considerato importanti, e che dunque riemergono proprio in queste ore, tre chiamate a casa Poggi – avvenute il 4, il 7 e l’8 agosto, due delle quali con la certezza di non trovare l’amico Marco o i genitori, partiti tutti in vacanza – e la ricevuta di un parcheggio di Vigevano, datata proprio 13 agosto 2007, tenuta da Sempio per un anno come alibi a sostegno della sua assenza da Garlasco il giorno dell’omicidio. Ci sono però le celle telefoniche che sostengono il contrario.
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