Qualche giorno fa, il primo ministro albanese Edi Rama ha preso una decisione controversa che ha scosso il mondo della politica e della tecnologia: dal primo gennaio 2025 TikTok verrà bloccato in Albania per un anno. Le motivazioni di tale scelta sono legate all’utilizzo della piattaforma cinese: il primo ministro ha affermato, infatti, che l’app ed i suoi contenuti influenzano in maniera negativa i giovani, incitando alla violenza. Il provvedimento ha suscitato numerosi dibattiti nel Paese, accendendo il confronto su temi quali il rapporto tra le politiche governative, la privacy dei cittadini e la libertà di espressione.
Le motivazioni dietro la decisione
La decisione di Edi Rama di vietare TikTok era nell’aria: il primo ministro albanese infatti, già nei mesi precedenti, aveva evidenziato alcuni aspetti critici della piattaforma cinese, in specie a seguito dell’omicidio del quattordicenne Martin Cani, ucciso da un coetaneo, dopo un conflitto che sarebbe iniziato proprio sulla piattaforma. Edi Rama, dopo aver assunto l’iniziativa, ha successivamente spiegato su X la sua motivazione ufficiale. Ha ribadito che la sua scelta non è un’azione autoritaria, bensì democratica, in quanto prima di attuare la revoca ha ascoltato il volere dei genitori albanesi, affermando che il 90% è a favore del blocco di TikTok.
TikTok e la politica
Il provvedimento si inserisce in un contesto di crescente allarme globale riguardo all’influenza delle piattaforme social sui comportamenti sociali, politici ed economici. TikTok, infatti, è stata accusata di essere un veicolo di disinformazione, manipolazione politica e persino di influenzare negativamente il benessere psicologico degli utenti, specialmente tra i giovani. Un chiaro esempio di come TikTok possa influenzare in maniera decisiva i cittadini lo abbiamo avuto recentemente in Romania. La piattaforma cinese ha infatti avuto una grande influenza nel primo turno delle presidenziali nel Paese, con Georgescu che, grazie al social, è riuscito fare una grande campagna.
Le reazioni interne ed esterne
La mossa di Edi Rama ha diviso l’opinione pubblica in Albania. Da un lato, ci sono stati apprezzamenti da parte di chi sostiene che il governo stia facendo ciò che è necessario per evitare l’esaltazione alla violenza e la disinformazione. Per questi sostenitori, la decisione di vietare TikTok è stata vista come una misura preventiva, simile a quelle adottate da altre nazioni, tale da evitare che il Paese diventi vulnerabile alle influenze esterne.
Dall’altro lato, però, ci sono state forti critiche, in particolare da parte degli influencer albanesi, che considerano TikTok una piattaforma di intrattenimento e socializzazione. Oltre a questo TikTok è stato uno strumento importante per molti ragazzi e ragazze in Albania, che lo utilizzano per esprimersi, divertirsi e connettersi con una comunità globale. Inoltre, la piattaforma cinese ha avuto inevitabilmente un impatto positivo sulla crescita del turismo in Albania. In questi ultimi anni, infatti, grazie ai numerosissimi reel di apprezzamento nei confronti del Paese delle aquile, il numero di turisti in Albania è cresciuto a dismisura. La decisione di Edi Rama ha attirato l’attenzione degli Stati Uniti, che da tempo hanno preso una posizione critica nei confronti di TikTok.
Un conflitto tra sicurezza e libertà?
La decisione di vietare TikTok in Albania solleva interrogativi importanti sul bilanciamento tra sicurezza e libertà. Se da un lato è legittimo che un governo cerchi di evitare modelli sbagliati, dall’altro c’è il rischio che questa politica possa essere utilizzata per giustificare la censura e la limitazione delle libertà personali.
Il divieto di TikTok in Albania si inserisce in un contesto globale di crescente controllo sulla rete e sulle piattaforme digitali. Molti governi, infatti, hanno cercato di adottare regolamenti più severi per proteggere i propri cittadini dalle minacce informatiche, ma allo stesso tempo queste misure possono finire per limitare la libertà di espressione e l’accesso a informazioni senza censura. Il caso di TikTok è emblematico: sebbene il divieto possa sembrare giustificato da preoccupazioni relative alla sicurezza, rischia anche di ridurre l’accesso dei cittadini a una piattaforma che ha avuto un impatto culturale enorme, soprattutto tra i più giovani.
In Albania, TikTok è molto popolare ed è diventata una delle principali piattaforme attraverso cui le persone si esprimono, creano contenuti e interagiscono. Molti utenti albanesi utilizzano TikTok non solo per divertimento, ma anche come mezzo per sensibilizzare l’opinione pubblica su temi politici e sociali. Pertanto, la decisione di bloccare la piattaforma potrebbe avere conseguenze anche sul dibattito pubblico, limitando uno spazio di libertà di espressione digitale. Proprio riguardo la libertà di espressione, Sali Berisha, leader dell’opposizione in Albania, si è mostrato decisamente preoccupato, in quanto il blocco dell’app limita la libertà di espressione e di possibili critiche nei confronti di Rama. Il leader dell’opposizione non ha negato il fatto che nella piattaforma ci siano elementi di violenza, ma ritiene che bloccarne l’utilizzo sia eccessivo, in quanto gli stessi elementi di violenza rappresentano una parte piccolissima della piattaforma. Berisha ha inoltre affermato che non è un caso che l’anno di blocco cada proprio con le prossime elezioni parlamentari albanesi nel maggio del 2025.
Il futuro della politica digitale in Albania
Il caso albanese potrebbe, quindi, segnare l’inizio di una nuova fase nella gestione della tecnologia e della libertà digitale, in cui il confine tra sicurezza e libertà è sempre più sottile. Sarà interessante vedere come la situazione evolverà, in quanto l’Albania è il primo Paese del continente europeo ad aver preso tale decisione. Solo il tempo ci dirà se l’Albania riuscirà a trovare un equilibrio tra la protezione dei propri cittadini, soprattutto degli adolescenti, e il rispetto delle libertà individuali in un mondo digitale in rapida evoluzione.
In conclusione, la decisione di Edi Rama di vietare TikTok in Albania è un atto che riflette le preoccupazioni globali sull’influenza negativa nei confronti degli adolescenti, ma anche un esempio di come le politiche governative possano influenzare la libertà di espressione.