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    Le elezioni e il tema dell’astensionismo crescente

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    La partecipazione alla vita politica è la base di ogni democrazia: le istituzioni sono legittime solo se ottengono il consenso del popolo attraverso il voto. Il calo dell’affluenza alle urne colpisce anche altri Paesi, ma nel nostro Paese è allarmante. Finora l’Italia ha tenuto nove elezioni per il Parlamento europeo, la prima nel 1979 e l’ultima nel 2024. L’affluenza alle urne è sempre stata superiore alla media europea, ma nel tempo è andata diminuendo: nel 1979 partecipò alle elezioni europee l’85,7% degli elettori italiani, contro una media europea del 62%. Questa tendenza è stata confermata nelle elezioni successive, con l’affluenza alle urne nel 1984 pari all’82,5%. Dagli anni ’90, il calo dell’affluenza alle urne si è ampliato, scendendo al 73,6% nel 1994, al 69,8% nel 1999 e aumentando leggermente al 71,7% nel 2004. La tendenza al ribasso si è intensificata nelle elezioni successive: 66,5% nel 2009, 57,2% nel 2014, 54,5% nel 2019; oggi ha raggiunto il minimo storico del 49,7%.

    Astensionismo

    È sorprendente che la questione dell’astensione venga discussa soprattutto prima e dopo le elezioni, mentre venga ignorata nel periodo interelettorale, quando le istituzioni hanno il tempo di compiere passi concreti. Il corretto funzionamento della democrazia, la fiducia del pubblico nelle istituzioni democratiche e la loro effettiva rappresentanza dipendono principalmente dalla partecipazione pubblica alle elezioni. Un sistema è democratico solo se le decisioni pubbliche vengono prese attraverso la libera voce del popolo; la partecipazione democratica conferisce legittimità alle istituzioni e assicura l’espressione della volontà popolare. Di conseguenza, essa non rappresenta soltanto un valore democratico da sostenere e promuovere, ma costituisce anche un mezzo concreto per il corretto funzionamento della democrazia. I cittadini che credono in quest’ultima dovrebbero quindi sostenere e rispettare le istituzioni democratiche.

    In ogni democrazia, le istituzioni si sforzano di promuovere e incoraggiare la partecipazione e di rimuovere le barriere che possono portare all’astensione. In Italia, l’affluenza alle urne – un tempo molto elevata – sta diventando sempre più bassa e sta aumentando il fenomeno dell’astensione, che è allo stesso tempo sintomo e causa della crisi della rappresentatività delle istituzioni. Finora è stato fatto poco per rimuovere gli ostacoli alla partecipazione dei cittadini alle elezioni o per frenare l’astensione degli elettori. Colmare questo divario è un obbligo costituzionale e richiede un intervento urgente, anche quando emergenze drammatiche attirano l’attenzione delle istituzioni e dei loro rappresentanti. L’affluenza alle urne è in calo da tempo in tutti i tipi di campagne elettorali, soprattutto a partire dagli anni ’80. Sebbene la partecipazione politica fosse elevata in tutti i Paesi dopo la Seconda Guerra Mondiale, il fenomeno dell’astensione si è accentuato negli anni ’90 e si è ulteriormente intensificato dopo la Grande Recessione.

    Apatia, sfiducia e disinteresse

    Le ragioni principali dell’astensionismo sembrano essere la mancanza di fiducia nei partiti politici; gli sconvolgimenti politici degli anni ’90 e la successiva grande recessione economica hanno aggravato questa tendenza. Astenersi dal voto per apatia politica può essere interpretato come una forma di deficit democratico. Da questo punto di vista, le persone che non votano alle elezioni sono influenzate dalla sfera dei media, compresi i social network, che hanno un’influenza delegittimante: posizionano le persone stesse ai margini della società finendo per nutrire poco interesse per la cosa pubblica.

    Il primo motivo, che colpisce soprattutto i Paesi europei dopo la caduta del muro di Berlino nel 1989, è legato al fatto che si crede che la democrazia non sia più chiaramente minacciata dopo la scomparsa delle dittature. Di conseguenza, il voto non è più considerato essenziale per preservare la democrazia. Inoltre, con la recente crescita economica e l’aumento della prosperità, è diffusa la percezione che la politica sia meno importante e che il voto non sia più necessario. Ciò ha portato a un calo dell’affluenza alle urne nella maggior parte dei Paesi europei negli anni ’90. L’Italia ha rappresentato un’eccezione a questa tendenza, poiché un terremoto politico ha portato qui alla scomparsa dei partiti politici tradizionali, all’emergere di nuovi partiti e alla trasformazione dei partiti esistenti.

    La crisi economica globale del 2008 ha aumentato l’insoddisfazione e la sfiducia del pubblico, soprattutto nell’Europa meridionale. Ciò ha portato all’emergere di un secondo tipo di ascetismo, l’alienazione, caratterizzato dalla critica e dalla disillusione. Allo stesso tempo, si sono verificati cambiamenti all’interno dei partiti, in particolare la crescita e il successo di nuovi partiti populisti. Le difficoltà economiche e sociali costituiscono la base dell’astenersi dalle elezioni politiche: il loro aumento mina la partecipazione politica e i principi democratici della società civile, soprattutto tra i giovani.

    Conclusioni

    La diagnosi è molto chiara. La nostra stremata democrazia italiana viene progressivamente infettata da un virus – chiamato apatia – che sta attaccando gli organi vitali del sistema politico democratico. In una democrazia apatica, dove apatia e protesta si sostengono a vicenda, i sintomi di questa malattia sono evidenti da tempo, ma recentemente hanno cominciato a superare la soglia psicologica e patologica del 50% di non votanti. Le elezioni europee hanno esacerbato il disagio.

    In media, 500.000 potenziali elettori ogni anno scelgono di restare a casa e di astenersi. Durante i primi due decenni del nuovo secolo, un elettore su quattro si è ritirato dall’arena democratica europea; una tendenza simile si osserva sia nelle elezioni politiche che in quelle esecutive. Allo stato attuale, basterebbero poche elezioni europee per testimoniare un processo elettorale al quale partecipa un terzo dell’elettorato, mentre il resto resta intrappolato in una bolla di apatia e di insoddisfazione sociale per il crescente deficit democratico che li colpisce. Quindi, se questa diagnosi venisse confermata anche dal recente voto europeo, dovremmo considerare rapidamente le possibili opzioni terapeutiche e agire di conseguenza.

    Ma quanto può durare la democrazia senza il suo popolo?

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