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    Le elezioni regionali del 2025: un banco di prova cruciale

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    Le elezioni regionali del 2025, che si terranno in sei regioni italiane, rappresentano un banco di prova decisivo per il Governo di Giorgia Meloni e l’opposizione; quest’ultima dovrà dimostrare di aver superato le divisioni interne. Mentre il centrodestra cerca di consolidare il proprio potere, in particolare nelle regioni governate da Luca Zaia e Vincenzo De Luca, l’opposizione, con il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, tenta di recuperare terreno. Le dinamiche elettorali saranno influenzate da fattori come l’età degli elettori, le difficoltà economiche e le differenze regionali, con il centrosinistra particolarmente competitivo al Sud e nel Centro.

    La chiamata alle urne 

    Nel 2025 si voterà per il rinnovo dei Consigli Regionali e l’elezione dei Presidenti di Giunta Regionale in Campania, Veneto, Valle d’Aosta, Toscana, Puglia e Marche. Per il Governo, queste elezioni rappresentano un banco di prova simile alle elezioni midterm americane. Lo stesso vale per l’opposizione, che dovrà dimostrare di aver superato le divisioni del 2024 e di aver costruito una coalizione stabile, capace di competere con quella di centrodestra.

    Queste elezioni rappresentano sicuramente una sfida interessante, ma anche un vero e proprio stress test per Meloni e Schlein, alle prese con le difficoltà poste dai rispettivi alleati. Nonostante ciò, entrambe continuano a procedere decise per la propria strada. Come scriveva Virgilio nell’Inferno della Divina Commedia: “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa.” Gli “alleati” in questione sono, rispettivamente, Matteo Salvini, che punta a tornare al Viminale dopo l’assoluzione sul caso Open Arms, e Giuseppe Conte, che spera di poter rientrare a Palazzo Chigi o, quantomeno, di recuperare il prestigio elettorale perduto.

    Com’è finita nel 2020

    Nel 2020, il centrosinistra vinse di corto muso, con un risultato di 4-3, conquistando Campania, Toscana, Puglia e Valle d’Aosta. In Campania, Vincenzo De Luca trionfò con il 69,48%. All’epoca il Movimento 5 Stelle correva da solo, con Valeria Ciarambino come candidata (oggi esponente di Insieme per il Futuro di Luigi Di Maio). In Puglia, Michele Emiliano prevalse con il 46,78%, mentre il centrodestra schierava Raffaele Fitto, attuale commissario europeo per la politica regionale e le riforme. In Toscana, Eugenio Giani ottenne il 48,62% contro l’europarlamentare leghista Susanna Ceccardi. In Valle d’Aosta, nonostante la Lega avesse ottenuto il maggior numero di voti, fu eletto Erik Lavévaz grazie ad una coalizione tra il centrosinistra e l’Union Valdôtaine.

    In Veneto e nelle Marche, invece, dominò il centrodestra. Luca Zaia ottenne un risultato schiacciante in Veneto, con il 76,79% dei voti contro l’indipendente Arturo Lorenzoni, assicurandosi così il terzo mandato, che è attualmente in fase di conclusione. Nelle Marche, Francesco Acquaroli vinse con il 49,13% dei consensi, superando Maurizio Mangialardi, che si fermò al 37,29%.

    Adesso le cose stanno diversamente: il caso Campania 

    Dopo cinque anni, lo scenario politico appare profondamente cambiato. Innanzitutto, la Lega ha subito un netto calo, passando dal 20% al 5% attuale. Nel frattempo, Luca Zaia e Vincenzo De Luca potrebbero essere messi fuori gioco dalla Corte Costituzionale, che potrebbe accogliere il ricorso del Governo contro la legge sul terzo mandato approvata in Campania.

    Sia il Partito Democratico che la Lega si trovano ad affrontare crisi interne, rispettivamente in Campania e in Veneto. In Campania, De Luca ha fatto approvare una legge che gli consentirebbe un terzo mandato; il partito regionale, ormai commissariato, non è riuscito a opporsi, anche perché il controllo della sezione metropolitana è nelle mani dello stesso De Luca. Questa frattura ha indotto un confronto a livello nazionale: da un lato, Elly Schlein si è dichiarata contraria al terzo mandato, dall’altro i “riformisti” insistono affinché si appoggi De Luca, ritenendolo l’unico in grado di garantire la vittoria.

    Nel frattempo, si moltiplicano i nomi per la candidatura in Campania. L’ideale sarebbe l’attuale sindaco di Napoli e presidente dell’ANCI, Gaetano Manfredi, che però ha già rifiutato l’offerta. Tra i favoriti emerge Roberto Fico, presidente emerito della Camera, ma la sua candidatura è malvista dalla maggioranza del PD campano, schierata con De Luca. Tra gli outsider spiccano Sergio Costa e Mariolina Castellone. Si parla anche di Raffaele Cantone, ex presidente dell’ANAC, una figura poco affine alla sinistra per via dei suoi trascorsi come sostenitore dell’MSI. Inoltre, essendo attualmente magistrato, quest’ultima candidatura solleverebbe problemi circa il principio di separazione dei poteri, e richiederebbe quantomeno le sue dimissioni prima di scendere in campo.

    Sul fronte del centrodestra, l’ipotesi di candidare Gennaro Sangiuliano sembra ormai tramontata. La coalizione si divide tra Fulvio Martusciello, europarlamentare recentemente più defilato, e il “solito” Sergio Rastrelli, figlio dell’ex presidente della Giunta Campana Antonio Rastrelli. Tuttavia, nelle ultime ore, stanno guadagnando terreno le quotazioni di Edmondo Cirielli, attuale viceministro agli Affari Esteri.

    Il Veneto dopo Zaia

    In Veneto, la stagione politica di Luca Zaia sembra avviarsi verso la conclusione, suscitando preoccupazioni sia in Matteo Salvini che in Giorgia Meloni. Considerate le osservazioni sollevate dalla Corte Costituzionale in merito all’autonomia differenziata, Salvini teme che queste possano infastidire lo “zoccolo duro” della Lega minando di conseguenza anche la sua leadership, che potrebbe presto giungere al capolinea. Meloni, invece, è consapevole che Zaia, politico scaltro e intelligente, potrebbe rivelarsi una spina nel fianco più per lei che per Salvini.

    Fratelli d’Italia rivendica la candidatura per il Veneto, ma l’ingordigia politica rischia di rivelarsi un boomerang. Forza Italia, dal canto suo, propone Flavio Tosi, ex sindaco di Verona, ma la Lega non intende cedere: al Consiglio Federale del 16 gennaio scorso, ha ribadito che il candidato per il dopo Zaia dovrà essere scelto dal Carroccio. Nel frattempo, Carlo Calenda si è detto pronto ad allearsi con la Lega, qualora questa decidesse di smarcarsi dalla coalizione di Governo.

    A sinistra, si guarda con interesse alla possibile spaccatura nel centrodestra, intravedendo un’opportunità per competere seriamente in una regione governata dal 1995 dal centrodestra. Si punta al “colpaccio” e si valutano due possibili candidature: il sindaco di Verona, Damiano Tommasi, o il sindaco di Padova, Sergio Giordani.

    Toscana e Puglia: destini già decisi a sinistra

    In Puglia e in Toscana il centrosinistra ha già individuato i suoi candidati. Per la Puglia, si punta sull’ex sindaco di Bari Antonio Decaro, attualmente impegnato a Bruxelles. In Toscana, il candidato sarà il presidente uscente Eugenio Giani. Resta però da risolvere il nodo della compattezza del “campo largo”, considerando che solo pochi mesi fa, a Bari e a Firenze, le forze del centrosinistra hanno sostenuto candidati diversi. Sul fronte del centrodestra, in Puglia si discute del possibile candidato Francesco Paolo Sisto, attuale viceministro della Giustizia, barese e coordinatore cittadino di Forza Italia.

    In Toscana, il centrodestra sembra orientato verso il sindaco di Pistoia, Alessandro Tomasi, esponente di Fratelli d’Italia. Tuttavia, non tutte le forze della coalizione sono d’accordo: Forza Italia, attraverso il coordinatore regionale e già vicepresidente del Consiglio regionale Marco Stella, spinge per selezionare il candidato attraverso le primarie.

    La situazione nelle Marche e in Valle D’Aosta

    Nelle Marche, la situazione è particolarmente complessa dal punto di vista dei diritti, più che da quello strettamente politico. Abortire nella regione è diventato estremamente difficile, con molte donne costrette a spostarsi in altre regioni per esercitare un diritto garantito dalla legge 194. Inoltre, si segnala la presenza di psicologi anti-abortisti che tenterebbero di dissuadere le donne dalle loro decisioni. Questo tema potrebbe influenzare significativamente il voto femminile, orientandolo verso il centrosinistra.

    Dal punto di vista politico, il centrodestra sembra intenzionato a ricandidare il presidente uscente Francesco Acquaroli. Il centrosinistra, invece, starebbe valutando la candidatura dell’ex sindaco di Pesaro, attualmente impegnato a Bruxelles, Matteo Ricci.

    In Valle d’Aosta, invece, la situazione è diversa, poiché l’elezione del Presidente spetta al Consiglio Regionale, l’unico organo eletto a suffragio universale diretto. Di conseguenza, sarà necessario attendere l’esito delle elezioni per delineare il quadro politico regionale.

    Quando e chi si voterà? 

    L’ultimo nodo da sciogliere a proposito delle elezioni regionali del 2025 è la data del voto. Cinque anni fa, a causa della pandemia, le elezioni furono posticipate, ma oggi Giorgia Meloni non sembra intenzionata ad anticiparle. Prima, infatti, la premier intende risolvere la questione del terzo mandato, data la presenza di Vincenzo De Luca in Campania, per poi decidere la data dell’election day. Questo contesto si inserisce in uno scenario politico che, da un lato, vedrà il centrodestra cercare di consolidare il suo predominio, mentre l’opposizione, in particolare il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle, cercherà di recuperare terreno.

    L’attrattività dei partiti, infatti, sarà un fattore determinante nelle elezioni del 2025, e sebbene non ci siano differenze significative tra gli elettorati maschili e femminili, emergono chiari trend legati alle classi d’età e alle difficoltà economiche. Il Movimento 5 Stelle è particolarmente attraente per i giovani, ma il suo appeal diminuisce progressivamente tra le fasce più anziane, mentre il Partito Democratico, anch’esso forte tra i giovani, sta cercando di recuperare tra gli over 65, una fascia elettorale che storicamente gli ha garantito risultati positivi. Fratelli d’Italia e Forza Italia, invece, mantengono una maggiore omogeneità tra le fasce d’età, con FdI particolarmente attrattivo nella fascia d’età 30-40 anni e 45-54 anni, mentre la Lega è più forte tra coloro che dichiarano di avere difficoltà economiche moderate, un trend che si riflette anche nelle dinamiche regionali.

    Dinamiche geografiche e livelli di istruzione

    Geograficamente, le forze di centrosinistra, in particolare il M5S e il PD, sono più attrattive al Centro e al Sud, aree dove il primo raccoglie più consensi, mentre il secondo fatica a decollare. Il centrodestra, invece, presenta una distribuzione più uniforme, con risultati forti nelle regioni del Nord e buone performance anche in alcune zone del Sud

    L’attrattività dei partiti di opposizione, in particolare del M5S, è anche più marcata tra coloro che vivono in difficoltà economiche, mentre Forza Italia e Fratelli d’Italia risultano trasversali rispetto a questi fattori.

    Sul fronte dell’istruzione, mentre il M5S non presenta grandi differenze di attrattività tra le diverse categorie, il Partito Democratico risulta più apprezzato tra laureati e diplomati. Al contrario, i partiti di centrodestra raccolgono consensi tra coloro con un titolo di scuola media inferiore, una caratteristica che rispecchia i loro tradizionali bacini elettorali. 

    In termini di autocollocazione politica, il Partito Democratico si conferma forte a sinistra, mentre Fratelli d’Italia domina a destra, con un’alta propensione al voto nelle rispettive aree politiche. Il M5S, pur definendosi “progressista indipendente,” continua a essere chiaramente orientato a sinistra, caratteristica che potrebbe influenzare il suo successo in queste elezioni.

    In sintesi, la data delle elezioni regionali del 2025 potrebbe segnare un momento cruciale per il governo di Giorgia Meloni e per l’opposizione, che, pur affrontando le proprie sfide interne, cercherà di capitalizzare su questi cambiamenti demografici, economici e ideologici.

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