A più di una settimana dalla pesante e cocente sconfitta subita dall’Italia contro la Svizzera, è questo il momento giusto per analizzare cosa non ha funzionato nella clamorosa disfatta azzurra.
La prematura eliminazione della nazionale italiana dal torneo ha portato con sé le solite – e a tratti condivisibili – riflessioni sulla qualità generale del nostro movimento, spostando l’attenzione più su fattori maggiormente politici, infrastrutturali e profondi, che meramente tecnici e di campo.
Nonostante i problemi che riguardano la qualità della rosa azzurra, seppur con le dovute ed importanti eccezioni, molte delle ragioni del fallimento italiano sono da ritrovare anche nelle scelte del commissario tecnico Spalletti. A partire da alcune decisioni nelle convocazioni, alla confusione apportata nello schema di gioco, fino ai cambi tardivi e in alcuni casi troppo conservativi, anche Luciano Spalletti dovrà rispondere dei suoi errori e della sfortunata campagna europea della nazionale.
Convocazioni
Le convocazioni di Luciano Spalletti, seppur in un buon 70% obiettivamente condivisibili, portano comunque con sé alcune macchie e varie zone d’ombra. Se in difesa le sofferte assenze di Scalvini, Udogie e Acerbi hanno spinto l’ex tecnico del Napoli a delle scelte forzate, a centrocampo (visto poi la scarsissimo, se non addirittura nullo, utilizzo durante l’Europeo) non si spiega la convocazione di Folorunsho. Considerate le grandi problematiche nella fase di costruzione della manovra di gioco riscontrate durante la breve avventura azzurra in Germania, probabilmente al suo posto giocatori come Rovella o Ricci sarebbero stati maggiormente funzionali.
E’ però in attacco che sorgono dubbi ancor più gravosi: il reparto offensivo azzurro si fa specchio dell’estrema confusione che ha accompagnato sia il ct di Certaldo, che l’intera squadra per tutto l’Europeo. Se l’idea iniziale era quella di un attacco a 3, perché mancano del tutto ali destre mancine? Urla ancora, infatti, la mancata convocazione di Orsolini, artefice di una stagione stratosferica con il Bologna, oltre che quella di Politano, uno dei pochi salvabili della dimenticabilissima annata del Napoli.
Moduli e questione tattica
Legata alle convocazioni, emerge poi la perenne incognita che ha assorbito la nazionale in tutte e quattro le partite affrontate. Con che modulo giocare?
Nell’unica vittoria azzurra, quella contro l’Albania, più che evidenti le primissime avvisaglie dei radicali dubbi tattici che hanno infestato i pensieri di Spalletti per tutta l’esperienza europea.
L’Italia scende in campo con un 4-3-3 atipico, con Pellegrini a ricoprire il ruolo di ala d’attacco. Palese segnale, questo, della cruciale mancanza di esterni d’attacco.
Nella funesta sconfitta con la Spagna, Spalletti ripropone gli stessi undici: cadono però totalmente i buoni propositi offensivi intravisti nell’esordio con l’Albania. Quella scesa in campo è una squadra che pressa male, costruisce peggio, ed è totalmente scollegata tra i reparti. Ne deriva una partita senza alcuna volontà di potere da parte degli azzurri, che tentano invano di costruire dal basso, ma senza alcuna idea di gioco. Una debacle clamorosa, terminata con un solo gol di scarto solo grazie ai miracolosi salvataggi di Donnarumma.
Ma è nel match con la Croazia che si impone in modo tombale la dura realtà: questa squadra non ha idee. La compagine azzurra scende in campo con il 3-5-2: Chiesa è clamorosamente in panchina e la coppia d’attacco recita i nomi Scamacca – Raspadori. Una gara senza storia, in cui si rivede un’Italia che non ha alcuna idea di come arrivare in area di rigore avversaria, lasciando la palla ai croati. Spalletti, per la prima volta nell’Europeo, tradisce se stesso e la propria idea di Italia aggressiva e di gioco. Senza il gol salvifico e disperato di Zaccagni, non ci sarebbe mai stato un ottavo di finale contro la Svizzera.
E sotto qualche punto di vista, forse sarebbe stato meglio. Contro gli elvetici Spalletti ripropone il 4-3-3, ma lo spartito della gara resta il medesimo delle due precedenti. Squadra titolare conservativa, palla alla Svizzera, confusione degli azzurri nelle uscite dal basso, spazio tra i reparti e pressing disorganizzato.
Nelle 4 gare offriteci dall’Italia ad Euro24, l’unica vera costante è stata, purtroppo, la disorganizzazione tattica e la confusione. Causa di ciò, ovviamente, anche il poco tempo che il commissario tecnico ha avuto per allenare e conoscere la squadra. Ma si poteva sicuramente fare di più.
Giocatori fuori ruolo
Strettamente collegato al tema della confusione tattica, vi è quello dei ruoli in cui i giocatori sono stati schierati. Anche rispetto a quest’ultimo punto, il dibattito è accesissimo.
Se un tecnico non conosce bene la propria squadra – per via del poco tempo avuto per imporre un gioco codificato – allora la prima cosa da fare è proprio quella di lasciar agire i giocatori nel ruoli in cui in precedenza hanno reso con maggiori risultati. Questa è, purtroppo, una regola che Spalletti ha seguito solo in parte. Gli esempi di ciò sono tanti. In primis viene in mente lo schieramento di Pellegrini come esterno d’attacco, giocatore che invece rende al massimo se utilizzato come mezz’ala tecnica. Le prestazioni alla Roma lo dimostrano in maniera inequivocabile.
Altrettanto inequivocabile è che un giocatore come Frattesi, che ha come caratteristica principale i tempi di inserimento partendo da posizione di mezz’ala, non può rendere al meglio se fatto agire nella trequarti avversaria come rifinitore.
Come se non bastasse, pone ancora più domande la scelta di sistemare Darmian, nell’incontro con la Svizzera, nella posizione di terzino sinistro. Nell’Inter, l’ex Manchester United agisce come quinto o, ancora meglio, come braccetto di una difesa a tre. E infatti, contro la Svizzera, Darmian non è riuscito né a rendersi utile in fase offensiva (giocando sul piede meno nobile), né in fase difensiva.
Cambi
Ennesimo errore di Spalletti, in una campagna europea di cui non è chiaramente il solo colpevole, è stato il fattore cambi a gara in corso. Inspiegabili i 360 minuti totali giocati da Di Lorenzo – probabilmente il peggiore dell’Italia dal punto di vista delle prestazioni. Ma, paradossalmente, il più impiegato.
Allo stesso modo, pone vari interrogativi il cambio così tardivo di El Shaarawy in favore di Zaccagni durante Svizzera – Italia. Subdoli anche i cambi ‘ruolo per ruolo’ attuati in Spagna-Italia; proprio nella partita contro le ‘furie rosse’, sarebbe forse stato maggiormente funzionale provare a mettere in campo maggiore qualità per tentare il pareggio.
Conclusioni
L’avventura dell’Italia ad Euro24 porterà con sé tante riflessioni. Spalletti, da uomo intelligente ed allenatore navigato, avrà sicuramente tutte le capacità per mettere ordine ad un gruppo che, ad oggi, non è in grado di esprimere un calcio codificato ed organizzato.
D’altro canto, è esagerato presupporre che questa nazionale abbia bisogno di una totale rivisitazione: per quanto sia sicuramente migliorabile in alcuni ruoli, ha comunque in sé delle risorse umane di estremo valore. Barella, Donnarumma, Chiesa, Bastoni, Calafiori, Dimarco, o i futuri disponibili Scalvini e Udogie, sono solo alcuni dei giocatori da cui sarà indispensabile ripartire. Anche perché, già a settembre, l’Italia sarà chiamata a qualificarsi per un Mondiale che non gioca da ben due edizioni.
E il tempo per le radicali rivoluzioni, non c’è.