Nella serata di martedì 12 agosto, al Mimit – Ministero delle Imprese e del Made in Italy – è stata firmata l’intesa tra Governo e amministrazioni locali per la decarbonizzazione dell’Ex Ilva di Taranto, con l’impegno a sostituire progressivamente gli altoforni a carbone con forni elettrici ad arco (EAF) e a incardinare il tutto in un futuro Accordo di Programma. Il documento fissa anche il calendario politico con la prima verifica dopo il 15 settembre, data limite delle offerte vincolanti per la vendita degli asset.
Tra i firmatari, oltre ai ministeri competenti, Regione Puglia, Provincia e Comune di Taranto, Autorità Portuale, Ilva e Acciaierie d’Italia e DRI, società nata per volere del Governo e del Parlamento allo scopo di studiare la sostenibilità della realizzazione di impianti di produzione di ferro preridotto. Nel pacchetto compaiono anche passaggi sul quartiere Tamburi, relativi alle misure per gli immobili e gli strumenti di politica del lavoro. Grazie ad alcune modifiche apportate al bando di gara, è stata inoltre aggiornata la procedura di vendita, rendendo obbligatoria la decarbonizzazione del sito tarantino.
La cornice regolatoria: AIA e legge di conversione
Il tassello tecnico è arrivato a fine luglio con il decreto di rinnovo AIA dalla validità di 12 anni per Taranto, autorizzando una capacità fino a 6 milioni di tonnellate annue. Mentre si pianifica la riconversione, è già presente una cornice regolatoria che consente la prosecuzione del ciclo integrale, tutte norme chiave per la messa a terra del progetto in tempi compatibili con l’andamento dei mercati.
A valle, il DL 92/2025 è stato convertito nella legge 113/2025 dando all’Ex Ilva finanziamenti fino a 200 milioni nel 2025, su richiesta dei commissari utilizzabili anche da Acciaierie d’Italia per rimanere in vita, con restituzione entro 120 giorni dalla cessione o entro 5 anni. La stessa legge sblocca DRI d’Italia eliminando i vincoli sull’idrogeno “esclusivamente da fonti rinnovabili” e apre alla selezione di un socio privato; inoltre abilita percorsi fast–track per investimenti superiori ai 50 milioni di euro nelle aree ex Ilva con nomina di un commissario ad hoc.
Le dichiarazioni degli esponenti politici coinvolti nell’accordo
Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha sottolineato la necessità di inviare un “segnale positivo” agli investitori che devono presentare offerte per l’Ex Ilva, auspicando che l’intesa sulla decarbonizzazione venga sottoscritta senza esitazioni e ribadendo la volontà di arrivare a una soluzione condivisa che coniughi esigenze ambientali, industriali e occupazionali.
Il sindaco di Taranto Piero Bitetti, collegato in videoconferenza al tavolo al Mimit, ha precisato che è stato firmato “un documento, non un accordo di programma”, che però risponde alle richieste del territorio, tra cui “l’obbligo vincolante della piena decarbonizzazione, la tutela occupazionale come principio inderogabile, e il rafforzamento della rete sanitaria locale”. Ha aggiunto che ora servono tempi certi e compensazioni per Taranto, chiedendo che l’accordo preveda scadenze perentorie e iniziative concrete per il territorio.
Il Presidente Michele Emiliano ha parlato di un giorno storico per la Puglia, affermando che finalmente l’Ex Ilva può rinascere “in armonia con il diritto inviolabile alla vita, alla salute, al lavoro e alla tutela ambientale”. Ha definito la decarbonizzazione dell’area come “il pilastro” dell’accordo, insieme alla tutela dei livelli occupazionali e alla necessità di compensazioni per il territorio.
Europa: pressione regolatoria e vigilanza
Il 7 maggio la Commissione ha inviato un’ulteriore lettera di costituzione in mora all’Italia sul caso Taranto nell’ambito del pacchetto infrazioni, contestando il mancato pieno allineamento alla direttiva emissioni industriali. A luglio è stata aperta un’indagine sulla gestione della procedura d’infrazione da parte della Commissione stessa, il dossier resta quindi ad alta sensibilità a Bruxelles.
Il rinnovo AIA del 25 luglio, dunque, recepisce richiama gli obblighi derivanti anche dalla giurisprudenza UE. Sempre 7 maggio un incidente all’Altoforno 1 ha innestato sequestri e perizie, mettendo in luce la fragilità impiantistica. ARPA Puglia lo registra tra gli “eventi accidentali” del 2025 ma a oggi, la ripartenza dell’impianto è vincolata all’esito delle verifiche giudiziarie e tecniche.
Conclusioni sulla svolta politica
La firma dell’intesa al Mimit rappresenta senza dubbio un passaggio politico che fino a pochi mesi fa sembrava impensabile: per la prima volta la decarbonizzazione di Taranto non è soltanto una prospettiva auspicata, ma diventa un vincolo giuridico, incardinato sia nella procedura di vendita che nel futuro Accordo di Programma.
È un cambio di paradigma che potrebbe ridisegnare il rapporto tra industria e territorio, mettendo la salute e l’ambiente sullo stesso piano della produttività. Eppure, tra le pieghe di questa svolta si celano ombre e incognite: l’Europa continuerà a vigilare sul rispetto della direttiva emissioni industriali e sulle prescrizioni AIA, le fragilità impiantistiche, rese evidenti dall’incidente all’Altoforno 1, restano irrisolte, e il mercato dovrà dimostrare di poter attrarre investitori disposti a finanziare forni elettrici e DRI in tempi compatibili con le scadenze ambientali e industriali.
Il 15 settembre, con la consegna delle offerte vincolanti, sarà il primo vero banco di prova in cui si capirà se il “giorno storico” evocato dai protagonisti politici sarà l’inizio di una transizione industriale concreta o l’ennesimo esercizio retorico destinato a infrangersi contro la realtà dei bilanci e delle complessità autorizzative. In gioco non c’è solo il destino dell’Ex Ilva, ma la credibilità stessa di un Paese che da decenni promette a Taranto salute, lavoro e ambiente e che oggi, più che mai, è chiamato a dimostrare di poterli garantire insieme, senza più rinvii, deroghe o alibi.
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