Si è conclusa sabato 15 febbraio la “Settimana Santa” di Sanremo con la vittoria di ‘Balorda nostalgia’, il secondo brano sanremese del cantautore genovese Olly.
Il ritorno di Carlo Conti
Il ritorno alla conduzione dopo otto anni di Carlo Conti non è stato privo di critiche da parte della stampa e del pubblico, soprattutto a causa della volontà del direttore artistico di mantenere il Festival “apolitico”. Quello che ci si chiede è se veramente un programma incentrato sulla musica e sulla cultura pop, che è guardato dal 75% della popolazione, ed è quindi un riflesso dello stato della nazione, possa non essere politico.
“L’apoliticità non esiste. Tutto è politica”: così diceva giustamente Thomas Mann. Cercare di rendere non politico un luogo fondato sull’arte delle parole è impossibile. Carlo Conti aveva manifestato dichiaratamente l’intenzione di focalizzare la sua scelta dei testi su temi sentimentali e non politici. Chiaramente il sentimento umano, come ogni altra cosa, è politico, perché non può esistere senza un contesto. Lo dimostrano il testo di Simone Cristicchi, ma anche quello di Fedez e di Lucio Corsi, che parla di bullismo e della forzata competitività della società a noi contemporanea. La critica della giornalista Selvaggia Lucarelli al testo di ‘Quando sarai piccola’, da lei definito “forse poco onesto” nel parlare della malattia della madre del cantautore, ci rende chiaro quanto anche le canzoni sentimentali e non dichiaratamente schierate in realtà lascino spazi a polemiche politiche.
Simone Cristicchi e Fedez
Per la giornalista del Fatto Quotidiano, Cristicchi avrebbe romanticizzato una malattia che “di romantico ha ben poco”, tralasciando gli aspetti più complessi dello stare accanto a qualcuno che soffre di malattie degenerative. Nelle parole della Lucarelli c’è una verità di fondo, ma questo non toglie che un figlio che soffre accanto al proprio genitore per la sua condizione non possa avere diritto ad un momento catartico.
C’è poi Fedez, personaggio politico anche quando non vorrebbe esserlo. Tutti pensavano, data la vagonata di gossip anche fuori luogo precedenti al Festival, che il testo della sua canzone sarebbe stato di diversa natura. Con non poca sorpresa generale, il rapper milanese è riuscito ad accaparrarsi buonissime posizioni in classifica quasi tutte le sere, parlando dello strazio di dover vivere una relazione tormentata e tossica con i propri problemi di salute mentale.
Gli altri concorrenti
In un’intervista con Rockol, Willie Peyote, che non si è mai fatto problemi ad essere un autore politico, ha spiegato la sua scelta, da molti criticata e definita addolcita, di alleggerire il messaggio della propria canzone sanremese, in un contesto in cui a parer suo il dissenso non piace molto e c’è il rischio di trovarsi davanti un muro. “Un po’ ho voluto disturbare. Mi piace prendere in giro Sanremo, perché ha questa allure d’istituzionalità, che in realtà è tradizione. È come la cena di Natale con i nonni e gli zii: c’è qualcuno che parla di politica, ma se parli di politica si litiga”.
È politica persino la firma dei pezzi. Sono stati solo undici gli autori dei ventinove brani in gara, creando omogeneità e una ricorrenza nelle sonorità di quasi tutte le canzoni. Un sapore amaro in bocca quello che ci è lasciato dalla consapevolezza che è il marketing a regnare sovrano relativamente alla scelta dei brani e al corso della manifestazione.
Creatività
A salvarsi dalla lobby degli autori e dei produttori sono proprio i testi del podio; ha trionfato dunque la creatività. Basti pensare a Lucio Corsi, artista a tutto tondo, che si stacca dalle dinamiche commerciali che si celano dietro alla competizione e arriva sul palco dell’Ariston con vestiti facenti parte del proprio armadio, da lui stesso cuciti e impreziositi per la kermesse canora: per formare le spalline delle sue giacche pacchetti di patatine. La vittoria del cantautorato, in controtendenza rispetto al resto del Festival, è una boccata di aria fresca, ma lascia comunque alcune perplessità rispetto allo stato attuale dell’industria musicale italiana.
Questioni di genere
Mentre nel mondo anglofano regnano sovrane le donne, che dominano le classifiche e i premi musicali (Taylor Swift, Chappel Roan, Olivia Rodrigo, Charli XCX…), in Italia persino icone storiche della musica leggera come Giorgia faticano a entrare tra i primi cinque classificati di Sanremo. Guardando al quadro generale della salute dell’industria musicale italiana non c’è però da sorprendersi. Un’indagine della SAE dimostra come l’industria musicale, che è il settore locomotore per impiego tra quelli creativi in Italia, abbia un problema con la questione di genere. I dati mostrano come le donne siano sottorappresentate in tutti i contesti, dalla produzione all’esecuzione artistica stessa.
Nel 2021 le musiciste erano solo il 14,1% del totale degli artisti presenti nelle classifiche streaming nel Paese, e i ruoli da interpreti primari dei brani erano solo l’8,3% rispetto a un 91,7% maschile. È forse ora che questo settore si prenda le sue responsabilità e cerchi modi di far splendere i talenti femminili che ne fanno parte, dandogli lo stesso spazio e le stesse possibilità che ci sono altrove e che sono date agli uomini, senza assecondare il bias cognitivo che investe tutti noi, secondo il quale a parità di qualità sceglieremo sempre la figura maschile su quella femminile.
Dal 2021 ad oggi la situazione non è decisamente migliorata dal punto di vista delle performance, ma forse un miglioramento c’è stato nell’atteggiamento generale nei confronti delle donne al Festival. Un po’ ha collaborato Francesca Michielin che è riuscita a far dare i fiori sia a uomini che a donne senza l’imbarazzo che si era creato in passato; un po’ ha aiutato il modo di porsi di Carlo Conti nei confronti delle conduttrici che lo hanno affiancato nel corso delle serate, rese meno Veneri intoccabili e più colleghe alla pari.
Conclusioni
Tutto ciò ci dimostra comunque che è difficile slegare questo tipo di manifestazione da argomenti politici, che permangono nonostante tutto, sempre e comunque. È possibile quindi un Festival apolitico? Grazie, ma no grazie.
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