Rispetto all’Antartide, affrontata in un articolo del 6 dicembre 2024, delle strategie geopolitiche sull’Artide (Polo Nord) si parla molto più apertamente. Un articolo fondamentale, per comprendere quale gioco l’Europa stia mettendo in atto sull’Artico e quali sono gli altri attori sulla scena, è quello pubblicato il 21 ottobre del 2021 dall’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) e redatto da Alessandro Gili e Alberto Rizzi.
Le strategie dell’Unione europea
Il 13 ottobre del 2021 la Commissione europea ha presentato la propria strategia per l’Artico: tale documento si rivela di fondamentale importanza e rappresenta un punto di passaggio chiave per la politica europea. Esso si pone tre obiettivi fondamentali:
• contribuire al mantenimento del dialogo e della cooperazione cambiando il panorama geopolitico, mantenendo così l’Artico sicuro e stabile. Va, inoltre, aumentata e promossa la cooperazione regionale in previsione strategica delle sfide emergenti in materia di sicurezza;
• affrontare le sfide ecologiche, sociali, economiche e politiche che si presentano come conseguenze del cambiamento climatico. È, inoltre, necessaria un’azione forte per contrastare il cambiamento climatico ed il degrado ambientale in atto presso la regione artica, cambiamento, questo, che rende più pericolosa tutta la zona. È, inoltre, necessario un accordo legislativo che vada a regolarizzare lo sfruttamento di black carbon, dovuto al rapido scongelamento del permafrost;
• favorire lo sviluppo inclusivo e sostenibile delle regioni artiche, il beneficio degli abitanti e dei posteri, date le esigenze dei nativi (uomini, donne e giovani) e, in futuro, creare posti di lavoro derivanti direttamente dall’utilizzo di energie rinnovabili.
C’è però da chiedersi come mai all’improvviso l’Europa abbia iniziato ad interessarsi dell’Artico. L’Europa aveva già messo in atto una prima strategia nel 2016, ma in quella sede non si assunsero posizioni forti come in questo caso. Negli anni che intercorsero tra la stesura dei due documenti molti analisti avevano la repentina necessità di aggiornare la posizione europea sulla questione, poiché «ormai abbondantemente superata dagli sviluppi sul campo». Necessità, questa, dettata anche dal fatto che tre Stati membri – Danimarca, Svezia, e Finlandia – hanno parte del proprio territorio all’interno del Circolo Polare Artico.
La Russia dopo l’invasione dell’Ucraina: un nuovo piano per l’Artico
La posizione dell’Europa necessiterebbe però un ulteriore aggiornamento geopolitico sull’Artico, che possa superare quello del 2021, dato che lo scoppio del conflitto russo-ucraino ha rovesciato nuovamente le carte in tavola.
Lo scoppio della guerra ha, infatti, sancito la sospensione dei lavori del Consiglio Artico. Dal 2021 fino a maggio 2023 la Presidenza del Consiglio Artico è spettata a Mosca, perciò con lo scoppio della guerra, Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia, Svezia e Stati Uniti hanno concordato di interrompere gli incontri ufficiali e le attività dell’organismo.
La Russia sta portando avanti da sola i progetti sull’Artico e le sue mire in tutta la zona si accendono sempre più. Il Consiglio Artico nacque nel 1996 come «forum di coordinamento fra gli stati artici e gli organismi che rappresentano le popolazioni indigene». Va detto che il Consiglio fu un mezzo necessario, poiché l’URSS si era da poco disgregata e ci si era resi conto che l’Artico era geopoliticamente strategico, andava, dunque, amministrato in condivisione. Inoltre, fra i primissimi obiettivi del Consiglio vi erano «la promozione di uno sviluppo sostenibile e la protezione di clima e ambiente nella regione polare».
Durante gli anni di pace, anche quando l’URSS era ancora in piedi, moltissimi furono gli accordi siglati per il controllo, la salvaguardia e la regolamentazione dell’Artico, tra questi è opportuno sicuramente ricordare: la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS) del 1982, l’Artic Climate Impact Assesment (ACIA) del 2004, la Dichiarazione di Ilulissat del 2008 e il nuovo accordo siglato tra Stati Uniti, Canada e Finlandia Icebreaker Collaboration Effort (ICE Pact).
Russia e Cina: un piano condiviso
Dallo scoppio del conflitto in Ucraina, la Russia sta portando avanti un piano condiviso con la Cina sulle strategie artiche. In precedenza Mosca vedeva Pechino sì come un buon partner per mettere in pratica la propria strategia sull’Artico, ma allo stesso tempo cercava di limitarne l’influenza, tentando di mantenere un ruolo di partner capofila.
Oggi, invece, la Russia si trova isolata dall’occidente e sotto sanzioni, ha, dunque, un bisogno vitale di un partner come quello cinese, decidendo perciò di mettersi allo stesso livello di quest’ultima e di condividere le strategie artiche. Nel pratico la cooperazione tra le due ha preso avvio nello Yamal, «ove la russa Rusitan e la cinese China Communications and Construction Company hanno firmato un accordo di partenariato per lo sviluppo di un progetto di estrazione di materiali che serviranno, fra le altre cose, per costruire un nuovo gasdotto». Questo progetto si rivela di vitale importanza strategica per la Russia,dal momento che da qui partirà il gasdotto che, passando per la Mongolia, giungerà sino alla Cina, colmando il crollo delle esportazioni verso l’Europa dovuto alla guerra.
Va però detto che la Russia durante gli ultimi anni di conflitto ha speso quasi 270 miliardi di dollari, 140 solo nel 2024, ed è dunque difficile credere che possa permettersi di spendere ulteriori somme per portare a termine i progetti artici. È proprio in questo momento che entra in gioco attivamente come partner la presenza cinese, «sia attraverso l’uso sistematico di nuove rotte sia attraverso l’acquisto e lo sfruttamento delle risorse presenti».
Conclusioni
Appare auspicabile che l’Europa, supportata dalla NATO, possa trovare una rapida soluzione strategica all’avanzamento russo-cinese nell’Artico. In concreto cosa si sta facendo? NATO ed Europa vorrebbero attuare un blocco all’espansione sino-russa in Scandinavia, ma ancora nulla è stato messo in pratica, poiché, proprio come la Russia, sono entrambe impegnate economicamente nel conflitto e non possono permettersi ulteriori spese. Inoltre, l’insediamento di Trump a gennaio 2025 porta enormi preoccupazioni all’Europa, che teme di trovarsi isolata.