Lo scenario geopolitico porta a profonde riflessioni in termini di rapporti commerciali e diplomatici con gli Stati e tra gli Stati. Il rischio geopolitico che si sta correndo, soprattutto negli ultimi due anni, ha mostrato quanto importante siano i rapporti tra Stati. E’ fondamentale capire che lo scontro tra comunità differenti avrà ripercussioni sul tessuto sociale, economico e industriale dei singoli Stati.
La geopolitica dell’energia e il rapporto tra Stati
Quando parliamo di “geopolitica” non dobbiamo pensare solo alla geopolitica che vediamo, vale a dire i rapporti tra stati, ma dobbiamo pensare anche alla geopolitica ‘che non vediamo’: quella fatta di rapporti protetti, come ad esempio gli accordi a livello energetico o per la distribuzione del gas. Si tratta di un tema molto ampio e al contempo delicato, considerando che il fabbisogno energetico a livello globale è in espansione, ma anche è soggetto a crisi più o meno lunghe, più o meno gravi. Le crisi che in questi ultimi due anni hanno sconvolto alcune delle aree – basti pensare alla Russia, ma anche al Medioriente – hanno condizionato in maniera profonda le scelte politiche dei Governi sia a livello nazionale, che come comunità (se si pensa all’Unione Europea e, quindi, alla guerra tra Russia e Ucraina).
Non a caso, la guerra in Ucraina ha portato a una vera e propria concatenazione di cambiamenti e di effetti a livello geopolitico. Perché soffermarsi su questo? Perché nella zona dell’Eurasia le dinamiche che stanno influendo maggiormente sui cambiamenti riguardano i rapporti tra Stati come Russia, Kazakistan, Uzbekistan. Tutto questo è dovuto all’interesse per le nuove fonti di energia rinnovabili, considerate una valida alternativa agli idrocarburi.
Ad oggi, non può essere sottovalutato il ruolo che hanno – e avranno – attori internazionali come Cina, India, Iran, Emirati Arabi perché le ricadute economiche e quindi anche politiche sono parti intrinseche dei rapporti tra Stati. La geopolitica è anche una ‘lotta’ per il controllo di aree geografiche, cioè di aree ricche di materie prime che possono essere vendute oppure essere oggetto di scambio nei rapporti internazionali.
Molti Stati non sono autonomi a livello energetico e quindi sono in qualche modo “costretti” a dipendere da altri: basti pensare a quando, nel 2022, scoppiò la guerra tra Russia e Ucraina. Fin da subito l’emergenza che si presentò agli Stati europei era quella del rifornimento del gas che all’epoca proveniva principalmente dalla Russia; questo aveva portato ad un forte incremento dei prezzi e dei costi del gas e dell’energia. All’epoca fu subito evidente l’importanza della Russia in termini commerciali, proprio perché la quest’ultima era il maggior fornitore di gas naturale per l’Unione Europea tramite i gasdotti Nord Stream 1, Northern Lights, Yamal-Europa, Blue Stream, South Stream. L’UE si è trovata a dover far fronte alla ricerca di nuovi partner energetici per poter garantire ai cittadini europei sufficienti forniture di gas.
Il contesto geopolitico fortemente instabile nel quale ci troviamo a vivere mostra le fragilità e le rivalità tra Stati e potenze, tra cui Stati Uniti e Cina. Le forti tensioni, pronte sempre a sfociare in una strada di non ritorno, mostrano quanto debole sia la diplomazia e quindi il ruolo che essa dovrebbe ricoprire. Proprio per questo motivo, quando parliamo di geopolitica dell’energia dobbiamo giungere a profonde riflessioni che devono sfociare in scelte strategiche.
Da ultimo, il Medioriente in fiamme complica ulteriormente un dialogo già complicato. Qui l’Egitto ha mostrato una ‘insicurezza’ a livello energetico anche a causa della crisi economica e finanziaria e della sua profonda instabilità. Infatti, dopo il 7 ottobre 2023, le forniture di gas all’Egitto sono state interrotte per circa un mese, portando così alla dipendenza dell’Egitto da Israele. Quest’ultimo potrebbe usare questa leva, nonché giocare con questa risorsa, durante i negoziati. La guerra tra Israele ed Hamas da mesi minaccia profondamente i fragili equilibri internazionali. Gli Stati vicini, vale a dire Egitto, Giordania, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar hanno sempre cercato forme di dialogo per giungere ad un qualche accordo anche con l’intervento degli Stati Uniti; una “deflagrazione” nell’intero Medioriente rappresenterebbe una strada senza ritorno. I tentativi di negoziazione che si stanno susseguendo da tempo, ma senza esiti positivi.
Transizione energetica
La geopolitica dell’energia non può sottovalutare la transizione ecologica ed energetica, che dovrebbe portare ad un incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili che superiore al 50% entro il 2030.
Chiaramente anche la transizione energetica ha dei pro e dei contro. Da una parte, sicuramente consentirà all’Europa di diventare maggiormente autonoma e indipendente dal petrolio e dal gas, che sono sempre al centro dei maggiori problemi geopolitici e dei rapporti tra Stati. Ciò significherà creare un sistema che non ri-presenti le criticità che il “vecchio” sistema ha avuto e continua ad avere. Gli sconvolgimenti geopolitici dovranno portare l’Europa a raggiungere la Net Neutral. Con questa dicitura, si intende sottolineare che l’Europa punta ad essere climaticamente neutra entro il 2050. Ci si orienta all’indipedenza da attori geopolitici che, per anni, sono stati interlocutori dell’Europa.
Il ruolo dell’Italia
Anche l’Italia, in questi ultimi anni, sta cercando di avere un ruolo in questo contesto geopolitico. Non va dimenticato che i rischi maggiori possono derivare dalla destabilizzazioni dell’area subsahariana e del Sahel, ma anche di territori come il Niger. Inoltre, la Nigeria è uno dei maggiori esportatori di gas africano insieme all’Algeria: proprio per questo motivo il Governo italiano ha iniziato a strutturare un piano denominato “Piano Mattei” che, purtroppo, sta mostrando la sua precarietà nonostante una delle priorità del Piano è la ricerca della stabilità della Libia. Un piano che dovrebbe rappresentare un “progetto di rinnovamento della politica italiana in Africa”[1] e che dovrebbe consentire all’Italia si riacquistare un ruolo nel Mediterraneo e in Africa, oltre che a livello internazionale. L’Italia, e quindi anche l’Europa, vorrebbe tentare una stabilizzazione perché da qui passa anche la questione migratoria che per entrambi gli attori rappresenta un punto cruciale.
La legge 2/2024 “adotta il piano strategico Italia-Africa: Piano Mattei, un documento programmatico-strategico volto a promuovere lo sviluppo in Stati africani”: qui vengono elencati i settori di intervento, oltre che di priorità. E’ stato previsto uno stanziamento di risorse pari a 5,5 miliardi di euro tra “operazioni a dono, crediti e garanzie”. 3 miliardi di euro provengono dal fondo italiano per il clima, 2,5 miliari di euro provengono dalle risorse della cooperazione allo sviluppo.
Il Piano Mattei prospettato dal Governo è sicuramente un progetto complesso e articolato, ma saranno proprio le sue articolazioni a rappresentare i maggiori ostacoli ad un suo concreto e reale sviluppo. I Paesi africani coinvolti (almeno fino al momento) sono Marocco, Tunisia, Algeria, Egitto, Costa d’Avorio, Etiopia, Kenya, Repubblica democratica del Congo e Mozambico; i pilastri su cui dovranno concentrarsi sono energia, acqua, agricoltura, salute, istruzione.
Conclusioni
Ogni crisi dimostra quanto ogni Paese e ogni comunità sia in qualche modo dipendente dall’altra. Lo scenario globale è sempre più sconvolto da eventi che potremmo definire “straordinari”: l’Europa per sopravvivere dovrà essere in grado di avere una leadership; dovrà dimostrare di avere una certa influenza, proprio perché è maggiormente dipendente da altri Stati a livello energetico.
La Cina, per la gran parte, è autonoma a livello energetico e dipende solo per un 20%, mentre gli Stati Uniti sono autonomi e indipendenti a livello energetico.
[1] https://www.esteri.it/wp-content/uploads/2024/07/ISPI_FPC-Piano-Mattei.pdf