8 settembre 2024: secondo anniversario dalla morte di Elisabetta II.
8 settembre 2024: il primo ministro britannico Keir Starmer difende la decisione di rimuovere dal proprio studio personale al N° 10 di Downing Street il ritratto di Margaret Thatcher.
In un sol dì il Regno Unito – e ancor di più l’Inghilterra – ha perso, simbolicamente, le sue Regine contemporanee. O forse no.
Ab Londinio condita
Facciamo un passo indietro. Nel 1977, giubileo d’argento (primi 25 anni di regno, per noi laici felici) dell’ex sovrana, esce il singolo God Save The Queen dei Sex Pistols. Titolo e tempismo, con un testo provocante e un ritmo che prende, creano una combinazione perfetta per la società inglese del tempo, divisa tra nostalgici dei fasti (fasti per chi?) imperiali e i movimenti giovanili di ribellione. Ovviamente, i Sex Pistols raccolgono le critiche dei vittoriani non ancora disillusi: tradimento! Non toccate la monarchia! Non toccate lo Spirito del Regno!
Il cantante Johnny Rotten spiega: «Non si scrive una canzone come God Save the Queen perché si odiano gli inglesi. Si scrive una canzone come questa perché si amano e si è stanchi di vederli maltrattati». E il batterista Paul Cook specifica: «Non è stata scritta specificatamente per il Giubileo della regina. Non eravamo informati di questo all’epoca, non era un’opera studiata a tavolino per venire fuori e scioccare tutti». Gira e rigira, si scopre che il gruppo aveva dato come titolo No Future, che – al di là della provocazione di God Save – è il tema centrale e l’origine ispiratrice del brano, oltre che il ritornello tambureggiante nelle tempie.
È stato poi il manager Malcolm McLaren a scegliere il titolo definitivo, fiutando da volpone professionista l’occasione ghiotta e ficcandosi tra le pieghe calde della società. Col senno di poi, senza dubbio una mossa azzeccata. Con buona pace dell’ispirazione dei Sex Pistols, anche se il loro No Future sarebbe diventato uno slogan punk e rock imprescindibile.
Quello che né il gruppo, né McLaren né tantomeno i vittoriani potevano immaginare è che la corona i sarebbe presto raddoppiata.
La mancanza di futuro, l’immaginario ristretto e classista dell’aristocrazia, il «regime fascista» del governo britannico, il folklore dell’istituzione reale, il terrore atomico e l’imbarbarimento culturale della società dei consumi e dello spettacolo – questi feelings che innervano la canzone diventano solo sintomi dell’era che si stava aprendo. Arrivava una sovrana più realista della regina: iniziava il thatcherismo.
Con la Lady di Ferro (perché una donna o è “dura” come un maschione oppure non è considerata valida dai vecchi poteri) la società scompare, l’alternativa politica pure. Esiste il mercato, esistono le oligarchie economiche, la deregulation, l’homo homini lupus e lo Stato-poliziotto (a cavallo, magari, mentre pesta i minatori in sciopero nel 1984): il neoliberismo in economia e la sudditanza dei servizi sociali al PIL diventano i nuovi mantra politici.
Da allora, e nonostante – anzi, con l’attiva complicità culturale e spesso amministrativa di – i governi Blair, Tories e laburisti si sono avvicendati ripetendo a pappagallo, pur in diverse salse, questi mantra.
Inventare il futuro (ma poi ci stanchiamo…)
Il 4 luglio 2024 il Labour di Starmer vince le elezioni, in modo meno spettacolare e sicuramente con meno appeal ideologico di quanto poteva fare, anche di quanto aveva fatto il bistrattato predecessore Corbyn nel 2017, a ben vedere.
Starmer è un moderato di centrosinistra, non un radicale. Si barcamena tra una base laburista spesso più socialisteggiante e un’élite radicata nelle tradizioni monarchiche: un compito non facile, che ancora non possiamo giudicare.
Si può facilmente valutare, invece, la mancanza ancora oggi del futuro sentita già dai Sex Pistols. Il governo laburista attuale è, persino più dell’epoca di Blair, incapace di tradurre in politiche o almeno narrazioni le istanze più progressiste della società britannica. Non riesce a decodificare i delusi dalla Brexit, i no-global, gli emarginati dalla crisi del 2008 e da quella del 2020, neppure le aspirazioni – a volte vaghe, a volte ben precise – di quanti si sforzano di «inventare il futuro».
Inventare, come dal titolo del libro accelerazionista di Srnicek e Williams del 2013, e non solo aspettare il futuro. Se esso non esiste nei flussi del capitalismo finanziarizzato del thatcherismo, se esso è decapitato della possibilità di un’alternativa reale – allora il futuro non può che essere costruito da zero, iniziando proprio dalle basi, cioè immaginarlo.
Oppure, per parodiare Troisi, ripartire da tre: 1) il benessere delle persone e dell’ambiente, 2) la democrazia come processo (sociale) e non solo procedura (burocratica), e 3) le pari opportunità. In quest’ordine.
Ritorniamo dunque ad oggi, all’anniversario di Elisabetta e al ritratto sfrattato. Occasioni per un ripensamento generale, anche di fronte alla violenza dei pogrom contro britannici di origine straniera (non bianca, s’intenda) e immigrati scatenatasi quest’estate. Occasioni che però non sono state usate fino in fondo. Meglio, non sono state usate proprio per niente.
Il Labour ufficiale è supermonarchico, ben oltre il rispetto umano per la salute del re Carlo III. Repubblica? Cos’è, si mangia? E Starmer ha fatto lo gnorri: il ritratto, dice, l’ha rimosso solo perché se uno sguardo lo fissa si deconcentra mentre studia i dossier. Quindi ha fatto installare un paesaggio naturale, così l’urgenza del cambiamento climatico può fissarlo meglio. No, scherzo, ha solo fatto installare un paesaggio naturale perché lo rilassa. Ipse dixit.
È un particolare di non poco conto che quel ritratto di Thatcher era stato commissionato da Gordon Brown, ultimo premier laburista prima di Starmer e fedele successore di Tony Blair. Era stato eseguito in occasione della visita della Lady al N° 10 e pagato (100 000 sterline: non aggiungiamo commenti sul rapporto qualità/prezzo) da un generoso donatore anonimo. A Brown lo sguardo ha deconcentrato molto, dato che dopo la sua permanenza come primo ministro sono seguiti quattordici anni di governi conservatori, con le mani slegate – dalla Brexit alla guerra culturale, dagli scandali del gabinetto di Boris Johnson alle barbare politiche antimigranti, ed altre amenità.
«God save the Queen
We mean it, man
We love our Queen
God saves!»