Martedì sera l’Iran ha lanciato oltre 180 missili, principalmente balistici, contro Israele come rappresaglia per l’uccisione di diversi esponenti di alto livello dell’Asse della resistenza, un’alleanza di milizie e alleati di Teheran nella regione mediorientale. Durante l’attacco, la maggior parte dei civili israeliani si trovava nei rifugi anti-aerei; l’unica vittima registrata è stata un palestinese di 38 anni, ma la valutazione dei danni appare più complessa rispetto al numero di morti.
Le autorità israeliane hanno promesso una risposta, affermando che l’aggressione non resterà impunita. Secondo fonti giornalistiche, la reazione di Tel Aviv potrebbe arrivare a breve. Sebbene alcuni analisti considerino la situazione un déjà vu, le mosse future di Israele e dell’Iran restano comunque imprevedibili.
Cosa succederà?
L’Iran aveva diversi motivi per colpire Israele, tra cui l’uccisione del suo alleato Nasrallah e l’invasione in corso in Libano. L’attacco è stato simile a quello avvenuto lo scorso aprile, quando Teheran rispose a un raid contro la sua ambasciata a Damasco con missili da crociera e droni per saturare le difese israeliane. Questa volta, i missili iraniani hanno impiegato circa 12 minuti per raggiungere i propri obiettivi: un’azione più decisa rispetto al passato, ma comunque preannunciata tramite fonti americane e russe, permettendo a Israele di prepararsi. Gli Stati Uniti, con cacciatorpediniere nel Mediterraneo orientale, hanno giocato un ruolo cruciale nell’intercettare i missili, mentre Giordania e Iraq hanno chiuso il proprio spazio aereo. Il messaggio iraniano sembra chiaro: nonostante le difese aeree israeliane e il supporto americano, alcuni missili sono riusciti a superare lo sbarramento, suggerendo che un attacco più massiccio potrebbe causare danni significativi.
Israele, attraverso il primo ministro Benjamin Netanyahu, ha dichiarato che risponderà con forza all’attacco iraniano. Secondo quanto riportato da Axios, Tel Aviv sta pianificando una “significativa rappresaglia” nei prossimi giorni, che potrebbe includere attacchi contro impianti petroliferi e altri obiettivi strategici in Iran. Tra le opzioni valutate, c’è anche la possibilità di colpire siti nucleari iraniani, già bersaglio di sabotaggi in passato. Il dossier nucleare è una preoccupazione costante per Netanyahu, indipendentemente dal reale avanzamento dell’Iran verso l’arma atomica.
In caso di attacco su larga scala, Teheran ha avvertito che ci sarà una rapida contro-risposta, aumentando la preoccupazione. In un episodio simile ad aprile, l’Iran si era ritirato dopo un attacco limitato israeliano su una base vicino a Isfahan. Tuttavia, questa volta, il rischio di un’escalation maggiore appare più concreto, dato che entrambe le parti sembrano pronte a rilanciare le ostilità.
La situazione in Libano e il coinvolgimento degli Stati Uniti
Nonostante Israele continui a descrivere la propria invasione come “limitata” e ribadisca che non ci sarà “alcuna occupazione prolungata” – evitando però di specificarne la durata – il numero delle vittime dell’offensiva israeliana in Libano ha superato le 100 persone nelle ultime 24 ore. Per la prima volta, i raid israeliani hanno preso di mira il più grande campo profughi palestinese in Libano.
Parallelamente, l’esercito israeliano ha intensificato le operazioni in Cisgiordania, con incursioni e arresti, mentre a Nablus i soldati hanno ostacolato l’intervento delle ambulanze per soccorrere un uomo ferito durante un raid. Tuttavia, queste operazioni, inclusa l’invasione del sud del Libano, vengono presentate come coerenti con il diritto di Israele di difendere i propri cittadini e garantire il ritorno in sicurezza dei civili nelle loro case, secondo fonti del dipartimento di Sicurezza americano.
Sullo sfondo, alcuni membri dell’amministrazione Biden, come riportato dal New York Times, considerano questo momento un’opportunità strategica per indebolire Hezbollah: una posizione, questa, che trova eco anche tra esponenti repubblicani. Il presidente della Camera, il repubblicano Mike Johnson, ha esortato l’amministrazione Biden a cessare le sue “controproducenti richieste di cessate il fuoco“, mentre Jared Kushner, genero di Donald Trump e responsabile della politica mediorientale sotto la sua presidenza, ha affermato che la strategia migliore per gli Stati Uniti sarebbe di spronare Israele a “completare l’operazione“. Queste dinamiche rivelano come, soprattutto quando si tratta di Israele, le divisioni politiche interne agli Stati Uniti tendano a sfumare in favore di una certa convergenza tra le posizioni dei due principali partiti.
La situazione attuale
Il Medio Oriente, oggi, è molto diverso rispetto a qualche mese fa. L’apertura del fronte libanese, culminata con l’uccisione di Hassan Nasrallah, ha trasformato radicalmente lo scenario. Alcuni sostengono che i missili iraniani abbiano fornito a Israele il pretesto per un attacco diretto, ma la domanda è: Tel Aviv aveva davvero bisogno di una ‘scusa’ ?
Netanyahu, che ha recentemente parlato di un possibile “nuovo ordine” in Medio Oriente, potrebbe considerare questo il momento giusto per affrontare l’Iran in modo deciso. Il rischio, però, è che Israele si trovi a gestire troppi fronti contemporaneamente. Oltre a Gaza, che rimane una costante, seppur in secondo piano, il vero pericolo potrebbe essere il fronte interno. La demografia gioca un ruolo cruciale per Israele, e un conflitto su più fronti potrebbe mettere a dura prova le capacità del paese. Netanyahu dovrà bilanciare la volontà di colpire l’Iran con la necessità di evitare un’escalation che potrebbe destabilizzare ulteriormente la regione e il suo stesso paese.
L’attacco iraniano ha messo in luce ancora una volta la riluttanza di Teheran a lasciarsi coinvolgere completamente in un conflitto regionale. Nonostante l’attacco sia stato più incisivo rispetto a quello di aprile, diversi elementi del modo in cui è stato eseguito suggeriscono che l’Iran volesse ristabilire un certo livello di deterrenza nei confronti di Israele, senza però precludersi del tutto le possibilità di evitare un’escalation totale.
Mentre si attende la risposta israeliana, l’intento iraniano sembra essere stato quello di mostrare il potenziale impatto destabilizzante che il suo coinvolgimento potrebbe avere nella regione. Tuttavia, l’operazione non sembra alterare gli equilibri nei teatri di Gaza e del Libano, dove Israele continua a operare senza interferenze sostanziali, lasciando i gruppi alleati di Teheran a gestire la situazione in modo autonomo.