“Stiamo assistendo a uno scenario in cui i genitori non possono più fornire assistenza e nutrimento ai propri figli a causa della violenza in corso, della povertà estrema e di una persistente crisi economica“. Sono le parole drammatiche di Geeta Narayan, rappresentante dell’UNICEF ad Haiti, un Paese che, a meno di interventi straordinari, sembra essere destinato all’oblio.
La crisi politica
La perdurante paralisi politica in cui Haiti versa da anni ha generato un vuoto di potere profondo, in cui le istituzioni nazionali si sono progressivamente svuotate di legittimità, lasciando spazio a un’autorità contesa tra gang armate e frammenti della classe politica. L’istituzione del Consiglio Presidenziale di Transizione – un organo provvisorio composto da nove membri – è solo l’ultimo tentativo di rianimare un sistema statale allo stremo.
Tuttavia, il vero controllo del Paese non risiede nelle mani del Consiglio, bensì in quelle delle organizzazioni criminali che da tempo tengono in ostaggio la nazione. Queste gang non solo seminano il terrore tra la popolazione, ma compromettono quotidianamente il soddisfacimento dei bisogni più elementari: dal trasporto pubblico alla distribuzione di aiuti umanitari forniti da ONG e organizzazioni sovranazionali.
La «gangsterizzazione»
L’esistenza di queste bande è tutt’altro che recente. Ormai consolidate nella struttura sociale ed economica dell’isola, hanno accresciuto il proprio potere al punto che, secondo analisi indipendenti, circa l’85% della capitale, Port-au-Prince, sarebbe oggi sotto il controllo diretto di clan armati. Questi gruppi non si contendono soltanto i traffici illeciti, ma ambiscono apertamente al potere politico, stringendo alleanze e corrompendo figure istituzionali, in un intreccio perverso che ha trasformato lo Stato in un campo di conquista.
È soprattutto durante la presidenza di Jovenel Moïse (2017–2021) che tali dinamiche hanno trovato terreno fertile, in un periodo che molti definiscono come l’inizio della “gangsterizzazione” di Haiti. Secondo il National Human Rights Defense Network (RNDDH), attualmente sarebbero attive nel Paese circa 90 bande armate, ma solo 9 – unite in una sorta di consorzio criminale – costituiscono il cuore pulsante della violenza. Sono loro a seminare morte e paura nelle strade, causando ogni giorno vittime tra civili e forze dell’ordine, in una spirale di violenza ormai fuori controllo e che si consuma con le numerose sparatorie e faide armate.
La crisi umanitaria
Secondo le stime dell’UNICEF, oltre un milione di bambini ad Haiti è esposto a livelli critici di insicurezza alimentare. In termini concreti, significa che più di un milione di minori non riesce ad accedere nemmeno a un pasto al giorno.
In un Paese dove mancano i servizi essenziali, la carenza di cibo è il segnale più allarmante di una crisi sistemica che coinvolge l’intera popolazione infantile: ben 2,85 milioni di bambini – praticamente la totalità dei minori haitiani – vivono in condizioni di insicurezza alimentare. A confermare questa drammatica realtà è l’ultimo rapporto dell’Integrated Food Security Phase Classification (IPC), pubblicato pochi giorni fa, che documenta una delle peggiori emergenze umanitarie vissute dall’infanzia globale negli ultimi decenni.
Ma la scarsità di cibo e acqua potabile non è che l’inizio. A essa si sommano conseguenze a catena, come l’insicurezza sanitaria e il deterioramento dello stato nutrizionale dei bambini. “Interventi salvavita, come lo screening dei bambini a rischio di deperimento e ritardo della crescita, e garantire ai bambini malnutriti l’accesso a trattamenti terapeutici, sono necessari ora per salvare la vita dei bambini“, ha dichiarato Geeta Narayan, rappresentante dell’UNICEF ad Haiti.
Il ruolo dei gangster nella crisi
A complicare e aggravare ulteriormente questo scempio umanitario vi sono, ovviamente, le bande armate, che esercitano un controllo soffocante sulle principali vie di comunicazione e accesso ai porti del Paese. Questi gruppi criminali ostacolano deliberatamente l’arrivo degli aiuti umanitari, bloccano le forniture alimentari e impediscono la distribuzione del carburante, indispensabile per il funzionamento degli ospedali e delle strutture pubbliche.
Haiti, infatti, non dispone di un sistema energetico autonomo: dipende quasi interamente dalle importazioni di idrocarburi, che arrivano via mare dai partner commerciali. Tuttavia, anche queste risorse fondamentali spesso restano intrappolate nei porti o lungo le rotte controllate dai clan armati. Gli operatori umanitari – quando riescono ad accedere alle zone più colpite – devono negoziare direttamente con i gruppi criminali, che talvolta si appropriano degli aiuti o li distruggono, impedendone la distribuzione ai destinatari.
Nel mondo
“Abbiamo individuato più di 100 campi per sfollati nell’area metropolitana di Port-au-Prince, ma purtroppo non siamo in grado di far fronte ai bisogni di tutti. L’entità di questa crisi va ben oltre le attuali capacità di risposta di MSF, oltretutto a un mese dall’inizio della stagione delle piogge”, ha scritto su X Christophe Garnier, Capomissione di Medici Senza Frontiere ad Haiti.
Alla violenza armata, che controlla capillarmente le vie di comunicazione del Paese, si sommano il peggioramento dell’insicurezza sanitaria e alimentare e i disordini sociali, in un contesto che ormai non è più soltanto una crisi politica, ma una vera e propria emergenza umanitaria. Questo scenario, già drammatico, rischia di complicarsi a causa dell’indifferenza della comunità internazionale. Proprio mentre crescono i bisogni essenziali – in particolare tra le fasce più vulnerabili della popolazione, come bambini e anziani – la risposta delle organizzazioni sovranazionali e degli Stati si fa sempre più debole, insufficiente sia in termini di interventi concreti sia di finanziamenti.
Conclusioni
Un segnale preoccupante arriva dal programma di nutrizione dell’UNICEF, dedicato alla protezione dell’infanzia haitiana: attualmente, infatti, si trova a fronteggiare un deficit finanziario del 70%, un dato allarmante che compromette seriamente la capacità degli operatori umanitari di agire sul territorio e di raggiungere i bambini a rischio.
Haiti, oggi più che mai, è vicina a un punto di non ritorno.
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