Il 21 gennaio del 2006 si spense Ibrahim Rugova, una figura unica e straordinaria nella storia dei Balcani.
Come ben sappiamo i Balcani degli anni Novanta sono stati segnati da guerre brutali, nazionalismi estremi e devastazione: in tutto questo Rugova rappresentò una voce solitaria di pace e riconciliazione. Come leader del popolo albanese kosovaro, dedicò la sua vita alla lotta per la libertà del Kosovo, promuovendo una resistenza non violenta.
Grazie al suo approccio pacifico e alla sua determinazione, Rugova è ricordato non solo come il “Gandhi dei Balcani,” ma anche come il padre fondatore del Kosovo moderno.
Gli anni formativi e la resistenza non violenta
Nato il 2 dicembre 1944 nel villaggio di Cerrcë, vicino a Istog, Ibrahim Rugova studiò letteratura all’Università di Pristina, proseguendo poi la sua formazione presso l’Università Sorbona di Parigi, dove sviluppò le idee democratiche e umanistiche che avrebbero plasmato la sua visione del mondo.
Rugova divenne una figura di spicco nel panorama intellettuale del Kosovo, tuttavia, fu negli anni ’90, durante il deteriorarsi delle condizioni politiche e sociali della regione sotto la presidenza di Slobodan Milošević, che Rugova si trasformò in un leader politico.
Nel 1989, Milošević revocò l’autonomia del Kosovo, innescando una crisi politica e sociale senza precedenti. La risposta da parte di quasi tutte le repubbliche Jugoslave fu legata al nazionalismo, Rugova scelse una strada diversa: la resistenza pacifica. Nel 1991, fondò la Lega Democratica del Kosovo (LDK), il primo partito politico non comunista della nazione, e si impegnò a guidare il popolo albanese kosovaro verso la libertà, attraverso mezzi non violenti.
La sua strategia si basava su un principio fondamentale: dimostrare al mondo che gli albanesi del Kosovo non erano inclini alla violenza, ma desideravano solo vivere in pace e dignità. Rugova costruì istituzioni parallele che potessero rappresentassero un’alternativa pacifica al dominio serbo.
Un leader solitario nei Balcani caotici
Negli anni ’90, mentre i Balcani erano devastati da guerre etniche e massacri, Ibrahim Rugova rimase un simbolo di speranza. Mentre la Bosnia-Erzegovina e la Croazia affrontavano conflitti armati sanguinosi, Rugova continuava a promuovere la non violenza come unica strada per il riconoscimento del Kosovo. Questa posizione lo rese unico nel panorama balcanico.
La sua politica era basata su tre pilastri fondamentali: dialogo, diplomazia e costruzione di uno stato fondato su valori democratici. La scelta di Rugova fu sicuramente influenzata anche dal movimento della riconciliazione di Anton Ceta, anch’egli professore, che nei primi anni ’90 si impegnò a spegnere le varie faide legate al Kanun1 in tutto il Kosovo.
Le istituzioni parallele e il governo ombra
Come detto precedentemente, uno dei pilastri della politica di Rugova fu la creazione di istituzioni parallele autonome. Nonostante le repressioni sempre più violente da parte del governo di Milošević, Rugova e il suo partito riuscirono ad organizzare un’amministrazione alternativa che offrisse agli albanesi dei servizi di base e una parvenza di sovranità. Sebbene queste istituzioni non fossero riconosciute ufficialmente, esse costituirono una forma di autogoverno che permise al Kosovo di mantenere una certa coesione sociale e politica nonostante la repressione serba.
Queste istituzioni parallele includevano scuole, ospedali, e una rete di assistenza sociale, tutti gestiti sotto la guida della LDK, con l’aiuto anche della diaspora albanese all’estero. Tra tutte queste iniziative, il sistema educativo era il più importante, in quanto permetteva agli albanesi del Kosovo di continuare a ricevere lezioni in lingua albanese, nonostante l’utilizzo di quest’ultima fosse stato vietato da parte del governo di Belgrado. Per Rugova l’educazione costituiva la chiave per la sopravvivenza culturale e politica della nazione.
La comunità internazionale e il riconoscimento della causa kosovara
Il sostegno della comunità internazionale alla causa del Kosovo rimase limitato per molti anni, infatti, l’elezione di Rugova come presidente nel 1992 fu riconosciuta unicamente dal presidente albanese Sali Berisha. Rugova, tuttavia, continuò a impegnarsi per far sì che il Kosovo avesse l’autodeterminazione che tanto desiderava. I suoi appelli però furono ignorati o minimizzati.
Durante tutti gli anni ’90, Rugova mantenne la sua posizione di difensore della non violenza, cercando di evitare l’escalation del conflitto, nonostante le crescenti tensioni e la violenza da parte delle forze serbe. Così facendo, grazie alle sue politiche, Rugova divenne una figura di riferimento non solo per il popolo albanese del Kosovo, ma anche per le organizzazioni internazionali, che riconobbero la sua figura come simbolo di resistenza pacifica.
Il conflitto del 1999 e la leadership durante la guerra
Nel 1998-1999, il conflitto in Kosovo divenne inevitabile, e l’aggressione da parte delle forze serbe culminò in una guerra su larga scala. Il suo impegno per una soluzione pacifica fu messo a dura prova, e l’uso delle armi da parte dell’UÇK (Esercito di Liberazione del Kosovo) creò una spaccatura tra coloro che sostenevano l’indipendenza attraverso la lotta armata e chi, come Rugova, credeva ancora nella diplomazia.
Quando la NATO intervenne nel 1999 con i bombardamenti contro la Serbia, l’UÇK, Hashim Thaci divenne il nuovo leader: nonostante la politica di Rugova fosse apprezzata dagli albanesi del Kosovo, venne progressivamente superata dall’adesione alla lotta armata promossa dell’UÇK. Il 1999 fu un anno molto difficoltoso per Rugova, il quale oltre a perdere la sua causa venne anche arrestato dalle forze serbe di Milošević. La “prigionia” a Belgrado però durò solo qualche settimana, grazie ad un intervento diplomatico italiano. Rugova tornò in Kosovo solamente il 30 luglio 1999, più di un mese dopo la conclusione della guerra.
Il cammino verso l’indipendenza
Dopo il conflitto del 1999, Rugova si trovò di fronte alla sfida storica di guidare il Kosovo verso la sua indipendenza. Nel 2001, vinse nuovamente le elezioni, diventando così nuovamente presidente, ma questa volta sotto l’amministrazione internazionale, un ruolo che gli permise di portare avanti la sua battaglia per la sovranità del Paese, ma anche di collaborare con la comunità internazionale per stabilizzare la regione, ponendo dunque le basi dell’indipendenza.
L’indipendenza del Kosovo arrivò il 17 febbraio 2008, Rugova non ebbe l’opportunità di vedere realizzato il suo sogno né di togliersi la sua sciarpa, divenuta un simbolo di resistenza. Rugova aveva promesso, infatti, che l’avrebbe tolta solo al momento dell’indipendenza.
Il lascito di Rugova
Il contributo di Ibrahim Rugova alla causa del Kosovo è indiscutibile, il suo impegno per la pace e la resistenza non armata lo rendono una figura unica nella storia dei Balcani. Rugova dimostrò al mondo che la lotta per la libertà può essere condotta con forza morale, senza ricorrere alla violenza. La sua visione di uno stato indipendente e democratico ha gettato le basi per la stabilizzazione della regione e ha ispirato le generazioni future a perseguire la pace con determinazione.
In un periodo in cui la violenza sembrava essere l’unica soluzione nei Balcani, Ibrahim Rugova fu l’unico leader che, con la sua intelligenza e visione, riuscì a mantenere viva la speranza per una soluzione pacifica. Il suo lascito rimane vivo oggi, non solo nel Kosovo che ha contribuito a costruire, ma anche come esempio di come la resistenza non violenta possa cambiare il corso della storia.
20250029
- È un codice disciplinare albanese, ideato da Lekë Dukagjini nel xv secolo. Il codice stabilisce delle regole nella vita consuetudinaria, concentrandosi sui concetti di onore, ospitalità e famiglia. ↩︎