spot_img
Altro
    HomeEsteriUnione EuropeaIl 24 ottobre l'Irlanda andrà al voto e no, Conor McGregor non...

    Il 24 ottobre l’Irlanda andrà al voto e no, Conor McGregor non sarà il prossimo presidente

    Pubblicato il

    spot_img

    Venerdì 24 ottobre i cittadini irlandesi torneranno alle urne per scegliere il decimo Presidente della Repubblica d’Irlanda

    Il ruolo presidenziale

    Seppure il ruolo del Presidente sia perlopiù cerimoniale e non comprenda poteri particolarmente forti, storicamente è stato un simbolo non indifferente di coesione nazionale in un Paese dalla contemporaneità profondamente travagliata. 

    Il Presidente è il Capo di Stato e rappresenta l’Irlanda all’estero. Seguendo l’articolo 12 della Costituzione, egli viene eletto a suffragio diretto una volta ogni sette anni, con la possibilità di un solo rinnovo di mandato. A ricoprire il ruolo attualmente c’è il tanto amato Michael D Higgins, in carica dal 2011, che giungerà al termine del suo secondo mandato a novembre. Higgins è stato forse il Presidente più amato e rispettato dagli irlandesi, era stato eletto la prima volta nel 2011 e rieletto nel 2018. 

    Il voto singolo trasferibile

    Come funzionano le elezioni? Si vota come per qualsiasi altro tipo di elezioni in Irlanda, ovvero con un sistema proporzionale rappresentativo con un solo voto trasferibile. Questo significa che quando l’elettore si trova davanti alla scheda elettorale deve obbligatoriamente non solo indicare il candidato che vorrebbe fosse eletto, ma anche l’ordine di preferenza degli altri, numerandoli. Per vincere un candidato deve ottenere più della metà dei voti totali. Per questo il voto trasferibile è fondamentale.

    Chi sono i candidati?

    La sfida fino al 5 ottobre si giocava in tre. A candidarsi c’erano Catherine Connolly, Heather Humphreys e Jim Gavin.

    Catherine Connolly è una candidata indipendente vicina ai più grandi partiti della Sinistra irlandese, tra cui Sinn Féin, i Laburisti, i Socialdemocratici, People Before Profit e i Verdi. Da sempre dichiaratasi socialista, dal 2016 è deputata nella Camera bassa irlandese, il Dáil Éireann, dove rappresenta l’Ovest del Galway.

    Heather Humphreys si candida con Fine Gael, uno dei partiti di centro-destra che attualmente sono parte della coalizione governativa. Ha guidato i ministeri della Giustizia, dello Sviluppo rurale e delle Arti. È interessante la sua storia familiare: il nonno nel 1912 era tra i firmatari della petizione contro l’autogoverno irlandese (all’epoca l’intera isola era ancora parte del Regno Unito).

    Infine Jim Gavin, ex manager calcistico ed ex militare, è stato proposto come candidato da quello che attualmente è il primo partito nel Parlamento irlandese, Fianna Fáil, a cui capo c’è il primo ministro Micheál Martin. Ma le cose sono cambiate una decina di giorni fa, quando Gavin ha annunciato il suo ritiro dalla competizione, lasciando effettivamente la sfida ad essere tutta al femminile. 

    Il motivo dietro al suo abbandono? Secondo l’Irish Independent si tratterebbe di un debito non saldato di circa tremila euro, dovuti a Niall Donald, proprietario della casa in cui ha abitato tra 2007 e 2009 ed editor del Sunday World. Nella dichiarazione con cui ha dato la notizia del suo passo indietro, Gavin ha ammesso di aver fatto un errore che non è in linea con il suo carattere né con gli standard che da sempre si è imposto. 

    Altri nomi…

    Come succede in ogni elezione minimamente mediatica, sono molti i personaggi a proporsi come candidati indipendenti. Prima tra tutti Maria Steen, conosciuta in Irlanda per le sue idee riguardo a temi sociali come la legalizzazione dei matrimoni omosessuali e dell’aborto, a cui si è opposta con fervore nell’ultimo decennio. 

    Ci sono poi Bob Geldof, cantante dei Boomtown Rats e tra gli organizzatori del Live Aid, e Conor McGregor, famoso lottatore che di recente ha fatto discutere per le sue posizioni nei confronti delle politiche migratorie del Governo. 

    Le chance per questi soggetti erano già poche in partenza. Infatti, il sistema elettorale irlandese prevede che, per poter diventare a tutti gli effetti candidati in lizza per la presidenza, gli aspiranti politici debbano ottenere l’appoggio di almeno venti membri delle Camere del Parlamento e di almeno quattro consiglieri di contea. Ovviamente questa regola non si applica al Presidente uscente (al suo primo mandato), che può semplicemente nominare se stesso come candidato, senza il supporto di terzi.

    Cosa cambia questa volta?

    Le elezioni di questo mese segnano un cambiamento storico nella politica irlandese. É la prima volta che gli elettori si ritrovano davanti a una scelta ideologica tra visioni differenti della figura presidenziale. Per molti si tratta di una lotta tra classi popolari ed establishment, per altri tra idealismo e pragmatismo, ma più di tutto si parla di riposizionare l’Irlanda nel contesto internazionale, in un momento in cui la sua politica si sta rimodellando su di uno spettro bipolare. Passando poi da tre a due candidati alla presidenza, la decisione che spetta agli irlandesi è adesso tra una fervente socialista, anti-establishment e pro Palestina, e una candidata che rappresenta a pieno lo status quo

    Qualora la futura Presidente venisse eletta anche per un secondo mandato, questo terminerebbe nel 2039, e quello che aspetta la futura vincitrice non è un compito semplice. Da quando il Regno Unito è uscito dall’Unione europea, l’attuazione dell’Accordo del Venerdì Santo del 1998 tra di esso e l’Irlanda è stata sempre più complessa. 

    Le tensioni sono lontane dall’essersi placate e nell’ultimo periodo si è addirittura arrivati a parlare di un referendum che possa portare l’Irlanda del Nord e la Repubblica d’Irlanda a unirsi insieme. Il mandato della prossima Presidente sarà quindi tutt’altro che una passeggiata di salute sul lungomare, e l’esito delle votazioni del 24 ottobre, proprio perché così polarizzanti, avranno un impatto non indifferente sul futuro della nazione nei prossimi quindici anni.

    20250389

    Articoli recenti

    La variabile Erdoğan: il contributo della Turchia nelle trattative tra Hamas e Israele

    C’è un elemento che gran parte dei media occidentali tende a sottovalutare in queste...

    Chi decide cosa pensi: tu o il tuo partito?

    Sempre più giovani si identificano rigidamente con una parte politica, abbracciando idee e posizioni...

    Trump intensifica l’impiego della Guardia Nazionale: verso l’autoritarismo?

    Negli ultimi mesi, gli Stati Uniti stanno vivendo una fase caratterizzata da un crescente...

    La partita asiatica di Mosca: il vertice in Tagikistan e l’influenza regionale

    Nel cuore dell’Asia, lontano dai riflettori europei, si sta giocando una partita che potrebbe...