Sono passati otto mesi dal tragico giorno dove il tetto della stazione ferroviaria di Novi Sad è crollato, uccidendo 16 persone. Da allora, la Serbia è entrata in una fase di turbolenza politica che inizialmente sembrava dovesse finire dopo le svariate manifestazioni di cordoglio, ma che con il passare delle settimane si è invece estesa.
Oggi, le piazze gremite e una crescente pressione internazionale, forzano la Serbia a dover scegliere se riformare le sue istituzioni o scivolare ulteriormente in una crisi politica profonda.
La mobilitazione e le critiche al governo
Il 1° novembre 2024, la stazione ferroviaria recentemente ristrutturata di Novi Sad crollò. Le indagini preliminari hanno rapidamente fatto emergere sospetti su appalti irregolari. Gli studenti, i primi a organizzarsi, oltre alle continue richieste di giustizia per le vittime, ampliarono la loro protesta anche nei confronti del sistema politico del presidente Aleksandar Vučić.
Negli ultimi mesi, sono state molte le occupazioni simboliche di piazze e ministeri, accompagnati anche da una importante manifestazione il 15 marzo 2025, che ha visto radunarsi a Belgrado tra le 275.000 e 350.000 persone, la più grande protesta dai tempi della caduta di Milošević nel 2000.
In un primo momento, il presidente Aleksandar Vučić ha liquidato le manifestazioni come una messinscena orchestrata dall’opposizione e dall’Occidente, tentando così di screditarne la legittimità. Tuttavia, con il crescere della pressione sociale, nel gennaio 2025, il primo ministro Miloš Vučević e alcuni membri del governo si sono dimessi. Nonostante ciò, Vučić ha chiuso ogni spiraglio alla possibilità di elezioni anticipate, confermando una linea di controllo autoritario.
Negli ultimi mesi, la posizione del presidente serbo si è irrigidita ulteriormente con le piazze militarizzate e poteri della polizia rafforzati, Questo non ha scoraggiato i movimenti di protesta, i quali hanno avanzato delle richieste chiare nei confronti del governo chiedendo tra cui le dimissioni del presidente e del governo, elezioni libere e osservate a livello internazionale, giustizia per le vittime del crollo di Novi Sad, un’inchiesta sulla corruzione negli appalti pubblici.
Scontri e repressione
Negli ultimi giorni, la tensione è esplosa con nuovi scontri. Il 28 giugno, in occasione del Vidovdan, festa nazionale serba, oltre 50.000 persone hanno marciato pacificamente a Belgrado. Tuttavia, la protesta è degenerata quando la polizia ha tentato di disperdere la folla con gas lacrimogeni e cariche. Decine di manifestanti sono stati feriti, e 38 arrestati.
Il 3 luglio, il Ministero dell’Interno ha confermato l’arresto di 79 persone in diverse città.
Questo ha portato ad alcune reazioni da parte della comunità internazionale: il Consiglio d’Europa ha espresso “profonda preoccupazione” per l’uso sproporzionato della forza. Michael O’Flaherty, commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ha definito le violenze “inaccettabili in un Paese che aspira all’integrazione europea”.
Cosa succederà?
A luglio 2025, la protesta non si è spenta. Nonostante la pausa accademica, gli studenti hanno annunciato una “marcia della memoria” a Novi Sad per il 10 luglio, e nuove manifestazioni a Belgrado. Il governo però non dà alcun segno di cedimento. Vučić ha ribadito ulteriormente che non si dimetterà e che non ci saranno elezioni prima del termine naturale del mandato nel 2027. Tuttavia, l’opinione pubblica si è spaccata.
Le proteste serbe del 2024–2025 stanno ridisegnando il panorama politico del Paese. Più che una semplice mobilitazione contro il potere, rappresentano un esperimento collettivo di democrazia partecipativa. Se gli studenti riusciranno o meno a riformare il sistema politico serbo dipenderà anche dalla loro capacità di restare uniti, evitare la violenza e trasformare la rabbia in una decisa proposta politica.
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