La mafia ha sempre dimostrato di essere un fenomeno non solo criminale, ma anche sociale, capace di influenzare le vite di molti giovani in Italia.
Questo condizionamento avviene in modi sottili e spesso impercettibili, ma le conseguenze sono devastanti per le nuove generazioni.
L’attrazione della mafia
In molte comunità, soprattutto nelle zone più vulnerabili, la mafia riesce a presentarsi come un’alternativa attrattiva e concreta. Le organizzazioni mafiose offrono, infatti, un’apparente soluzione ai problemi economici e sociali nelle zone più difficili del nostro Paese. Per i giovani, che si trovano spesso di fronte a una mancanza di opportunità per un futuro, la promessa di guadagni facili e di un certo status sociale diventa seducente e, per questo motivo, le mafie si infiltrano nei tessuti sociali, alimentando un’immagine di potere e rispetto.
La criminalità organizzata riesce a comunicare anche attraverso le mode del momento per rendersi appetibile agli occhi dei giovani. Ad esempio, conosciamo tutti il caso di Niko Pandetta, cantante neomelodico e nipote di un noto boss della malavita arrestato a Milano, che nelle sue canzoni suonate in tutte le discoteche d’Italia e diventate virali sui social, inneggiava alla criminalità con frasi del tipo “Maresciallo non ci prendi pistole nella Fendi”. Canzoni che sono entrate nel quotidiano dei giovani trasmettendo una sorta di normalità nel vantarsi di avere atteggiamenti poco legali e corretti.
Dunque, possiamo dire che la mafia si adatta alle mode del momento, facendolo anche molto bene.
La normalizzazione della violenza
In alcune aree, la violenza e la criminalità diventano parte della vita quotidiana.
I giovani crescono in contesti dove la mafia è presente, imparando a considerare la violenza come una norma accettabile e comprensibile con cui convivere nel proprio quartiere. La cultura della paura e del silenzio gioca un ruolo cruciale: il rispetto per le regole mafiose diventa un modo per ottenere riconoscimento e protezione, mentre il dissenso viene punito severamente.
La mafia ha ucciso numerosi giovani in Italia, spesso per motivi che sottolineano la brutalità e l’assurdità del crimine organizzato. Tra le storie più tragiche serve ricordare Claudio Domino (11 anni), assassinato nel 1986 a Palermo da un tossicodipendente costretto dalla mafia perché Claudio avrebbe assistito casualmente al confezionamento di droga. La sua morte sconvolse l’opinione pubblica per la crudeltà e l’inutilità del gesto.
O ancora, Giuseppe Di Matteo (12 anni), figlio di un pentito di Cosa Nostra che fu sequestrato, strangolato e sciolto nell’acido nel 1996 per volere di alcuni boss, fra cui Matteo Messina Denaro, come vendetta contro suo padre Santino Di Matteo dopo aver iniziato a collaborare con la giustizia.
Anche il caso dei gemelli Giuseppe e Salvatore Asta di 6 anni che morirono nel 1985 a Pizzolungo, vittime innocenti di un attentato mafioso mirato al giudice Carlo Palermo.
Questi esempi rappresentano solo una parte delle vite spezzate dalla violenza mafiosa che ha colpito indiscriminatamente i giovani.
L’illusione del successo
Un altro aspetto preoccupante è la glorificazione della figura mafiosa nei media e nella cultura popolare. Film, canzoni e serie televisive possono contribuire a un’immagine romanzata della vita mafiosa, facendo perdere di vista la realtà della sofferenza e della criminalità. Questo porta molti giovani a considerare la mafia come una via legittima per il successo, trascurando le implicazioni etiche e legali delle loro scelte.
Oggi per i giovani, nella maggior parte dei casi, viene vista come persona realizzata nella vita colui che ha molti soldi, costose automobili, serate in discoteca ogni notte e viaggi nei posti più lussuosi del mondo. Spesso capita però di essere superficiali senza andare a vedere come e da dove arrivi tutta questa ricchezza da show, fermandosi all’apparenza. In questo senso, non importa se una persona guadagni illegalmente questa ricchezza, magari attraverso lo spaccio o altre attività illegali, ma ci si focalizza soltanto sull’immagine superficiale.
A provare quanto la criminalità organizzata riesca ad ammaliare i giovani è il Centro studi palermitano “Pio La Torre”, che ogni anno propone alle Scuole secondarie di secondo grado di tutta Italia, quindi agli studenti dai 14 ai 21 anni di età, un questionario sul tema mafia. I risultati del 2024 sono stati molto preoccupanti, infatti per uno studente su due la mafia risulta più potente dello Stato.
Questo dovrebbe far aprire gli occhi su quanto sia inquietante e serio il problema della criminalità organizzata e l’effetto che ha sui giovani di oggi. Un grave e pericoloso problema per le future generazioni del nostro Paese.
Iniziative di prevenzione
Fortunatamente, ci sono diversi programmi e iniziative volti a contrastare questo fenomeno. Scuole, associazioni e enti locali stanno lavorando per educare i giovani sui pericoli della mafia e sulle alternative di vita. La promozione di modelli positivi e l’offerta di opportunità di lavoro sono fondamentali per distogliere i ragazzi da percorsi pericolosi.
Per questo motivo è compito dello Stato far sentire la sua presenza nelle zone più colpite dalla mafia garantendo un valido futuro alle nuove generazioni educandole ai valori della legalità e della giustizia.
Senza una possibilità di lavoro o un’opportunità di crescita sociale ed economica legale, la criminalità organizzata riesce ad avere la meglio, rendendo i giovani nuove leve per il sistema mafioso.
La sfida del futuro
Affrontare l’influenza della mafia sui giovani richiede un impegno collettivo. È fondamentale che istituzioni, famiglie e società civile collaborino per creare un ambiente in cui i giovani possano prosperare senza dover ricorrere a scelte dannose. Solo così si potrà spezzare il ciclo di violenza e povertà che alimenta il potere mafioso.
La mafia continua a rappresentare una minaccia concreta per le nuove generazioni e combattere questo fenomeno è una responsabilità che coinvolge tutti noi, affinché i giovani possano sognare un futuro diverso, libero dall’ombra del crimine organizzato.
Per questo vorrei ricordarvi una frase di Paolo Borsellino che diceva:” Se la gioventù negherà il consenso, anche l’onnipotente e misteriosa mafia svanirà come un incubo!“