È oggi nostro ospite l’On. Riccardo Magi, eletto per la seconda volta segretario di +Europa, dopo una lunga militanza radicale. Politico attento al piano sociale e ai diritti civili, è tra i promotori del referendum cittadinanza. In quanto fermo sostenitore di un futuro maggiormente inclusivo, intende rinvigorire l’integrazione europea, unico vero mezzo di dialogo intergenerazionale.
Onorevole, sono tanti i temi che le vorrei sottoporre, il primo è quello legato al rinnovato incarico di segretario di +Europa, le vorrei domandare quali prospettive vede adesso e per quali priorità lavorerà.
Il Congresso di Più Europa ci ha dato un mandato chiaro, che è quello di concentrarci su due questioni principali che abbiamo di fronte. Innanzitutto dobbiamo fare la nostra parte perché sia sempre più evidente e sia sempre meno lontano l’obiettivo politico del rilancio dell’integrazione europea. Non c’è nessuna delle grandi sfide che abbiamo davanti, da quella della Difesa di fronte alle crisi geopolitiche, con i conflitti nuovi e vecchi, a quella delle crisi industriali in settori strategici dell’economia italiana e dell’economia europea, a quella dei cambiamenti climatici e quindi della transizione energetica, a quella delle politiche migratorie, che può essere minimamente affrontata, e tantomeno risolta, se non all’interno di un rilancio dell’integrazione politica europea, che attui una riforma profonda anche delle istituzioni europee. È una linea frontalmente opposta a quella nazionalista e a quella sovranista.
L’Europa “great again“, il “MEGA” che viene proposto dai leader sovranisti, quale sarebbe? l’Europa dei piccoli Stati in conflitto tra loro, quella della Seconda guerra mondiale? Cioè tornare indietro di 70, 80, di 100 anni? Ecco a noi sembra folle. Quindi, nel nostro piccolo, quello che possiamo e dobbiamo fare è rilanciare un’idea di Federalismo europeo radicale, forte, intransigente.
L’altra questione è quella della Democrazia, ed è strettamente legata alla dimensione europea: noi siamo convinti che la dimensione nazionale soffochi la democrazia a un certo punto. Oggi da più parti, nel mondo e anche nella stessa Europa, si comincia di nuovo a sentir parlare della democrazia come un problema: la democrazia non è efficiente, la democrazia non garantisce la libertà. Noi crediamo che serva opporsi a questo e che serva ridare forza e vitalità alla democrazia anche attraverso la partecipazione popolare diretta, lo strumento referendario. E dunque, per quanto riguarda l’aspetto più di politica italiana e nazionale, è prioritario dare il nostro contributo come forza europeista, liberal-democratica, garantista, antiproibizionista, per costruire l’alternativa al governo Meloni, cosa niente affatto scontata e niente affatto facile.
Questione governo. Abbiamo ormai la conferma che la Corte Penale Internazionale ha avviato un’indagine nei confronti del nostro Paese: tutto ciò chiaramente legato al caso Almasri. Come legge questi avvenimenti, anche sul piano delle relazioni internazionali?
Li leggo con grande preoccupazione, Nel caso Almasri la reazione del Governo italiano è molto significativa politicamente, anche al di là del caso specifico. Noi avremmo avuto semplicemente l’obbligo di eseguire un mandato di arresto e di consegnare la persona indiziata di gravissimi crimini internazionali, sia come governo sia come Paese che aderisce allo Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale; siamo addirittura uno dei Paesi fondatori, quello che ha ospitato la conferenza istitutiva della Corte appunto a Roma.
Il governo non solo non ha fatto questo, ma ha utilizzato questa occasione per avviare uno scontro e una delegittimazione della Corte Penale Internazionale stessa, peraltro parallelamente e in coordinamento con quello che faceva nelle stesse ore Trump.
Io leggo dietro ciò tutta l’insofferenza e l’ostilità della destra sovranista nei confronti di qualsiasi organismo sovranazionale, di qualsiasi idea di giurisdizione internazionale, che viene vissuta come una impostura, come qualcosa che, in modo inappropriato e abusivo, minaccia la volontà del popolo e la sovranità popolare.
In realtà gli organismi sovranazionali sono le costruzioni più avanzate della civiltà giuridica europea e cercano, attraverso la cooperazione, di tutelare i diritti umani ed evitare che gli scontri sfocino in guerra.
Qui vedo la cifra specifica che unisce le destre sovraniste in questo momento che si sta traducendo nell’attacco nei confronti della Corte penale internazionale.
Alcune questioni di politica interna. La prima è il referendum sulla riforma della cittadinanza. Si è ottenuto il primo via libera, però sembrerebbe adesso che l’attenzione sia un po’ calata. Avete delle preoccupazioni per quanto riguarda il raggiungimento dell’elettorato e la sensibilizzazione sul tema?
Sarà una sfida difficilissima. Ma del resto la stessa sfida della raccolta firme era considerata da molti impossibile. Ci avevano detto “non le raccoglierete mai, anzi sarà un boomerang, un fallimento”: abbiamo raccolto 640.000 firme in meno di un mese. Credo che sia un record. Vogliamo compiere un secondo miracolo, dopo quello della raccolta firme, da un punto di vista politico, e cioè il raggiungimento del quorum.
Noi non siamo solamente convinti che ci sia una questione di merito sul tema della cittadinanza. È una legge, quella sulla cittadinanza, vecchia di 30 anni, che guarda ad un Paese che non è l’Italia attuale. Ci sono milioni di persone che vivono nel nostro Paese stabilmente, legalmente, residenti regolari, che vanno a scuola, che lavorano, e che però non godono pienamente dei diritti di cittadinanza, pur essendo dei cittadini modello. Pagano le tasse, sono incensurati, parlano l’italiano, frequentano la scuola, contribuiscono alla vita economica, sociale e culturale del Paese ma non hanno i diritti della Cittadinanza.
“È una legge vecchia da cambiare”, questo fino a qualche anno fa era quel che veniva detto nel mondo politico, trasversalmente, anche dalla destra. Ora non si dice più.
Inoltre, c’è un valore intrinseco nello strumento referendario che è quello della mobilitazione e della partecipazione. E proprio in questo momento in cui la democrazia viene in qualche modo sminuita, la mobilitazione a cui miriamo acquista ancora più valore. Chiediamo alla Presidente Meloni, che è così convinta dell’importanza della volontà del popolo, tanto da volerci addirittura portare all’elezione diretta del Presidente del Consiglio, che anche lei inviti tutti a votare.
Non vogliamo pensare che abbia paura dell’espressione del popolo e che voglia nascondersi dietro il quorum o, addirittura, dietro la mancanza di informazione ai cittadini. Perché sono proprio questi gli strumenti con i quali di solito i Governi antireferendari provano a depotenziare o ad annullare i referendum: silenziandoli.
Invece noi chiederemo che ci sia informazione soprattutto sui canali pubblici, e non solo. Che sia presente da subito, che sia chiara, con riferimento al voto, in modo che si sviluppi uno scontro di idee democratico che è un grande valore aggiunto del procedimento referendario ed è ciò che fa vivere la Democrazia.
Adesso un tema che penso sia importante anche per lei. Come sa in Toscana abbiamo avuto la prima normativa sul fine vita. Può essere un buon inizio? Si può arrivare ad una legge a livello nazionale?
La legge approvata dalla Toscana è un fatto assolutamente positivo. Non rappresenta nessuno sconfinamento della Regione in competenze non proprie, anzi, la Toscana è l’esempio di una Regione che agisce in maniera diligente, puntuale, nell’interesse dei cittadini. Una Regione che fa quello che le Regioni dovrebbero fare, cioè organizzare i servizi sanitari. E lo fa su un tema, quello del diritto alla scelta sul fine vita, che nel nostro Paese è già sancito dalla sentenza della Corte Costituzionale del 2019 sul caso Dj Fabo-Cappato, che però non è stato ancora organizzato e disciplinato nelle procedure e nei tempi.
Quindi accade che persone che vivono nelle condizioni che rientrano nelle casistiche contemplate dalla sentenza della Corte, cioè che sono affette da una malattia irreversibile, che è fonte di sofferenze psichiche e fisiche, e che quindi hanno il supporto di sostegni vitali, e sono pienamente consapevoli non riescono poi ad ottenere dalle ASL l’accesso legale e legittimo al suicidio assistito. Questo perché si trovano alle prese con percorsi burocratici a ostacoli e sono costrette persino ad intraprendere azioni giudiziare nei confronti delle ASL e ad affrontare percorsi che si protraggono per mesi, o anche anni, per poter vedere riconosciuta l’attuazione della propria volontà.
Questo non è tollerabile e dovremmo ringraziare la regione Toscana e auspicare che altre Regioni facciano lo stesso passo che, ripeto, è assolutamente nelle competenze regionali e non le travalica. In attesa che un Parlamento migliore di questo faccia quello che finora non si è fatto, cioè una normativa nazionale.
Sempre in tema sanità: sappiamo che nella cornice del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza sono state individuate risorse per 15,63 miliardi, ma secondo gli ultimi dati forniti da Openpolis, ne è stato speso solo il 14,79%, cioè 2,3 miliardi. Che cosa sta succedendo?
Sta accadendo nel PNRR Salute quello che è accaduto anche negli altri settori, ma purtroppo, per quanto riguarda la Salute, la percentuale di risorse spese rispetto ai progetti finanziati è ancor più irrisoria. Molte difficoltà sono legate agli ostacoli costituiti dai numerosi passaggi burocratici previsti, davanti ai quali la pubblica amministrazione italiana non ha saputo, per carenze di organico ed anche per carenze di competenze, dare una risposta efficace. Molti obiettivi si sono rivelati inattuabili nelle tempistiche previste e ad altri si è dovuto rinunciare a monte.
Per fare solo un esempio, le case di comunità, che dovevano essere 1.350, sono state ridotte a poco più di 1.000. Gli ospedali di comunità ridotti del 20%.
Il dato sulla mancata spesa dei fondi previsti è veramente sconfortante ma è necessario evidenziare che oltre alle difficoltà oggettive del PNRR il Governo ha mostrato di non avere una visione su come riformare il sistema sanitario e sta sprecando questa che avrebbe dovuto essere l’occasione per ridisegnare il Servizio Sanitario Nazionale.
L’utilizzo di nuove tecnologie sarebbe fondamentale per affrontare le nuove sfide, ma il fascicolo sanitario elettronico, l’uso dell’intelligenza artificiale e della telemedicina sono tutti ambiti in cui si riscontrano pericolosi ritardi. Come anche per il rinnovamento degli strumenti diagnostici: la sostituzione delle vecchie apparecchiature è stata fatta slittare di due anni, al 2026, ultima data utile per non perdere i finanziamenti.
Manca alla politica, rispetto a questa grande sfida, la capacità di fare delle scelte coraggiose e anche, ovviamente, di portarle avanti. Noi siamo stati sempre convinti che si sarebbe dovuto ricorrere al finanziamento europeo previsto dal MES, uno strumento più elastico e più dinamico del PNRR.
Certo è che bisognerebbe andare verso una revisione profonda del Servizio Sanitario e anche quest’occasione rappresentata dal PNRR sembra non sia stata colta.
Dopo la salute il tema istruzione. Abbiamo visto le iniziative e le idee del Ministro Valditara, si è insistito ad esempio sul latino. Qualcuno suggerisce, in un certo senso, che si stia ritornando a metodi vecchi. C’è questo rischio, cioè quello di dare una formazione ai giovani che non rispetti quelle che sono le sfide dei nostri giorni?
Allora, mi sembra un dibattito, questo sul latino, un po’ di retroguardia; mi è sembrata un po’ l’immagine dell’orchestra che suona sul Titanic mentre la nave affonda, un dibattito che, depurato di tutta la retorica nazionalista utilizzata dal Ministro, è un po’ ridicolo.
Sicuramente l’insegnamento del latino può essere positivo, perché porta a misurarsi con la complessità di una lingua che richiede uno sforzo non meccanico e così via, ma se leggiamo l’ultimo rapporto Ocse di dicembre, l’Italia è tra gli ultimi posti in Europa per competenze funzionali nella popolazione adulta, oltre un terzo degli italiani tra i 16 e i 65 anni ha difficoltà importanti nel comprendere testi scritti e risolvere problemi quotidiani.
Si parla di analfabetismo funzionale: non mi pare che le 33 ore di latino che il Ministro propone nelle scuole medie, facoltative peraltro, siano un rimedio all’altezza di questo problema.
Ci sono invece da fare degli interventi nella scuola italiana che partano da una presa d’atto di questa realtà: la revisione dei metodi di insegnamento e di apprendimento; abbandonare la separazione rigida tra discipline e promuovere di più l’interdisciplinarità; utilizzare nuove tecnologie; corsi volti a rafforzare e stimolare il pensiero critico. C’è un problema di edifici fatiscenti, mancanti anche di tutte le dotazioni tecnologiche, c’è un problema di formazione degli insegnanti, di aggiornamento degli stessi. Insomma, ci sono tanti problemi e mi sembra che questa discussione sul latino non colga il punto.
Bene, grazie. Allora, ultimi due spunti che le condenso in una domanda. Alle ultime europee +Europa non ha raggiunto la soglia di sbarramento. Le volevo chiedere un giudizio postumo su questo dato e su quali potrebbero essere state le ragioni, nonché come si potrebbe cambiare questo andamento. In secondo luogo se ci siano prove di dialogo con altri raggruppamenti politici del Parlamento.
Il dialogo è connaturato al nostro modo di fare politica. Siamo sempre stati promotori di dialogo e disponibili a promuoverlo. Lo abbiamo fatto anche, appunto recentemente, con le altre forze politiche più vicine a noi, con sensibilità politica più vicina.
Per quanto riguarda le elezioni europee, siamo arrivati tardi e male a quell’appuntamento, e non abbiamo avuto tempo sufficiente per far conoscere quella proposta elettorale, che era una proposta elettorale nuova, con un simbolo nuovo, con uno slogan nuovo. La mancanza di conoscenza della proposta politica ha fatto si che sia stata percepita probabilmente più come un’alleanza elettorale, un cartello elettorale, una somma di diverse piccole sigle e non come un obiettivo politico. E ciò, secondo me, non l’ha favorita.
Tant’è vero che soprattutto noi, come abbiamo visto anche da varie analisi dei flussi del voto, in particolare come +Europa siamo stati penalizzati. Una parte importante del nostro elettorato non ci ha seguiti, e noi ora speriamo e vogliamo e siamo impegnati a recuperare la fiducia di quell’elettorato, il suo voto ed anche ad ampliarlo.
In chiusura, una riflessione su quello che sta accadendo intorno a noi ed un auspicio per il nostro Paese
Non si può non essere davvero preoccupati e davvero angosciati da quello che vediamo. Penso che serva fare una chiamata alla mobilitazione delle persone a difesa della democrazia e dei valori democratici che non sono mai scontati. E a difesa anche di un’idea di Europa che è stata quella che ci ha consentito di avere pace e benessere negli ultimi decenni e che ora viene assolutamente svalutata e calpestata.
Ecco, l’auspicio è che ci sia la lucidità e la consapevolezza per reagire a questo e per mobilitarsi.
Intervista del Direttore editoriale Yari Nicholas Turek
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