È oggi nostra ospite l’On. Anna Ascani, deputata del Partito Democratico e vicepresidente della Camera dei Deputati. Viceministra dell’istruzione, dell’università e della ricerca dal settembre 2019 al gennaio 2020. In seguito allo scorporo del Ministero dell’istruzione e del Ministero dell’università e della ricerca, è stata viceministra dell’istruzione nel Governo Conte II, nonché sottosegretaria di Stato al Ministero dello sviluppo economico dal marzo 2021 all’ottobre 2022.
Partendo dalle europee di giugno, è possibile constatare una crescita oggettiva del Partito Democratico in termini percentuali. Cosa rappresenta questo risultato per il partito?
Una conferma: quando il Pd fa il Pd, ovvero quando torna a essere prossimo alle persone, ad ascoltare le loro esigenze e a tradurle in proposte, gli elettori lo scelgono. Le ultime elezioni hanno sostanzialmente dimostrato che il Partito democratico ha riconquistato la fiducia dei cittadini. Un partito plurale – che è riuscito a dare il giusto spazio a tutte le sensibilità che porta dentro, come si è visto nelle liste – e radicato. E, soprattutto, riconosciuto come perno credibile e imprescindibile di un’alternativa a questo governo. Forti di questo importante risultato ottenuto, adesso dobbiamo ritrovare la nostra vocazione maggioritaria, ovvero la capacità espansiva di un partito che è forte, che ha una classe dirigente solida e idee chiare sui valori e su cosa serve al Paese. E che contrappone alla ideologia nostalgica della destra una ricetta differente. Propria. Mentre loro distruggono i legami sociali, lasciano le persone più sole, impaurite e inclini alla rabbia, noi ricostruiamo pazientemente un senso di comunità.
Al contempo, l’ultima tornata ha indubbiamente indebolito la maggioranza costituitasi al Parlamento Europeo. Sebbene questa abbia resistito, il moto conservatore sembra avanzare più vigoroso. Riscontra segnali allarmanti?
L’avanzata delle destre è stata evidente, ma lo è stata anche la mobilitazione dei cittadini per fare scudo e difendere le istituzioni democratiche. Guardiamo a quello che è successo in Francia, al secondo turno. A come il sistema delle desistenze da una parte e la forte partecipazione dei francesi al voto dall’altra abbiano costituito l’argine alla Le Pen. Credo che siano segnali significativi e che vanno osservati nel loro complesso. Stiamo vivendo tempi di disordine mondiale, le crisi geopolitiche, la guerra nel cuore dell’Europa, le grandi trasformazioni delle nostre società. E per governare questo cambiamento non possiamo adottare risposte del passato. Per far fronte alle sfide che ci troviamo davanti dobbiamo consolidare un’Europa più forte, protagonista, giusta. Più integrata. Un’Europa che si senta attore politico globale, che si doti di strumenti di decisione e governo capaci di svincolarla dai veti dei singoli Stati, che faccia del pilastro sociale non solo una delle sue missioni ma un manifesto concreto dell’umanesimo europeo.
In un clima di presunti estremismi, ritiene necessario un dialogo più intenso con le forze terzopoliste? A chi o a cosa attribuisce l’attuale frazionamento?
Sono convinta che uniti si vince. Non è uno slogan, ma è quello che abbiamo visto davanti ai nostri occhi in questi mesi. Le faccio un esempio: Perugia ha la prima sindaca donna eletta grazie all’appoggio di una ampia coalizione di centrosinistra. E così è stato anche in diversi altri capoluoghi di regione. O, ancora, pensi al fronte compatto in piazza a Roma a difesa della Costituzione, contro le pessime riforme, il premierato e l’autonomia differenziata, che indeboliscono le nostre istituzioni e spaccano il Paese in tante micro-realtà, ampliando le disuguaglianze. La destra si batte mettendosi insieme. E non tanto insieme per forza, ma sulla base della condivisione di un progetto. È questo ciò a cui dobbiamo puntare. Gli italiani sono stanchi di essere presi in giro, hanno bisogno di risposte su questioni urgenti come la salute e il lavoro. Non possiamo tenerli ostaggio di una destra litigiosa impegnata a barattare bacini di consenso per interessi di partito. Ricordiamoci che parliamo di una premier che, in occasione dell’elezione della Von der Leyen, ha messo il proprio partito davanti agli interessi del Paese.
Concentrandosi su un tema a Lei molto vicino – in quanto già viceministra dell’Istruzione e dunque molto legata alle questioni riguardanti i giovani – come giudica l’operato dell’attuale Governo per quanto concerne under 30 e generazioni future?
Questo governo non è attento alle persone, che siano giovani o anziani. Si professano rappresentanti della destra sociale, ma quello che sanno fare è condannare cittadini e famiglie alla povertà e allo svantaggio, distruggendo i legami sociali. Come dicevo prima, l’autonomia differenziata non fa altro che dividere il Paese in venti staterelli o, peggio, in molte più zone anche all’interno di una regione, dicendo a uomini e donne che il loro futuro dipende da dove nascono. Questo è un esecutivo che guarda al futuro? Che sostiene i giovani? Sprecano le risorse del PNRR, non le usano per costruire asili nido, anzi tagliano fondi ai comuni più virtuosi che dovrebbero erogare servizi alle persone. Si limitano a fare proclami ideologici su maternità e famiglia, ma non fanno nulla per mettere i giovani in condizione di scegliere del proprio destino. Sono sordi ai problemi di tutti, ascoltano soltanto quelli del proprio circolo di appartenenza. Non è un caso se i più giovani hanno orientato il loro voto verso partiti di centrosinistra nell’ultima tornata elettorale. Sono generazioni attente al clima, all’ambiente, che guardano a nuove forme di sviluppo sostenibile. Cosa ci fanno con i nostalgici al potere?
Sempre in tema di progresso e cambiamenti, è alle porte la rivoluzione targata “IA”. Anche in Parlamento essa potrebbe divenire uno strumento di significativo efficientamento: in che modo impatterà e che tipo di vantaggi arrecherà al lavoro parlamentare?
Alla Camera, su impulso del Comitato di vigilanza sull’attività di documentazione, abbiamo avviato la prima sperimentazione per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale generativa a supporto del lavoro parlamentare. Attenzione: a supporto. Non in sostituzione. Vogliamo che questi strumenti – che sono già parte della nostra quotidianità e hanno un impatto sulle nostre vite e relazioni – rappresentino un’opportunità. Per farlo, occorre prestare la massima attenzione a due aspetti. Il primo: dobbiamo conoscere per deliberare. Non possiamo pensare di normare – come è pure giusto e necessario – questo ambito senza comprenderne il funzionamento in maniera approfondita, i risvolti etici, economici e sociali. Con il Comitato abbiamo avviato un’indagine conoscitiva con esperti e siamo entrati in contatto con i maggiori stakeholder negli Stati Uniti. Oltre ad avere aperto una call per chiedere la collaborazione del mondo universitario e della ricerca nella sperimentazione in atto. C’è bisogno di formazione. C’è bisogno di competenze qualificate. Il secondo aspetto che non dobbiamo dimenticare è un principio fondamentale: al centro deve esserci l’uomo. La sua capacità di scegliere, di decidere, di servirsi di queste tecnologie consapevolmente e responsabilmente. Così come ha ricordato Papa Francesco in occasione del G7. Sono dispositivi al servizio delle persone. E per questo la loro regolamentazione è imprescindibile: per garantire i diritti e minimizzare i rischi che potrebbero comportare. Il lavoro della Camera è pioneristico. Purtroppo, non penso possa dirsi lo stesso di quello del governo, che ha partorito un ddlraffazzonato, senza risorse, senza strategia. L’intelligenza artificiale non è una priorità dell’esecutivo Meloni. Ed è un errore gravissimo, se consideriamo che non essere protagonisti in questo settore può condannarci alla dipendenza da altre potenze internazionali. È bastato un bug nei giorni scorsi per bloccare non solo il nostro Paese, ma il mondo. Interi comparti del nostro vivere civile sospesi.
In chiusura, tornando all’Europa, un giudizio sulla rielezione di Ursula von der Leyen?
Il Pd ha negoziato per inserire nel programma della Commissione questioni che riteniamo fondamentalie qualificanti, come la transizione ecologica, la definizione di un piano industriale sostenibile, il lavoro. Osserveremo attentamente come si procederà su questi fronti. La rielezione di Ursula von der Leyen poteva rappresentare un’occasione che il governo nazionale ha sprecato. Dopo mesi di discutibili strategie, l’esecutivo si è presentato spaccato, con due partiti della maggioranza schierati con l’estrema destra in Europa. Con due vicepremier in conflitto permanente. E, soprattutto, con una presidente del Consiglio che ha messo gli interessi della sua famiglia politica davanti a quelli del Paese, incapace di mantenere l’unità di indirizzo politico. Non possiamo che essere allarmati: Meloni, con la sua mossa, ha destinato il Paese – uno dei fondatori – all’irrilevanza all’interno dell’Unione. E le sfide che dovrà sostenere per gli italiani nei prossimi mesi non consentivano una tale condotta. A farne le spese saranno come sempre le cittadine e i cittadini.