È oggi nostra ospite l’On. Camilla Laureti, europarlamentare e componente della Segreteria nazionale del Partito Democratico con delega alle politiche agricole e alimentari da aprile 2023. Laureata in Storia contemporanea presso l’Università “La Sapienza” di Roma, diventa giornalista professionista nel 2006. In occasione delle elezioni europee del giugno 2024, viene candidata nella lista del PD – circoscrizione Centro; risulterà poi eletta con oltre 62.000 preferenze. La morte sul lavoro di Satnam Singh, premierato e autonomia differenziata: questi i punti toccati nell’intervista che segue.
È su tutte le prime pagine dei quotidiani la vicenda di Satnam Singh, bracciante di origini indiane coinvolto in un terribile incidente. Era stato abbandonato di fronte alla propria abitazione, in attesa di soccorso, a seguito della mutilazione di un braccio. Oggi quanto pensa che il superamento della legge Bossi – Fini possa aiutare i lavoratori stranieri? E quanto è importante oggi trattare il tema relativo allo sfruttamento sui luoghi di lavoro?
Una vicenda che conferma quanto, anche in Italia, la strada del riconoscimento pieno dei diritti, quello al lavoro sicuro e quello all’integrazione, sia tutt’altro che un cammino concluso. L’aspetto che, sul piano morale, maggiormente colpisce è la totale assenza di umanità, la sacrificabilità completa del valore dell’essere umano sull’altare della produzione: agghiacciante. Ma questa tragica morte deve spingere la politica, in raccordo con le forze sindacali e le agenzie istituzionali, a compiere un passo in avanti come richiesto ad un paese democratico e civile, fondato sul diritto al lavoro, primo articolo della Costituzione. Noi dobbiamo potenziare l’attività di controllo per la sicurezza e la salute del lavoro, migliorandola sul piano del coordinamento reale ed effettivo fra i molteplici organi ispettivi. Le leggi ci sono e vanno applicate, ma continuiamo a registrare tre morti al giorno. Inaccettabile. Dobbiamo poi rendere concreto il principio che i finanziamenti europei per il settore, la Pac, arrivino solo alle imprese che rispettano i diritti dei lavoratori, la cosiddetta condizionalità sociale. Dobbiamo poi superare la legge Bossi – Fini per riconoscere un permesso di soggiorno a chi cerca lavoro, perché quella norma è criminogena e antistorica, e introdurre una nuova legge sulla cittadinanza perché chi nasce o cresce in Italia è italiano o italiana, e nessuno può togliergli questo diritto.
In seguito all’approvazione del ddl sul premierato, le opposizioni sono scese in piazza contro un provvedimento che il Presidente Meloni ha definito: “Un passo avanti verso la stabilità“. Secondo lei, quali sono le maggiori problematicità legate a tale riforma?
Ci sono due grandi errori in questa riforma. Lo svilimento del ruolo del Parlamento, eletto a traino del Presidente del Consiglio, e del ruolo del presidente della Repubblica, rispetto ad un premier direttamente eletto dai cittadini. Una manomissione degli equilibri della Repubblica che preoccupa soprattutto e anche perché abbinata ad un altro intervento, quello dell’autonomia differenziata, che cristallizza e acquisisce le distanze sul piano dei diritti dei cittadini fra Nord e Sud, distruggendo la coesione e penalizzando quindi il paese anche sul piano della crescita, perché senza lo sviluppo del Mezzogiorno non esiste sviluppo dell’Italia. Se avessero voluto garantire veramente la stabilità avrebbero valorizzato il Parlamento, anche riformandolo, e avrebbero avuto maggiori aperture rispetto alla nostra proposta, quella di introdurre la sfiducia costruttiva per evitare “vuoti di governo” e crisi al buio, pensando anche a riconsegnare il potere di scelta ai cittadini attraverso una nuova legge elettorale. Niente di tutto questo, l’obiettivo della destra infatti era soltanto quello di garantire ancora più potere alla donna sola al comando. Avremo così una torsione autoritaria, perché confondono la democrazia con il plebiscitarismo. Questo sistema disegnato dalla maggioranza è un unicum al mondo, forse questo avrebbe dovuto farli riflettere.
A seguito delle elezioni europee, il PD si è confermato a livello nazionale come il secondo partito più votato, diventando in Europa il primo gruppo della famiglia socialista. Ma la destra è inesorabilmente avanzata. Cosa pensa di questo “vento di destra” che spira non solo nel nostro Paese, ma in tutta Europa?
Il PD ha raggiunto alle elezioni europee un risultato straordinario. Un trend confermato anche dalle elezioni amministrative. Questo sta ad indicare che la direzione scelta dalla nostra segretaria Schlein è quella giusta: un partito di sinistra che ha nella questione sociale il suo cuore pulsante; un partito che è tornato nei luoghi di lavoro e tra le persone, soprattutto quelle più fragili; un partito che ha una vocazione ambientalista e femminista molto netta. Certo spira in Europa un vento di destra, estrema, ma non sfonda. Lo abbiamo visto alle elezioni europee, con la maggioranza che resta, in Parlamento, stabilmente legata alla convergenza della famiglia dei popolari, dei socialisti e dei liberali. Lo abbiamo visto anche in Francia, dove certo l’affermazione della destra di Le Pen fa paura, ma non raggiunge la maggioranza assoluta, rendendo ancora aperta la partita al secondo turno, con il Nuovo fronte popolare che ha scelto la strada della desistenza per arginare la marea nera. Dobbiamo dunque continuare come forze dei socialisti e democratici europei, come forze europeiste, a portare avanti l’impegno per un’Europa più forte, più giusta, più verde, più femminista. E lo faremo. Solo così contrasteremo l’ascesa della destra sovranista.
Altro tema molto discusso è quello relativo all’autonomia differenziata, che avrebbe causato dopo la sua approvazione una rivolta da parte dei governatori del Sud: a tal proposito il governatore della Calabria Occhiuto ha affermato che il centro destra ha commesso un errore e che se ne renderà conto.
Esiste sicuramente una parte di Forza Italia, in particolare meridionale, contraria a questo provvedimento che spacca l’Italia e penalizza il Sud. L’autonomia differenziata, che è una secessione mascherata, non è nemmeno molto compatibile con la storia di Fratelli d’Italia. Ma le forze della destra proseguiranno su questa strada perché siamo in presenza di uno scambio, di un baratto politico fra i partiti della maggioranza, pur così divisi fra loro: l’autonomia a Salvini, il premierato a Meloni, la riforma della giustizia a Tajani. Di tutto questo ovviamente farà le spese il paese. Per questo noi porteremo avanti l’impegno di promozione del referendum, difendendo i principi della coesione e dell’unità nazionale, del diritto all’uguaglianza delle persone.
Le chiedo, quindi, cosa potrebbe provocare nel concreto l’autonomia differenziata e, soprattutto, crede che si stia veramente “mettendo in pericolo” l’unità del nostro Paese?
Sì, credo che veramente sia minacciata l’unità del Paese sul piano dei diritti fra cittadini e cittadine del Nord e del Sud, a danno del Sud. Ricordo che questa riforma è a costo zero: non abbiamo infatti ancora capito con quali e quante risorse verranno finanziati i LEP (livelli essenziali delle prestazioni che danno concretezza ai diritti). E non lo abbiamo capito perché la maggioranza non lo ha detto. Vogliono poi consentire il trasferimento di materie come la salute e l’energia, la cui sfida è diventata ormai di dimensione comunitaria, perché a sua volta l’Europa è chiamata a rispondere sul piano globale. Il vulnus è che questa riforma parte dall’accettazione del gap fra Nord e Sud e, a partire dall’assenza di definizione delle risorse da mettere in campo per garantire gli stessi livelli di servizi essenziali fra Nord e Sud (LEP), di fatto finisce per aumentarlo. La coesione è un valore costituzionale che dunque stanno mettendo a rischio. Seriamente. Parliamo di salute e istruzione – solo per fare due esempi di diritti primari – che vedranno una sperequazione territoriale che non possiamo accettare, perché non possiamo accettare che esistano cittadini di serie A e di serie B. Non lo può accettare una democrazia.