È oggi nostro ospite il Sen. Filippo Sensi, giornalista, blogger, esperto di comunicazione politica e Senatore per il Partito Democratico dal 21 Marzo 2023. Laureato in Filosofia presso l’Università La Sapienza di Roma, durante gli anni ‘90 diventa portavoce di Rutelli e, a partire dal 2010, fonda Nomfup, noto blog di comunicazione politica. Dopo l’elezione di Renzi nel 2014 come Segretario del Partito Democratico, diventa prima capo dell’ufficio stampa del PD e poi capo ufficio stampa del Consiglio dei Ministri. Attualmente ricopre la carica di vicepresidente della commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani ed è membro della Commissione parlamentare sul femminicidio e violenza di genere.
E’ recente il suo intervento al Senato riguardo la situazione nelle carceri italiane: lei, di fatto, ha richiamato e sottolineato la responsabilità non solo istituzionale ma anche collettiva, di ciò che sta succedendo. In che modo ritiene che le carceri dovrebbero essere riformate? Crede che la maggioranza non comprenda ancora appieno la funzione rieducativa del carcere?
Credo che la questione delle carceri sia qualcosa di più che un’emergenza: è un’urgenza, dovrebbe essere una priorità per tutta quanta la classe politica. Purtroppo, temo che l’approccio securitario e pan-penalistico da parte della maggioranza e della destra non costituisca il terreno migliore per costruire una riforma del sistema carcerario che vada nella direzione di un maggiore rispetto delle persone e di una maggiore efficienza e dunque di una maggiore sicurezza. Quella stessa sicurezza che la destra contrabbanda ma non è in grado di assicurare. Loro credono, a colpi di decreti e di nuovi reati, di fare “la faccia feroce” ed essere apprezzati per questo dagli elettori e dai cittadini: in realtà, non fanno che alzare l’asticella. Quando si crea un’esigenza, una paura, un’attesa che non esiste, tutti ne vorranno di più e tutti ti giudicheranno non per ciò che hai fatto, ma per quello che non hai potuto fare. Tornando al tema delle carceri, io credo che dalle carceri si veda la dignità, il livello di democrazia di un Paese, la civiltà e anche lo stato di salute di una società. Penso che alcune iniziative, come quella della liberazione anticipata, promossa in Parlamento dall’On. Roberto Giachetti, sia una misura che vada nella direzione giusta e che spero la destra, dalla “faccia feroce”, possa accogliere e lavorare assieme per poter dare un pò di sollievo al personale delle carceri che è seriamente messo alla prova. È un atto di rispetto e di dignità nei confronti di una popolazione carceraria che, come dimostrano diversi indicatori – il numero dei suicidi e il sovraffollamento -, è allo stremo. Tutto quello che sappiamo di un’emergenza che deve uscire dall’ emergenziale e deve diventare un’urgenza e una priorità.
E’ ufficiale: è passato nel Consiglio dei ministri il nuovo testo del decreto legislativo che stabilisce, attraverso la modifica dell’art.114, il divieto di pubblicazione da parte dei giornalisti delle ordinanze di custodia cautelare. Cosa ne pensa a riguardo e soprattutto, a quali grandi limiti potremmo andare incontro se si continuano a porre freni alla libertà d’informazione?
Credo che questo provvedimento sia soltanto l’ultima goccia di uno stillicidio di provvedimenti, pressioni, atti di questo Governo che vanno nella direzione di un maggiore controllo e di contrasto della libertà d’informazione in Italia. Senza parlare del cosiddetto “Spoil system”, ossia dell’occupazione del sistema informativo pubblico e delle informazioni e degli interessi in quello privato. Mi pare evidente che a questo governo non vadano a genio la curiosità e il dovere di informazione dei giornalisti italiani. Ne danno mostra ogni volta; questa volta lo mascherano dietro a una misura che potrebbe essere di carattere garantista, ma fa sì che gli unici “garantiti” siano i potenti, i politici. È un’offensiva da parte di questa destra, ma attenzione: trova in Parlamento l’agibilità più “larga”, c’è un’aria e voglia di vendetta nei confronti dei giornalisti. I giornalisti sono tenuti a svolgere bene il loro dovere, pesare e sapere bene quali responsabilità hanno quando scrivono i loro pezzi, ci mancherebbe, ma l’aria che tira in Parlamento è quella di “un regolamento di conti” e non di un confronto di due poteri in una società libera.
La guerra tra Russia e Ucraina prosegue e l’esercito russo ha distrutto Pokrovsk, intensificando la “russificazione” dell’Ucraina. Le chiedo, quindi, se questo Governo ha effettivamente mostrato il proprio sostegno al popolo ucraino e, soprattutto, crede che si potrà arrivare in futuro ad una possibile tregua tra i due paesi, nonostante le richieste appaiono quasi “inconciliabili” ?
Credo che la questione ucraina sia una questione dirimente centrale nell’agenda politica europea, dunque italiana e internazionale, nei prossimi anni. È un passaggio cruciale e credo che in questo passaggio serva un sostegno totale, “granitico”, generoso e incondizionato nei confronti dell’Ucraina, aggredita dalla Russia di Putin – non solo concreto e fisico, ma anche simbolico e ideale – delle libertà e della democrazia che l’Europa rappresenta. Per cui penso che tutto quello che possiamo fare dal punto di vista del sostegno, in ogni termine -economico, militare e di ricostruzione- nei confronti di quel Paese, non solo possa, ma debba essere fatto. Credo che le loro richieste di poter avere più aiuti e di poter colpire e reagire alle continue aggressioni criminali, da Kiev a Leopoli, siano sacrosante e doverose. Ha fatto il governo italiano tutto ciò che poteva? Ha avuto una posizione di sostegno sempre apprezzabile e che noi abbiamo sempre condiviso come Partito Democratico che, a differenza di altri partiti dell’opposizione, ha sempre votato per il pieno sostegno, quindi anche militare, nei confronti dell’Ucraina. Credo che in questa fase così delicata, con la controffensiva a Kursk da parte dell’Ucraina e con lo spettro del voto americano a novembre, ci sia bisogno di un “di più” di sostegno e di solidità da parte del fronte Occidentale e degli alleati nei confronti dell’Ucraina. Sul tema di consentire di colpire le postazioni che tirano i missili contro gli obiettivi ucraini, io penso che, dobbiamo stare dalla parte dell’Ucraina e non dalla parte di un sedicente tentativo di evitare un’escalation che è già in corso e che va contrastata in un solo modo, ossia difendendo l’Ucraina. Vedo purtroppo “una brutta aria” in giro per l’Europa e vedo da parte del nostro Governo, troppa reticenza e timidezza, nei confronti di un sostegno pieno all’Ucraina: questo è dovuto un po’ all’aria che tira a livello internazionale e un po’, molto, alle divisioni all’interno della maggioranza. Sono note le posizioni della Lega, sono note le cautele di Forza Italia – non dimentichiamo che il Partito di Silvio Berlusconi con Putin aveva un rapporto “fraterno”- e queste reticenze, resistenze, più o meno interessate, minano la nostra posizione e ci isolano in Europa, facendoci fare il paio con Paesi come l’Ungheria o la Slovacchia.
E’ recente la nomina da parte di Macron del nuovo primo ministro francese Michael Barnier, definito da Rassemblement National come: “Il fossile della politica”. Cosa ne pensa a riguardo? Crede che questa elezione possa segnare l’inevitabile e ormai quasi “consolidata” ondata a destra in Europa ?
No, io non credo che la nomina di Barnier segni una tappa nello scivolamento a destra dell’Europa: di recente, non nell’Unione Europea, ma in Gran Bretagna si è affermato il partito laburista di Keir Starmer; in Germania, nonostante i grandi “mal di pancia” e le difficoltà enormi, governa un partito progressista, di attrazione socialdemocratica; in Spagna c’è un governo guidato da Pedro Sanchez – ha le sue grane e i suoi guai – ma è un governo di ispirazione socialista. In America vedremo come andrà: i democratici si dimostrano “essere in campo” nonostante i pronostici, quindi io francamente non credo che ci troveremo di fronte ad un “momento di destra”. Alla prova delle elezioni di fatto, sia delle europee recenti che di anche la stessa Francia, la destra, soprattutto quella più estrema, radicale, populista e sovranista, ha mostrato “la corda”: è andata bene in alcuni Paesi, penso all’Olanda, ma male in altri. Non credo siamo di fronte ad una marea nera. Certo, quello è un piano inclinato, su cui ogni democrazia si trova sempre, alla prova di insoddisfazioni economiche, della questione migratoria, alle trasformazioni delle società, che possono essere profonde, ma, non siamo di fronte ad un’ondata nera. Barnier è un uomo molto “sperimentato”, dell’area conservatrice, ma non di una destra suprematista. Certo, per governare dovrà avere l’apprezzamento di Marie Le Pen, ma, io lo vedo più come una sorta di tecnico d’area, e non l’esponente di una destra tout-court, vedremo. Certamente l’indicazione venuta dal secondo turno delle urne andava nella direzione di “una tenuta”, soprattutto dell’asse di sinistra, e le divisioni, forse, di questo asse, hanno portato a questa soluzione. Probabilmente, se si fosse trovato un punto di equilibrio su una personalità “meno connotata” e più potabile all’Eliseo, a Matignon ci sarebbe un Presidente del Consiglio socialista o comunque progressista. Cosi non è stato; adesso Barnier dovrà confrontarsi con un’opposizione – vedremo quanto dura – di una sinistra che rimane “scornata” dalle mosse e contromosse messe in atto da Macron per provare a determinare un diverso esito di quello che sembrava, come ripeto, “un piano inclinato” anche in Francia nei confronti di Marie Le Pen. Oggi la mano va più nella direzione della destra, ma non è detto che in questa mossa non ci possa essere un’intelligenza e anche uno sprone alla sinistra, a superare i veti, le divisioni e l’esame di “purezza del sangue” per fare politica, ma non solo: ma anche a convincere e governare.