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    Israele avvia l’operazione di terra nella Striscia di Gaza: quale sarà la reazione di Trump?

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    Messa alle strette dagli appelli sopraggiunti da oltreoceano, posta di fronte al bivio tra oltraggio del diritto internazionale e tentativo di soluzione negoziata al conflitto, con l’avvio dell’operazione di terra nella Striscia di Gaza centrale, Israele pare aver intrapreso un cammino di non ritorno. Il destino pare dunque già scritto, perennemente sospeso tra silenzi assordanti e grossi punti interrogativi.

    L’operazione di terra a Deir al-Balah

    Domenica 20 luglio, le forze di difesa israeliane (IDF) hanno emesso un ordine di evacuazione per tutti i palestinesi residenti nell’area sud-occidentale di Deir al-Balah, dando di fatto inizio all’operazione di terra nella Striscia centrale. La motivazione che avrebbe spinto Tel Aviv ad attaccare la località palestinese finora risparmiata dalle operazioni terrestri è stata avanzata dal portavoce dell’Idf, Avichay Adraee, in un post su X: la distruzione delle “capacità del nemico” e delle “infrastrutture del terrore nella zona”. 

    Di qui la perentorietà – espressa sempre da Adraee – di lasciare campo libero all’espansione delle attività belliche in un’area in cui l’IDF “non ha mai operato”, spostando migliaia di persone, comprese quelle rifugiate nelle tende, verso sud, in prossimità di al-Mawasi. 

    Le speranze infrante di Trump 

    Sono passate poco meno di due settimane da quando Donald Trump ha incontrato Benjamin Netanyahu alla Casa Bianca, dicendosi “fiducioso” sulla pronta risoluzione del conflitto. In quell’occasione, forte della tregua ottenuta tra Iran e Israele, Trump aveva quasi rassicurato la comunità internazionale del raggiungimento di un accordo di tregua tra le parti, avanzando come “carta fedeltà” il legame di stretta vicinanza che, da tempo, lega Washington e Tel Aviv. 

    Come univocamente risaputo, il tempo è tiranno e, ancora una volta, pare aver avuto la meglio su qualsiasi intenzione effettiva di pace, alimentando nel contempo un bilancio denso di morti, violenze e  distruzioni.

    La guerra sul campo 

    Neppure le alte temperature del periodo paiono aver allentato la presa israeliana sulla Striscia: secondo Al Jazeera, sono 84 i palestinesi che hanno perso la vita nella sola giornata odierna; di questi, almeno 73 erano in attesa della distribuzione di aiuti umanitari. Più di 900 le persone, che a partire dal mese di marzo, sarebbero state uccise nella Striscia. Sul punto è intervenuto anche Papa Leone XIV: al termine dell’Angelus domenicale, il pontefice ha lanciato un nuovo appello alla pace: chiedo che si fermi subito la barbarie della guerra e che si raggiunga una risoluzione pacifica del conflitto”. 

    I nuovi aiuti umanitari 

    Come spesso è accaduto negli estenuanti giorni oramai alle nostre spalle, anche in questo caso la perpetuazione delle barbarie a danno dei civili è stata – per quanto possibile – alleviata dall’invio, voluto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), di ulteriori medicinali e forniture mediche negli ospedali della Striscia. 

    In un comunicato stampa diffuso su Telegram, il ministero della salute palestinese ha invitato la popolazione civile a proteggere il convoglio da possibili interferenze che potrebbero rivelarsi fatali in quella che, a conti fatti, è una vera e propria lotta alla sopravvivenza. Un orizzonte simile pare tristemente aleggiare anche attorno alla missione promossa da Freedom Flotilla, l’ONG che, facendo salpare dal porto di Gallipoli una nuova nave carica di aiuti umanitari, spera di infrangere il blocco israeliano.  

    Prossimi sviluppi

    Alla luce dell’intero scenario, sarà interessante valutare la posizione avanzata dal presidente Trump, sempre più frustrato dalla perpetuazione degli attriti tra Israele e Hamas. Al momento, la tensione correlata alla questione mediorientale pare palpabile: ciò potrebbe alterare, anche in modo definitivo, i piani di Trump nell’intera regione.

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