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    Italiani sempre più poveri, precari e anziani: il bilancio del rapporto ISTAT 2025 

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    Il potere d’acquisto continua a ridursi progressivamente e il 23,1% della popolazione è a rischio povertà; una persona su dieci rinuncia alle visite specialistiche.

    Il PIL è in frenata e le famiglie diventano sempre più piccole, con la quota di over 80 che supera quella degli under 10. Quello che emerge dall’ultimo report ISTAT 2025 è la fotografia di un’Italia che già conosciamo: un Paese che, con grande fatica, cerca di voltare pagina e lasciarsi alla spalle un lungo inverno demografico ed economico che grava soprattutto sui più giovani.

    Non è un Paese per giovani 

    Secondo l’Istat, nel nostro Paese un quarto della popolazione — pari a 14.573.000 persone — ha superato i 65 anni, mentre sono quasi 4,6 milioni coloro che hanno oltrepassato la soglia degli 80. Sono dati che raccontano molto della condizione demografica dell’Italia. Le famiglie, infatti, diventano sempre più piccole: nel biennio 2023-2024, le persone che vivono sole costituiscono il 36,2% dei nuclei familiari, mentre le coppie con figli rappresentano appena il 28,2%. Parallelamente, la popolazione anziana continua ad aumentare

    Le famiglie composte da una sola persona o da coppie conviventi senza figli rappresentano ormai una realtà sempre più diffusa nei Paesi occidentali avanzati, come l’Italia. Questo trend riflette un’evoluzione dei modelli sociali: la crescente possibilità per le donne di costruire una carriera, il rinvio della genitorialità e l’instabilità delle relazioni di coppia sono solo alcuni dei fattori che delineano un nuovo scenario sociale. 

    A ciò si aggiunge anche l’impossibilità, per molti, di mettere al mondo dei figli a causa degli elevati costi legati alla loro crescita. Su questo punto, l’Istat ha registrato un dato apparentemente paradossale: se da un lato il reddito pro capite è in calo, dall’altro il reddito familiare è in aumento, grazie alla maggiore presenza di entrambi i partner nel mercato del lavoro.

    Italia Paese longevo

    Il report sottolinea anche che il numero di over 80 ha superato quello dei bambini sotto i 10 anni, che attualmente ammontano a 4.362.000. Una tendenza che, tuttavia, non è sempre stata così: 25 anni fa, i bambini di questa fascia erano 2,5 volte gli over 80, mentre 50 anni fa il rapporto era di 9 a 1. 

    Un dato comunque positivo emerge: all’inizio del 2025, gli ultracentenari hanno superato le 23.500 unità, un massimo storico. Questo ci ricorda che, sebbene l’Italia sia un Paese sempre più anziano, può contare su un sistema sanitario e di welfare che garantisce una buona qualità e durata della vita.

    L’occupazione sale, i salari scendono 

    Nel 2025, secondo i dati diffusi dall’ISTAT, l’occupazione in Italia è cresciuta dell’1,5%, con un incremento di 352.000 unità lavorative. Questo ha portato a una significativa riduzione del numero di disoccupati, scesi di 283.000 unità, e a un calo del tasso di disoccupazione, attestatosi al 6,5%. Si tratta di un dato indubbiamente positivo, ma che – se considerato isolatamente – rischia di offrire una visione parziale della situazione. Se da un lato l’occupazione cresce, dall’altro emergono segnali preoccupanti su due fronti strettamente connessi: i salari e la produttività. 

    Retribuzioni contrattuali 

    Tra il 2019 e il 2024, le retribuzioni contrattuali hanno perso circa il 10,5% del loro potere d’acquisto a causa dell’inflazione. Parallelamente, la produttività del lavoro nel settore privato ha registrato nel 2024 un calo del 2%. L’Istat sottolinea come la produttività per occupato sia diminuita dello 0,9% e quella per ora lavorata dell’1,4%. 

    Tale contrazione è riconducibile al fatto che l’aumento dell’occupazione è stato più marcato rispetto alla crescita del valore aggiunto, indicando che i nuovi impieghi si sono concentrati in settori a bassa produttività — come la ristorazione e il turismo — piuttosto che in ambiti ad alto valore. Come già accennato, nonostante la contrazione del potere d’acquisto, il reddito familiare è cresciuto del 6,3% tra il 2004 e il 2024. Questo incremento è legato in gran parte ai cambiamenti demografici, in particolare alla riduzione della quota di famiglie con figli, che comporta una minore incidenza dei costi legati al mantenimento della prole.

    Povertà e rischi per la salute 

    Nel nostro Paese si registrano diffusi segnali di deprivazione materiale, ovvero l’impossibilità, per una parte significativa della popolazione, di affrontare una spesa imprevista, di concedersi una settimana di vacanza all’anno, sostituire mobili danneggiati o sostenere il costo di attività ricreative nel tempo libero. In altre parole, si tratta di quelle rinunce che, pur riguardando ambiti non essenziali, toccano aspetti fondamentali della qualità della vita. 

    Secondo il report Istat, quasi un quarto della popolazione — il 23,1% — è a rischio povertà o esclusione sociale, in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al 2023. Questo rischio cresce in particolare tra gli individui che vivono in famiglie dove il principale percettore di reddito ha meno di 35 anni, mentre diminuisce tra le coppie senza figli.

    A ciò si aggiunge un altro dato allarmante: almeno un italiano su dieci ha dichiarato di aver rinunciato, negli ultimi 12 mesi, a esami specialistici o visite mediche, sia in strutture pubbliche che private, a causa delle lunghe liste d’attesa o per difficoltà economiche nel sostenere i costi delle prestazioni sanitarie private. Il report mette così in luce le crescenti difficoltà del sistema sanitario pubblico, evidenziando un aumento delle rinunce a prestazioni fondamentali per la prevenzione e la cura. Un segnale chiaro di come il reddito continui a rappresentare una variabile determinante anche nel diritto alla salute.

    Un Paese che fatica a rinnovarsi

    Nonostante alcuni segnali positivi, come l’incremento dell’occupazione, il report ISTAT restituisce l’immagine, ormai familiare, di un Paese che fatica a rinnovarsi. A pagare il prezzo più alto di anni di politiche incapaci di stimolare una crescita economica ad alta produttività, e di un sistema pensionistico sempre più difficile da sostenere, sono proprio le nuove generazioni. 

    Su di loro grava il peso di un sistema squilibrato, che amplifica gli effetti della crisi demografica e spinge sempre più giovani italiani a cercare opportunità altrove, oltre i confini nazionali. Il letargo italiano prosegue inesorabilmente e il tempo per invertire la rotta sembra quasi agli sgoccioli. 

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