La Fondazione Migrantes – organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana – ha presentato quest’oggi, martedì 9 dicembre, a Roma il rapporto “Il Diritto d’Asilo” 2025.
Il documento, focalizzato sulla gestione dei flussi migratori, evidenzia come, all’inizio del 2025, in Italia vi siano circa 484mila cittadini provenienti da Paesi extra-UE titolari di permesso di soggiorno per motivi di asilo e protezione, un dato che segnala un incremento del 17% rispetto al 2024.
Stando ai dati UNHCR, alla chiusura del 2024 erano presenti 313mila persone riconosciute come rifugiati o beneficiarie di protezioni affini; tale cifra, a metà 2025, è salita a 314mila.
Il confronto con l’estero
Risetto ad altri Stati europei, l’Italia segue Germania, Polonia, Francia, Regno Unito e Spagna, ed è superata da Svezia, Grecia e Bulgaria se si guarda al rapporto con la popolazione residente.
Nei primi otto mesi del 2025 sono state presentate circa 85mila domande di protezione internazionale, vale a dire il 20% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente; a fine giugno i richiedenti censiti erano 64mila.
Il conflitto in Ucraina
Secondo la Fondazione Migrantes, inoltre, il protrarsi del conflitto in Ucraina continua a frenare i progetti di rientro in patria: la percentuale di persone che sperano di tornare è scesa dal 77% al 62%. Alla fine di giugno 2025, l’Unione europea ospitava 4,46 milioni di rifugiati ucraini con protezione temporanea, di cui circa 169mila in Italia.
Morti in mare
Il rapporto Migrantes segnala un aumento delle tragedie in mare: il rischio di perdere la vita attraversando il Mediterraneo centrale è di 1 su 58, mentre sulla rotta atlantica sale a 1 su 33. In crescita anche le persone intercettate e riportate in Libia: quasi 20mila tra gennaio e settembre.
Il modello Albania
Migrantes dedica inoltre un’analisi critica al cosiddetto “modello Albania”, inteso quale sviluppo delle strategie europee di esternalizzazione del controllo migratorio, definito “ai margini della democrazia“.
Nel dossier si evidenzia come “il progetto rappresenti un laboratorio per l’estensione extraterritoriale del controllo e una messa in scena del potere sovrano sui corpi migranti. L’opacità sistemica, alimentata dall’esclusione di società civile e media, diventa essa stessa strumento di governo, mentre l’inefficacia in termini di rimpatri si trasforma in efficacia politica e disciplinare”.
Tale modello, “piuttosto che essere visto come un ‘mostro’ isolato, va collocato nel continuum delle politiche europee di esternalizzazione, come un banco di prova per la tenuta dei principi democratici e giuridici dell’Unione”.
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