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    La Spagna sanziona Israele: le misure senza precedenti di Sánchez

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    Lunedì 8 settembre, il premier spagnolo Pedro Sánchez ha presentato numerose misure sanzionatorie contro il governo di Israele, motivandole con la necessità di fermare quello che ha definito – citando le Nazioni Unite – un vero e proprio “genocidio” in corso a Gaza

    Si tratta di azioni senza precedenti in Europa, che collocano Madrid in prima linea nel condannare le azioni militari israeliane intraprese nell’ottobre 2023 come risposta all’attacco terrorista di Hamás, ma degenerata in un “attacco ingiustificabile contro la popolazione civile palestinese”

    Sánchez ha sottolineato che, così come la Spagna condannò gli attentati di Hamás del 7 ottobre 2023, oggi condanna i bombardamenti su Gaza che hanno provocato oltre 63.000 morti, 159.000 feriti e lasciato 250.000 persone a rischio di denutrizione. “Questo non è difendersi, non è nemmeno attaccare: è sterminare un popolo indifeso, violando tutte le leggi umanitarie” ha dichiarato il premier spagnolo. 

    Un pacchetto di sanzioni senza precedenti

    Le misure annunciate dal governo spagnolo segnano un inasprimento netto della posizione verso Israele, toccando aspetti diplomatici, economici e militari. Tra i provvedimenti principali figurano: l’approvazione urgente di un decreto-legge che consolidi giuridicamente l’embargo sulle armi a Israele – già in vigore de facto dall’ottobre 2023 – e ne sancisca il divieto permanente di compravendita; il divieto di transito nei porti spagnoli a tutte le navi che trasportino combustibili o armamenti destinati alle Forze Armate israeliane; il divieto di sorvolo dello spazio aereo spagnolo per aeromobili militari o di Stato carichi di materiale bellico diretto in Israele. 

    Inoltre, sarà negato l’ingresso in Spagna a tutte le persone coinvolte direttamente nel “genocidio, nella violazione dei diritti umani e nei crimini di guerra a Gaza”. Sul piano economico-commerciale, la Spagna vieterà l’importazione di prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani illegali in Cisgiordania e a Gaza, un provvedimento simbolico, dato che gli scambi coinvolti sono modesti, ma politicamente significativo. 

    In aggiunta, i servizi consolari ai cittadini spagnoli residenti negli insediamenti saranno limitati al minimo legale indispensabile, segnando una inedita presa di distanza anche formale da tali colonie. 

    Il sostegno umanitario

    Parallelamente alle sanzioni, il governo intende potenziare il sostegno umanitario e diplomatico alla causa palestinese: sarà rafforzato il supporto all’Autorità Nazionale Palestinese con l’invio di ulteriore personale spagnolo alla missione di frontiera UE di Rafah e nuovi progetti di cooperazione nei settori agricolo, della sicurezza alimentare e sanitario. 

    Infine, Madrid destinerà 10 milioni di euro aggiuntivi all’agenzia ONU per i rifugiati palestinesi e aumenterà i fondi di aiuto umanitario per Gaza fino a 150 milioni di euro entro il 2026

    Queste nove misure, ha assicurato Sánchez, saranno eseguite “in modo immediato” e si aggiungono agli sforzi già compiuti dalla Spagna negli ultimi due anni, dalle risoluzioni ONU per il cessate-il-fuoco, al sostegno alla Corte Penale Internazionale, fino all’assistenza umanitaria ai civili di Gaza.

    Madrid e gli alleati occidentali: una linea solitaria

    Sul piano internazionale, la mossa della Spagna evidenzia una posizione atipica nel contesto occidentale. Nessun altro grande Paese dell’Unione Europea o della NATO ha finora adottato sanzioni così concrete contro Israele. Mentre Madrid “apre la strada” in Europa con provvedimenti esecutivi, molte capitali occidentali si sono limitate a condanne verbali o a passi diplomatici simbolici. 

    Italia e Francia si sono limitate a convocare gli ambasciatori israeliani per proteste formali, senza però imporre misure aggiuntive. Il Regno Unito ha sospeso in primavera i negoziati per un accordo di libero scambio con Israele e il suo Parlamento ha approvato mozioni invocando sanzioni, ma il governo britannico non ha tradotto tali richieste in atti concreti. 

    Negli Stati Uniti – principale alleato di Israele – l’Amministrazione ha continuato a ribadire il sostegno al diritto di autodifesa israeliano, evitando qualsiasi critica troppo dura a Tel Aviv. 

    Bruxelles, dal canto suo, non ha trovato un consenso unitario, “l’Europa è totalmente paralizzata su questo dossier, quando non avalla direttamente con il silenzio ciò che sta accadendo a Gaza” ha denunciato il ministro spagnolo Ernest Urtasun, rivendicando il ruolo di leadership di Madrid e auspicando che l’UE prenda esempio. 

    Possibili future evoluzioni

    Le decisioni del Governo di Pedro Sánchez collocano la Spagna più vicina alle posizioni di condanna espresse da vari stati del Sud globale che non a quelle degli alleati europei e nord americani. Per alcuni osservatori Madrid sembra anticipare possibili evoluzioni del dibattito occidentale per cui, se la catastrofe umanitaria a Gaza dovesse ulteriormente aggravarsi, altri governi potrebbero trovarsi costretti da pressioni interne a considerare misure oggi impensabili. 

    Reazioni da Israele e dal contesto internazionale

    La risposta di Israele alle mosse spagnole è stata immediata e furiosa. Il ministro degli Esteri israeliano Gideon Sa’ar ha denunciato le misure di Madrid come “una politica ostile e antisemita”, accusando il governo Sánchez di essere “corrotto” e di voler distrarre l’opinione pubblica dai propri problemi interni

    In segno di ritorsione diplomatica, Tel Aviv ha adottato le prime contromisure: ha annunciato il divieto di ingresso in Israele per la vicepremier Yolanda Díaz e per la ministra Sira Rego, figure di punta della sinistra spagnola, accusandole di aver “oltrepassato ogni limite” con le loro critiche e di “appoggiare apertamente il terrorismo contro gli israeliani”. 

    Allo stesso tempo, il governo Netanyahu ha minacciato restrizioni sulle attività consolari spagnole a Gerusalemme, con persino la chiusura del consolato, nel caso in cui Madrid dovesse ostacolare i servizi ai coloni israeliani o proseguire su questa linea dura. 

    D’altro canto, il ministro degli Esteri dell’Autorità Palestinese, Riyad al-Maliki, ha elogiato “il coraggio e la leadership mostrata dalla Spagna” nel sostegno al diritto internazionale e nella difesa dei civili di Gaza, auspicando che altri Stati occidentali seguano l’esempio

    Anche rappresentanti palestinesi alle Nazioni Unite hanno definito “storica” la posizione spagnola, ringraziando Madrid per aver promosso risoluzioni ONU a tutela del popolo palestinese e per queste nuove misure concrete.

    Dall’Europa, invece, proviene un silenzio assordante: nessun governo UE di primo piano ha apertamente appoggiato le sanzioni spagnole, nonostante diverse forze politiche del campo progressista abbiano lodato le misure messe in atto dalla Spagna.

    Conclusioni

    La Spagna non si limita a condannare le azioni di Israele, ma mette sul tavolo strumenti di pressione assumendosi la responsabilità di farlo da sola nell’Occidente che conta. Non si tratta solo di Israele e Palestina, ma della credibilità della politica estera europea ogni qualvolta il diritto internazionale viene calpestato. 

    Ora il test passa a Bruxelles che avrà il compito di definire se i valori dell’Unione siano solo parole al vento o anche fatti quando è richiesto un intervento concreto sul piano geopolitico. Nel vuoto di leadership in cui vive oggi il Vecchio Continente, Madrid ha acceso un faro; starà agli altri Paesi UE decidere se trattarlo come un abbaglio o come una direzione di marcia da seguire.

    Di Enrico Bove – corrispondente da Madrid

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