“Si negano così il principio di territorialità della pena, il diritto all’affettività, alla famiglia e all’inclusione sociale”. Le parole del garante dei detenuti della regione Campania, Samuele Ciambriello, denunciano l’ennesimo disastro del nostro sistema penitenziario: l’unico Istituto a Custodia Attenuata per detenute Madri (ICAM) del Mezzogiorno, situato a Lauro, in provincia di Avellino, sarà definitivamente chiuso, comportando il trasferimento delle detenute madri negli ICAM del Nord Italia, a Milano, Venezia e Torino.
Cos’è un ICAM?
Gli ICAM sono una tipologia di istituti di pena di recente introduzione. Il primo è stato istituito nel 2006 all’interno del carcere di San Vittore, a Milano, con l’obiettivo di consentire alle detenute madri di tenere con sé i figli di età inferiore ai sei anni.
Queste strutture sono appositamente progettate per ridurre al minimo il trauma dei bambini, i quali, fino a una certa età, sono sotto la tutela legale della madre, se questa ne fa esplicita richiesta. Il soggiorno negli Istituti a Custodia Attenuata è generalmente meno rigido rispetto ai tradizionali istituti penitenziari per adulti: le possibilità ricreative sono maggiori e le ore d’aria più prolungate rispetto a quelle previste nelle carceri comuni.
Gli ambienti degli ICAM sono concepiti per garantire il benessere psicofisico sia della madre, che necessita di prendersi cura del proprio figlio in condizioni dignitose, sia, soprattutto, del bambino. Per questo motivo, le celle sono più accoglienti e strutturate per riprodurre un ambiente domestico, in modo da evitare che il minore subisca il peso della detenzione forzata.
L’obiettivo principale di un ICAM è proprio non somigliare a un carcere. Per questo motivo, al loro interno si trovano spazi come ludoteche, biblioteche, aule formative, asili nido, cucine attrezzate, camere luminose e personalizzate per i bambini, oltre a cortili all’aperto con parchi giochi e giocattoli. Tali ambienti, difficilmente replicabili nelle carceri tradizionali, sono essenziali per garantire una crescita il più possibile serena ai figli delle detenute.
Il primo ICAM
L’ICAM di Milano è, sotto ogni aspetto, sia amministrativo che gestionale, parte integrante dell’istituto penitenziario di San Vittore, pur trovandosi in un edificio situato a circa 6 km di distanza dalla struttura principale.
Secondo quanto emerge dalle visite dell’Onlus Antigone, le condizioni dell’ICAM sono nettamente migliori rispetto a quelle del primo carcere. La struttura, un ex ufficio pubblico, è in ottimo stato e ben organizzata. I corridoi conducono a quattro camere di pernottamento, luminose e curate, con una capienza di due o tre posti letto per madre e bambino.
All’interno vi sono diversi spazi destinati al benessere delle detenute e dei loro figli, tra cui una biblioteca, un’infermeria, una sala per attività trattamentali, una cucina, una lavanderia, una ludoteca e stanze con divani e televisori per l’intrattenimento. All’esterno si trova un piccolo giardino attrezzato con giochi per bambini, accessibile tre ore al mattino e quattro al pomeriggio, per offrire uno spazio che non ricordi un ambiente carcerario e un’esperienza di detenzione forzata.
La presenza costante di medici, infermieri e pediatri, insieme a un’ampia offerta scolastica per madri e bambini, contribuisce a creare un clima sereno.
L’ICAM di Milano, infatti, si distingue per l’assenza di episodi critici come autolesionismo o suicidi, grazie a un ambiente rieducativo che favorisce il benessere delle detenute e dei loro figli. Inoltre, l’isolamento disciplinare, pratica comune nelle carceri tradizionali per adulti e minori, non viene mai applicato e le eventuali violazioni di regolamento – comunque molto rare – comportano al massimo un’ammonizione, senza ricorrere a misure punitive drastiche.
Il caso di Lauro
Quello che fino a oggi era considerato un istituto modello, l’unico a ospitare detenute madri dal centro Italia in giù, verrà definitivamente chiuso, con i trasferimenti verso gli ICAM del Nord Italia già in corso.
La perdita di questa struttura, situata nella provincia di Avellino, non rappresenta solo il fallimento di un sistema che penalizza sempre più i detenuti, ma è anche l’ennesimo schiaffo a un territorio da sempre abbandonato dalle istituzioni. L’istituto, dotato di 16 camere collettive e quattro stanze singole, era in grado di ospitare fino a 35 donne con bambini ed è stato a lungo l’ICAM più affollato d’Italia.
Nonostante ciò, non si sono mai registrati episodi di violenza o eventi critici tali da giustificare la chiusura. La struttura garantiva spazi adeguati per i nuclei madre-bambino, con aree comuni, ambienti autonomi e indipendenti, composti da soggiorno, angolo cottura, camera da letto e bagno. Inoltre, era stata recentemente ristrutturata, con un investimento di oltre un milione di euro, risultando quindi in buone condizioni.
“Riteniamo inaccettabile anche il tempismo di questa decisione, i due bimbi frequentano la seconda elementare e l’asilo, entrambi i familiari hanno la residenza a Lauro, ora saranno catapultati in altre scuole nel mezzo dell’anno scolastico perdendo il tessuto che li ha sostenuti”, ha dichiarato il garante Samuele Ciambriello. A questo si aggiunge la condizione delle detenute del Sud Italia, che subiranno un distacco forzato dalle loro famiglie e dal loro ambiente sociale e culturale, peggiorando ulteriormente la loro situazione detentiva.
Con la chiusura dell’unico ICAM del Meridione, infatti, le famiglie che vorranno visitare le detenute dovranno affrontare viaggi onerosi per raggiungere gli istituti di Venezia, Torino o Milano, spezzando quell’armonioso legame familiare che tali strutture erano state progettate per preservare.
Conclusioni
Le ragioni che hanno portato alla chiusura dell’ICAM di Lauro restano ancora ignote, ma una riflessione risulta comunque necessaria: nel 2024, senza alcun dubbio l’anno più buio delle carceri italiane, si sono registrati 90 suicidi, con l’ultimo verificatosi il 31 dicembre.
Se la risposta dello Stato alle sue stesse violazioni – illegittime da un punto di vista costituzionale e delle norme internazionali – sulla salute dei detenuti è quella di perpetuare ulteriore violenza, stavolta verso delle madri, allora possiamo senza indugi definire il nostro Paese un luogo dove la civiltà e lo stato di diritto non trovano ancora spazio nella loro massima espressione, ovvero nella giustizia.
20250101