Nel film «L’odio», cult del cinema francese degli anni Novanta, si racconta uno spaccato di banlieue (periferia in francese), dove ci sono cittadini di serie A e cittadini di serie B, trattati come tali dall’opinione pubblica e dalle istituzioni. E alla fine, convintisi di essere tali, i cittadini di serie B si comportano esattamente come i cittadini di serie A si aspetterebbero.
In una scena, Hubert (uno dei tre protagonisti) si ferma, durante una passeggiata notturna, ad osservare un cartellone pubblicitario: «Le Monde est à vous». Lo corregge con lo spray: «Le Monde est à nous».
Ecco, le elezioni in Francia ci raccontano il riscatto del Paese degli Hubert. Jean-Luc Mélenchon stesso – il leader de La France Insoumise, principale partito della coalizione di sinistra – ha detto che “la Repubblica è stata salvata dalle banlieues“, che con la loro partecipazione al voto hanno riscritto la storia facendo muro all’ennesima ondata nera in procinto di governare il paese. La differenza bastava vederla in chi esultava e chi no: piazze gremite, colorate e multietniche contro palazzi scintillanti pieni di laccati incravattati di tutto punto.
In un senso romantico, gli eredi dei sanculotti e di Versailles, rispettivamente.
Una nuova composizione dell’arco parlamentare
Ma non basta. Le elezioni francesi ci dimostrano che l’alternativa sociopolitica è sostanzialmente tripartita. La sinistra (dai socialisti di Hollande al Nuovo partito anticapitalista) ha vinto non solo perché si è compattata, ma anche perché si è dimostrata alternativa tanto alla destra nera quanto al centro di Macron. La sinistra ha vinto perché ha combattuto il pericolo reazionario degli eredi di Pétain e rifiutato di prostrarsi a un presidente equilibrista.
Già alle presidenziali del 2022 si era capita l’antifona: la sinistra fa buoni risultati se si unisce e rivendica le proprie istanze, non sale sul carrozzone sin dall’inizio. La sinistra vince quando il centroSinistra diventa più importante del Centrosinistra. Il premier Attal, giovane macroniano, ne ha preso atto: ora tocca all’Eliseo.
La società francese ha parlato; le banlieues, raffigurate come sorde e silenti, hanno urlato.
Un’ispirazione per l’Italia
In Italia il sistema partitico è diverso da quello francese, ma soprattutto il centro-sinistra e la sinistra sono quasi sovrapponibili negli incastri elettorali. I centristi duri e puri, legittimati da mezzo secolo di DC e un altro quarto di liberismo à la Berlusconi, vanno a braccetto con gli eredi del PCI ma votano anche assieme al “centrodestra” di governo.
Il 2025 sarà anno di regionali in Campania, Veneto, Marche, Puglia e Valle d’Aosta. Prima di decidere di coalizioni varie, dovremmo analizzare l’esperienza francese perché, se il sistema partitico è diverso, anche noi abbiamo quartieri, interi territori abbandonati, che vogliono urlare al mondo la propria esistenza e reclamano maggiori diritti.
Un ultimo appunto: il Nuovo fronte popolare in Francia si è cementato intorno ad un contratto programmatico. La critica della destra («Si uniscono solo per batterci!») non vale. Prima di sedersi ai tavoli, questa del contratto programmatico dev’essere una buona abitudine da importare anche nelle nostre terre. Così, per evitare fraintendimenti e raccapezzamenti durante la legislatura.
Per non finire – spoiler! – come nell’Odio: «Questa è la storia di una società che precipita e si ripete per farsi coraggio: Fino a qui tutto bene, fino a qui tutto bene. Il problema non è la caduta, è l’atterraggio.»