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    Le origini del conflitto Arabo – Israeliano

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    Questo articolo non ha la pretesa di approfondire nel suo complesso gli sviluppi più recenti della questione arabo-israeliana. Lo scopo, piuttosto, è ricostruire ciò che accadde prima del 1947, anno in cui l’ONU emanò la Risoluzione 181 che decretò la nascita dello Stato d’Israele.

    L’ACCORDO SYKES-PICOT

    La Palestina, nome storico della regione dell’Impero Ottomano appartenente alla suddivisione amministrativa del Levante, era dal VII secolo abitata da popolazione a maggioranza araba-musulmana. Durante l’Ottocento l’Impero, gigante in sofferenza, garantiva ai gruppi etnici che lì abitavano (tra cui una nutrita minoranza ebrea) autonomia, riconoscimento e una sostanziale stabilità. Fu il segretissimo Accordo Sykes-Picot del 1916 a modellare l’assetto odierno del Medio Oriente, stipulato tra britannici e francesi poco prima della fine della Prima Guerra Mondiale per spartirsi le spoglie dell’Impero Ottomano: agli inglesi sarebbe andata la Palestina, la Giordania e l’Iraq, ai francesi la Siria e il Libano.

    L’IMMIGRAZIONE EBRAICA E IL MOVIMENTO SIONISTA

    Già dagli anni ’80 dell’Ottocento gruppi di ebrei dell’Est Europa intrapresero sistematiche migrazioni nel Levante ottomano, le Aliyah, spinti dai continui pogrom a loro danno. Il movimento sionista, nato per mano dell’ebreo ungherese Theodor Herzl, mirava a riunire in un solo luogo le comunità sparse per il mondo a causa della diaspora e delle persecuzioni: egli intraprese un’intensa attività di lobbying con gli ottomani prima e coi britannici poi, tale da consentire l’immigrazione ebraica in terra levantina.

    Contrariamente a quanto accadeva in precedenza, quando le migrazioni ebraiche verso la Palestina accadevano per motivi religiosi, con la nascita del movimento sionista tali spostamenti trovarono ragione nella volontà di creazione di uno Stato Ebraico, in quella che fu considerata la casa storica delle tribù israelite protagoniste della Tanakh e della Bibbia.

    LA FALLIMENTARE INIZIATIVA INGLESE

    I britannici durante la Prima Guerra Mondiale stipularono tre accordi contraddittori fra loro: il primo, il già citato Sykes-Picot per la spartizione del Medio Oriente ottomano; il secondo (la corrispondenza Husayn-McMahon, rispettivamente sceriffo della Mecca e Alto commissario britannico al Cairo) con gli arabi che avrebbe “riconosciuto e sostenuto l’indipendenza degli arabi in tutte le regioni all’interno dei confini richiesti dallo sceriffo della Mecca”; il terzo con gli ebrei sionisti (la dichiarazione Balfour del 1917, ministro degli Esteri), che riconosceva il diritto alla formazione di una loro “national home” in Palestina. In particolare la dichiarazione Balfour risultò fonte di tensione tra gli arabi, che temevano la costituzione di uno stato ebraico – il rapporto King-Crane, redatto negli USA, evidenziava come la maggior parte della popolazione arabo-musulmana del Levante fosse fermamente contraria al progetto di Herzl – e i sionisti, che la interpretarono come un appoggio alla loro causa “risorgimentale”.

    Nel luglio del 1922 la Società delle Nazioni, antesignana delle Nazioni Unite, affidò il mandato sulla Palestina al Regno Unito (nel rispetto degli impegni presi da Sykes e Picot), e confermò le promesse di Balfour. Per permettere l’adempimento dei patti, la Società delle Nazioni fondò l’Agenzia ebraica, con lo scopo di coordinare l’immigrazione: nel pratico, tale agenzia acquistava terreni in Palestina per rivenderli agli ebrei. Il risultato fu quello di far accrescere la popolazione ebraica in Palestina dalle 83.000 unità del 1915 alle 360.000 unità della fine degli anni Trenta. Ma fu proprio l’assegnazione dei terreni a configurarsi come uno dei principali punti critici nel rapporto tra arabi ed immigrati ebrei: nel diritto locale non era il terreno ad essere posseduto ma le piante su di esso. Per la legge britannica, quei terreni erano formalmente di nessuno, e venivano acquistati dai coloni ebrei a bassissimo prezzo, nei primi tempi ignari di questa situazione. Questo meccanismo nei fatti toglieva il sostentamento e lavoro a moltissimi arabi.

    IL CONFLITTO ARABO-ISRAELIANO DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE

    Gli esiti di questa imprudente politica di spartizione dei terreni fu lo scoppio di disordini e scontri sanguinosi: morirono 133 ebrei e 116 arabi-palestinesi. Il pogrom fu particolarmente violento nella città di Hebron, da cui fu espulsa la comunità ebraica lì presente da secoli. I dissidi proseguirono nel 1936 con la Grande rivolta araba. Le truppe irregolari palestinesi si scontrarono con l’esercito britannico, supportato da vari gruppi paramilitari ebraici come l’Haganah, l’Irgun e le Brigate Stern. Entrambi gli schieramenti fecero ricorso ad azioni di guerra irregolare come attentati terroristici e rappresaglie sui civili. Con la Seconda Guerra Mondiale, gli ebrei si schierarono al fianco degli Alleati mentre gli arabi palestinesi, guidati dal Gran Mufti di Gerusalemme, supportarono l’Asse in funzione anti-britannica e anti-ebraica. Diversi furono i palestinesi inquadrati nelle fila delle SS.

    LA RISOLUZIONE 181 E LA NAKBA

    Al termine della guerra il Regno Unito decise di rimettere il mandato sul Levante nelle mani dell’ONU che, dopo l’esame di una commissione speciale, emanò la risoluzione 181, che stabilì la spartizione della Palestina in tre: uno Stato Ebraico, uno Stato Palestinese e la città di Gerusalemme sotto giurisdizione internazionale. Gli arabi non accettarono la risoluzione, e scatenarono una serie di moti a cui risposero violentemente i gruppi paramilitari israeliani. I britannici ritirarono l’esercito, lasciando la Palestina in una sorta di anarchia. Gli israeliani e gli arabi si scontrarono duramente in un turbinio d’odio infermabile. I primi miravano a conquistare il maggior territorio possibile per il proprio Stato, espellendo i residenti; i secondi a conquistare la totalità del territorio assegnato all’etnia ebraica espellendola e bloccando ogni futura immigrazione.

    Il 15 maggio 1948 fu proclamata l’indipendenza dello “Stato ebraico in terra di Israele” e la Lega Araba rispose proclamando guerra, passata alla storia come Nakba (in arabo, catastrofe). Le forze militari israeliane, ossia i vecchi gruppi paramilitari riuniti nello Tzahal o IDF, difesero le porzioni di territorio assegnate dalla risoluzione 181 allo Stato Ebraico e, nello sgomento degli arabi che non si aspettavano una tale preparazione da un esercito neocostituito e schierato contro forze soverchianti, conquistarono vaste porzioni di territorio palestinese ad eccezione dei territori della Striscia di Gaza e della Cisgiordania.

    I nuovi confini di Israele dopo il contrattacco compresero il 78% della Palestina britannica, rispetto al 56% stabilito dall’ONU. Non era solo che l’inizio di una delle vicende più intricate e burrascose dei nostri tempi.

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