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    L’IA entra nelle scuole estoni: non serve vietare, ma educare

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    La proibizione, in Italia, è un riflesso istituzionale. Ogni volta che il nostro sistema Paese si confronta con una questione complessa o con un problema che appare insormontabile, ecco che arriva il divieto: norme ad hoc per vietare la diffusione di un dato fenomeno. Provvedimenti che, come evidente, non funzionano. Così, la scuola italiana finisce per chiudere le porte al progresso, mentre il resto del mondo civilizzato cerca un punto di equilibrio tra tecnologia ed educazione.

    Cellulari al bando nelle scuole

    L’arrivo dell’intelligenza artificiale ha innescato una serie di processi destinati, in un modo o nell’altro, a rivoluzionare la vita degli esseri umani: dalle relazioni sociali alla cultura, fino al mondo del lavoro. Il progresso avanza, ed è inevitabile che le istituzioni si assumano la responsabilità di accompagnarlo nel modo più consapevole e responsabile possibile. 

    Questi nuovi software, infatti, oltre a modificare profondamente le abitudini umane, pongono una serie di questioni etiche che vanno comprese, discusse e soprattutto insegnate. O meglio: va educato chi si confronta con questi strumenti. Non a caso, la Commissione Europea e l’OCSE hanno avviato un programma, attraverso una commissione di esperti, per tracciare un percorso verso un sistema educativo che sappia accogliere in modo intelligente e consapevole l’intelligenza artificiale e la tecnologia. 

    E l’Italia? Davanti all’avanzare del progresso e alla necessità di educare e regolamentare, il governo ha scelto la strada della proibizione, mettendo al bando l’uso dei cellulari nelle scuole. Con una nuova circolare firmata dal Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, l’uso dei telefoni cellulari viene ufficialmente vietato anche nelle scuole secondarie di secondo grado (ne abbiamo parlato qui), completando così il percorso già avviato, a partire da luglio 2024, nelle scuole primarie e medie. “Quest’anno è andata molto bene. Grande consenso da parte dei docenti, delle famiglie, ma anche sorprendentemente da parte degli studenti, perché un momento per disintossicarsi a loro fa molto bene”, ha dichiarato il Ministro.

    L’esempio estone

    Le preoccupazioni espresse da Palazzo Chigi sono in parte giustificate: secondo l’OCSE e l’Organizzazione Mondiale della Sanità, l’uso dello smartphone avrebbe, in alcuni contesti, complicato la vita scolastica di molti studenti, soprattutto tra i più giovani. Inoltre, l’Istituto Superiore di Sanità conferma che circa il 25% degli adolescenti manifesta un rapporto problematico con il proprio smartphone. Le evidenze scientifiche, dunque, ci sono. 

    Tuttavia, c’è chi ha scelto un approccio diverso, non cercando di aggirare il problema con il divieto, ma affrontandolo attraverso il coinvolgimento diretto e l’educazione all’uso consapevole di questi strumenti, evitando così una messa al bando totale. È il caso della Ministra dell’Istruzione estone, Kristina Kallas, che in una recente intervista all’Huffington Post ha raccontato come è nata l’idea di un sistema educativo capace di accompagnare la tecnologia, promuovendo – come auspicato da Bruxelles e da diverse istituzioni internazionali di settore – un approccio basato sull’alfabetizzazione digitale, in particolare per quanto riguarda l’intelligenza artificiale: “Non vogliamo escludere i cellulari dall’apprendimento perché fanno parte della vita quotidiana, li usiamo persino per votare. Non crediamo che un divieto imposto dall’alto possa funzionare, sosteniamo un uso controllato [..], piuttosto deve essere discusso insieme a insegnanti, studenti e genitori. Altrimenti, gli studenti protesteranno o troveranno il modo di aggirarlo”, spiega la Ministra Kallas. 

    La sua posizione non si limita a sottolineare l’importanza di integrare le nuove tecnologie nel contesto educativo, ma evidenzia anche quanto sia inutile e controproducente vietarne l’uso, perché – come spesso accade – gli studenti troverebbero comunque il modo per eludere il divieto.

    Un modello all’avanguardia

    Va specificato che il modello estone, indipendentemente dall’approccio adottato sull’uso degli smartphone, è uno dei più articolati e avanzati dell’Unione Europea. Il piccolo Paese baltico, infatti, dopo Danimarca, Svezia, Belgio e Finlandia, è una delle poche economie emergenti ad aver superato la soglia del 6% del PIL in investimenti per l’istruzione – l’Italia solo il 3,8%, rimanendo ancora sotto la media europea del 4,7%. 

    I dati, in questo senso, parlano chiaro: secondo l’OCSE, gli studenti estoni sono primi in Europa e terzi al mondo, dopo Singapore e Giappone, per competenze in ambito scientifico e matematico. Sono inoltre ai primi posti in Europa per alfabetismo funzionale, pari alla Svizzera e dietro solo a Finlandia e Irlanda. Attraverso programmi come ProgeTiger, che introduce i fondamenti dell’informatica fin dalla scuola primaria, la popolazione estone – studenti e cittadini – è oggi tra le più digitalmente alfabetizzate al mondo.

    In definitiva

    Emulare i migliori è, da sempre, una delle pratiche più sagge per migliorare le proprie prestazioni e standard qualitativi. Ciò che le istituzioni italiane continuano a non comprendere è che il modello dei divieti, nella scuola come in molti altri ambiti, non aiuta la causa, ma al contrario comporta cause perse. Oltre a tutti i problemi sistemici che affliggono il nostro sistema scolastico, oggi il comparto educativo si trova a dover affrontare una rivoluzione profonda: quella dell’intelligenza artificiale, che fatica persino a entrare nelle aule del nostro legislatore.

    Un vero progresso, in questo senso, sarà difficile da realizzare finché pregiudizi ormai radicati continueranno a pregiudicare la condotta delle istituzioni italiane. 

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