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    Marine Le Pen condannata: il futuro della destra francese è incerto

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    Marine Le Pen è stata condannata dal tribunale di Parigi per appropriazione indebita di fondi europei, nell’ambito del processo sugli assistenti parlamentari fittizi degli eurodeputati del Front National al Parlamento europeo. La corte ha inoltre stabilito la sua ineleggibilità per i prossimi cinque anni, circostanza che — salvo appello — le impedirà di candidarsi alle elezioni presidenziali del 2027.

    Perché è stata condannata?

    Secondo l’accusa, tra il 2004 e il 2016, Marine Le Pen e altri eurodeputati del suo partito avrebbero utilizzato fondi del Parlamento europeo, destinati al pagamento di assistenti parlamentari, per pagare in realtà collaboratori che lavoravano per il partito in Francia, e non per attività parlamentari a Bruxelles o Strasburgo. In pratica, i cosiddetti “assistenti accreditati” risultavano formalmente impiegati nelle strutture europee, ma svolgevano compiti politici e organizzativi sul territorio nazionale, spesso presso le sedi del Front National.

    Il danno complessivo stimato dal Parlamento europeo è pari a circa 2,9 milioni di euro, somma che sarebbe stata impiegata illecitamente per sostenere l’apparato interno del partito. Il sistema, secondo i giudici, era strutturato e sistematico: coinvolgeva diversi eurodeputati e si fondava sulla consapevole falsificazione dei contratti di lavoro per ottenere rimborsi non dovuti.

    L’ineleggibilità

    Il tribunale penale di Parigi ha riconosciuto Marine Le Pen colpevole di appropriazione indebita di fondi pubblici, condannandola a quattro anni di reclusione, di cui due sospesi, una multa di 100.000 euro e, soprattutto, all’ineleggibilità per cinque anni con effetto immediato. Questo significa che, salvo accoglimento di un eventuale ricorso in appello, la leader del Rassemblement National non potrà candidarsi alle elezioni presidenziali del 2027.

    La decisione della corte ha un impatto significativo sulla scena politica francese, poiché Marine Le Pen era considerata una delle principali sfidanti del presidente Macron o di chiunque si candidasse nel campo centrista. La sentenza, inoltre, segna uno spartiacque per la legittimità e la trasparenza della gestione dei fondi pubblici da parte dei partiti euroscettici che operano all’interno delle istituzioni europee.

    Gli alleati di Le Pen esprimono solidarietà

    Dopo la condanna di Marine Le Pen per appropriazione indebita di fondi pubblici e la dichiarazione della sua ineleggibilità per cinque anni, numerosi esponenti politici hanno espresso solidarietà nei suoi confronti, a partire dal fronte sovranista e populista europeo.

    Matteo Salvini, vicepremier italiano e leader della Lega, ha definito la sentenza una “dichiarazione di guerra da parte di Bruxelles” e ha dichiarato pubblicamente: “Non ci facciamo intimidire, non ci fermiamo: avanti tutta, amica mia!”, manifestando un forte sostegno personale e politico. Viktor Orbán, primo ministro ungherese, ha pubblicato sui social un messaggio diretto e simbolico: “Je suis Marine!”, in chiaro segno di vicinanza e denuncia del provvedimento giudiziario. Anche Geert Wilders, leader del Partito per la Libertà olandese, ha parlato di “sentenza scandalosa” e di una decisione che mina le fondamenta democratiche europee. 

    Reazioni simili sono giunte anche da esponenti della destra in Spagna, Belgio, Romania e altri Paesi dell’Est Europa, che hanno descritto la vicenda come una “giustizia politica” pilotata contro l’opposizione antisistema.

    La posizione del Cremlino

    Dal Cremlino, Dmitry Peskov, portavoce del presidente russo Vladimir Putin, ha commentato che la condanna “dimostra come in Europa si pratichi una giustizia selettiva e si violino le regole democratiche”. Pur mantenendo una certa cautela istituzionale, ha aggiunto che “il trattamento riservato a Marine Le Pen solleva interrogativi sulla reale indipendenza della magistratura francese”. Secondo fonti diplomatiche, anche lo stesso Putin avrebbe espresso disappunto in una riunione ristretta del Consiglio di sicurezza russo, ritenendo Le Pen una figura favorevole a un dialogo con Mosca e definendo la sentenza “un atto ostile travestito da diritto”.

    Queste reazioni mettono in evidenza la portata geopolitica della condanna, che non riguarda soltanto la politica interna francese, ma coinvolge gli equilibri e le alleanze della destra radicale a livello europeo e internazionale.

    Cosa accadrà ora nel Front National?

    La condanna e l’ineleggibilità pongono Le Pen, di fatto, fuori gioco per la prossima competizione presidenziale. Ciò indebolisce il suo ruolo di leader naturale e apre uno spazio di competizione interna per la successione. In pole position c’è Jordan Bardella, attuale presidente del partito, giovane, carismatico e molto presente sui media; Bardella ha già assunto un ruolo centrale negli ultimi anni, ed è considerato l’erede designato, benché finora sia rimasto sotto la supervisione di Le Pen.

    La sua legittimazione potrebbe ora diventare formale e completa, ma dovrà affrontare la prova più difficile: guidare il Rassemblement National senza il carisma e il nome Le Pen.

    Il futuro del partito

    Sebbene Bardella sia una figura popolare, non tutti nel partito condividono la linea di “normalizzazione” che lui e Le Pen hanno perseguito per rendere il RN più istituzionale e meno radicale. Alcune componenti storiche più estremiste potrebbero approfittare della crisi di leadership per rilanciare una linea più dura, anche sulla scia della solidarietà internazionale espressa da leader populisti e sovranisti.

    Potrebbero emergere fratture tra “lepenisti”, bardelliani e frange più tradizionaliste, con il rischio di una spaccatura simile a quella già vissuta dal Front National in passato. Insomma, il futuro della destra francese adesso è appeso ad un filo. 

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