La Capitale è stata scelta per ospitare, nel novembre 2027, il Congresso Mondiale dei Pride, un importante appuntamento internazionale che vedrà la partecipazione di organizzazioni LGBTQIA+ provenienti da tutto il mondo.
La candidatura è stata promossa da Roma Pride e dal Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, e la Città eterna è stata scelta dai delegati internazionali nell’ultimo Congresso di Interpride tra diverse candidature, confermando il ruolo storico e politico di Roma nel movimento per i diritti.
Sul punto, Politica ha raggiunto Mario Colamarino, Presidente del CCO Mario Mieli e Portavoce di Roma Pride.
Presidente, è stato da poco annunciato, da Roma Pride e dal CCO Mario Mieli, che la Capitale ospiterà, nel novembre del 2027, il 45° Annual General Meeting & World Conference di InterPride. Quattro giorni di networking, attività culturali e conferenze: che valore ha questo evento e su quali tematiche si lavorerà?
La Conferenza di InterPride è il principale spazio politico, organizzativo e strategico del movimento Pride a livello globale. Ospitarla a Roma significa trasformare la città, per quattro giorni, in un crocevia internazionale delle lotte LGBTQIA+, in una fase storica segnata da attacchi sempre più sistematici e coordinati ai nostri diritti.
Centinaia di organizzazioni provenienti da ogni parte del mondo si incontreranno per confrontarsi, formarsi e costruire risposte comuni. Al centro dei lavori ci saranno le grandi questioni del nostro tempo: la tutela dei diritti umani, la sicurezza delle persone LGBTQIA+ nei contesti ostili, l’accesso alla salute e all’educazione, le migrazioni forzate, le crisi geopolitiche, la violenza di genere, l’intersezionalità, l’ambiente, l’accessibilità e la sostenibilità dei Pride.
Roma 2027 sarà soprattutto uno spazio di elaborazione politica collettiva: non solo per analizzare ciò che sta accadendo, ma per rafforzare la capacità del movimento di incidere, reagire ai backlash conservatori e sostenere concretamente le organizzazioni che operano in condizioni di repressione, criminalizzazione o guerra.
Una ‘location’ non indifferente: Roma, e quindi, per estensione, l’Italia. Qual è il segnale che si vuole lanciare organizzando il Congresso Mondiale proprio qui?
La scelta di Roma è profondamente politica. È una città simbolica, attraversata da una lunga storia di conflitti, resistenze e conquiste, sede del primo World Pride della storia nel 2000, ma inserita oggi in un Paese sempre più isolato in Europa sul piano dei diritti civili. Organizzare qui il Congresso Mondiale dei Pride significa affermare che il movimento LGBTQIA+ globale non si lascia intimidire da governi che provano a cancellarci, renderci invisibili o trasformarci in un bersaglio politico.
È un messaggio forte rivolto alle istituzioni italiane, ma anche all’Europa e alla comunità internazionale: l’Italia è sotto osservazione e Roma 2027 renderà evidente che esiste una società civile viva, organizzata e determinata a non arretrare.
Portare InterPride a Roma significa anche creare uno spazio di pressione politica, di visibilità internazionale e di solidarietà concreta verso tutte le comunità che oggi subiscono repressioni, divieti e persecuzioni, dall’Europa orientale al Mediterraneo, fino all’Africa e all’Asia.
L’Annual General Meeting & World Conference vedrà la partecipazione di circa 400 organizzazioni internazionali affiliate a InterPride: uno sguardo globale che riunirà a Roma tutte le proprie voci. Qual è l’auspicio per questo Evento e quali sono i traguardi a cui coopererete?
L’auspicio è che Roma 2027 non sia soltanto un grande evento internazionale, ma un vero punto di svolta. Vogliamo che questo percorso rafforzi il movimento Pride a livello globale e, allo stesso tempo, produca un cambiamento strutturale in Italia.
Il Congresso deve diventare un’occasione per consolidare l’ossatura politica e organizzativa dei Pride — e del Roma Pride in particolare — rafforzare le reti di solidarietà internazionale e costruire strategie condivise per affrontare le sfide future.
Lavoreremo perché da Roma emerga un movimento ancora più capace di incidere sulle istituzioni internazionali, sostenere le organizzazioni che operano in contesti repressivi e contrastare l’ondata reazionaria che colpisce in modo particolare le persone trans, non binarie e le famiglie LGBTQIA+. Allo stesso tempo, Roma 2027 dovrà lasciare un’eredità concreta: nuove alleanze, un dialogo più strutturato con la società civile e le istituzioni e un rafforzamento reale della rete dei Pride in Italia.
Vogliamo che questo Congresso sia un laboratorio politico, sociale e culturale capace di preparare il movimento alle battaglie future. Il cuore dei Pride nel mondo tornerà a battere forte a Roma, e dovrà farlo insieme, con responsabilità, visione e determinazione.
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