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    Nucleare sostenibile: l’Italia tra fiducia e innovazione

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    Con il ritorno del nucleare nel dibattito politico ed energetico nazionale, l’Italia si trova davanti a una delle scelte più delicate degli ultimi decenni. Il Consiglio dei Ministri ha recentemente approvato il disegno di legge delega che riapre la strada all’atomo, dopo oltre quarant’anni di pausa. Ma al di là delle decisioni tecniche e industriali, la vera partita si gioca sul terreno più intangibile e complesso: la fiducia dei cittadini.

    È questo il filo conduttore dell’incontro “Piattaforma nucleare sostenibile: costruire la fiducia sociale”, promosso dal World Energy Council Italia (WEC Italia) e ospitato il 13 ottobre alla Camera dei Deputati. L’evento ha riunito rappresentanti istituzionali, imprese e ricercatori per discutere non solo di tecnologie e regolazione, ma soprattutto di accettabilità sociale e di come costruire un dialogo credibile con i territori.

    Un Paese che torna a parlarne

    L’Italia è chiamata a ridefinire la propria strategia energetica in linea con le trasformazioni globali. Nel contesto di transizione verso la neutralità climatica, la prospettiva di una piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile rappresenta una scommessa industriale e scientifica. Le nuove tecnologie di fissione di piccola taglia, i cosiddetti reattori modulari (SMR), e la ricerca sulla fusione, la frontiera più ambiziosa della fisica applicata, promettono soluzioni più sicure e flessibili rispetto al passato.

    Secondo Marco Margheri, presidente di WEC Italia, il Paese dispone delle competenze necessarie per sostenere questo percorso: “L’Italia ha capacità industriali e tecnologiche pronte a contribuire alla piattaforma nazionale del nucleare sostenibile. È importante che le istituzioni sviluppino quadri regolatori chiari, che favoriscano gli investimenti e costruiscano fiducia nelle comunità”.

    L’obiettivo è duplice: decarbonizzare il sistema energetico e garantire al tempo stesso sicurezza e competitività all’industria italiana, seconda manifattura d’Europa. Ma, come sottolineano molti osservatori, nessun piano potrà concretizzarsi senza una base solida di consenso pubblico.

    La sfida della fiducia

    La parola chiave che ha attraversato l’intero dibattito è “fiducia”. Dopo due referendum (1987 e 2011) che hanno chiuso la porta all’atomo, l’Italia si confronta con un passato complesso e una memoria collettiva ancora condizionata dagli incidenti internazionali, da Černobyl a Fukushima.

    Per Luca Squeri, segretario della Commissione Attività Produttive alla Camera, “è essenziale avviare il tema della fiducia nel nucleare, perché il percorso passerà inevitabilmente da un referendum e dovrà superare l’effetto NIMBY”. Secondo il deputato, sarà necessario affrontare i timori radicati nei territori e dimostrare concretamente che la nuova generazione di impianti può convivere con le istanze ambientali e sociali.

    Questa dimensione di dialogo pubblico non è più un elemento accessorio ma una condizione preliminare. In un contesto in cui la transizione energetica impone scelte complesse, la fiducia diventa un’infrastruttura politica tanto quanto quella tecnologica.

    Gli italiani divisi sull’atomo

    Proprio sul tema della percezione pubblica si concentra la ricerca Project Tempo, presentata durante l’evento da Maximo Miccinilli, analista e consulente dell’organizzazione. L’indagine, condotta su un campione di oltre 48.000 cittadini italiani ed europei, mostra un quadro sorprendentemente equilibrato: il 40% degli italiani è favorevole allo sviluppo del nucleare e il 40% contrario.

    Il sostegno cresce tra gli elettori di centrodestra, dove raggiunge il 60%, e scende al 37% nel centrosinistra. Un dato che riflette la polarizzazione del tema ma anche una crescente apertura rispetto al passato. “L’Italia — spiega Miccinilli — si colloca in linea con la media europea e mostra un sostegno alla tecnologia nucleare persino superiore a quello di Paesi come la Spagna. È una partita ancora aperta, che determinerà come il Paese affronterà le sfide energetiche del futuro.”

    Interessante anche la differenza di percezione tra le diverse tecnologie: il 64% degli italiani guarda con favore ai reattori modulari di piccola taglia, contro il 47% per quelli tradizionali. Questo suggerisce che la fiducia si lega alla percezione di sicurezza, innovazione e benefici concreti. Non è un sostegno ideologico, ma pragmatico: gli intervistati mostrano maggiore apertura quando intravedono vantaggi diretti (bollette più basse, qualità dell’aria, nuovi posti di lavoro e nuovi investimenti in infrastrutture).

    La ricerca evidenzia inoltre che oltre la metà del campione (56%) immagina per il futuro un sistema energetico ibrido, fondato sulla complementarità tra rinnovabili e nucleare. Un dato che conferma come, nell’opinione pubblica, il binomio “atomo contro solare” sia ormai superato da una visione più integrata e tecnologicamente neutrale.

    Tecnologia e consenso: due binari paralleli

    L’Italia dispone di centri di ricerca d’eccellenza dall’ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) all’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare) e di imprese con competenze riconosciute nella filiera nucleare, dalla progettazione di componenti fino alla gestione della sicurezza. Tuttavia, la componente scientifica dovrà andare di pari passo con quella comunicativa. La costruzione della fiducia non si improvvisa: richiede trasparenza, partecipazione e continuità informativa.

    È in questo intreccio tra innovazione e fiducia che si gioca il futuro dell’atomo nel Paese. Il nuovo nucleare, più che una tecnologia, rappresenta una prova di maturità collettiva: la capacità di affrontare con razionalità e responsabilità le scelte energetiche, senza delegarle alla paura né all’entusiasmo.

    L’Italia, dopo decenni di sospensione, torna così a interrogarsi non solo su come produrre energia, ma su quale rapporto intende costruire tra scienza, politica e società. La sfida, come hanno ricordato i relatori del convegno, non è soltanto tecnica. È culturale e civile.

    Forse, per una volta, la vera rivoluzione non sarà nei reattori ma nella fiducia. Nell’idea di costruire un mix energetico in cui ogni fonte dal nucleare alle rinnovabili, dal gas alla ricerca sull’idrogeno, contribuisca in modo complementare alla sicurezza e sostenibilità del Paese. Nella possibilità che il futuro dell’energia italiana non sia una gara tra tecnologie, ma un patto tra scienza, istituzioni e cittadini per un equilibrio nuovo tra progresso e responsabilità.

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