Una dopo l’altra, sono comparse su Truth altre sette missive inoltrate dalla presidenza statunitense ai paesi incriminati di scarsa collaborazione commerciale con Washington. Decisa la posizione di Pechino, che tramite il portavoce del ministero degli esteri Mao Ning ha bollato l’iniziativa come poco profittevole, sostenendo che “non ci sarà alcun vincitore nella guerra dei dazi”.
Nuova tornata di tariffe
A prescindere dai Paesi coinvolti, il modus operandi intrapreso da Donald Trump pare rimanere invariato: post dopo post, lo stesso linguaggio e, non da ultimo, le stesse lettere maiuscole per mettere in risalto la propria preminenza. A variare sono i quadranti oggetto della grande “lotteria” e le percentuali delle tariffe imposte dal primo agosto.
Interessante constatare l’estensione del raggio d’azione ben oltre la mera regione asiatica: tra i Paesi colpiti, non solo Thailandia, Cambogia, Bangladesh e Indonesia – rispettivamente con tariffe pari al 36%, 35% e 32% – ma anche Bosnia Erzegovina (30%), Serbia (35%), e Tunisia (25%).
L’area dei BRICS
Analizzando il posizionamento geopolitico dei Paesi in oggetto, la sfida passa per la definizione di un minimo comune denominatore che possa quantomeno indirizzare e favorire una maggiore comprensione delle scelte intraprese. Quanto a Indonesia e Thailandia, il discorso è in realtà presto fatto: l’appartenenza al BRICS, il raggruppamento politico-economico incriminato dallo stesso Trump di perpetrare politiche “antiamericane”; discorso analogo per Sudafrica, Malesia e Kazakistan. Piega leggermente differente per il Bangladesh, Paese che in passato aveva presentato richiesta di adesione.
Tenendo buona questa linea, la suspance è ora tutta catalizzata dal capire con quali tariffe saranno interessati gli altri Stati membri dei BRICS, India, Brasile, Iran, Egitto, Russia, Cina, Etiopia ed Emirati Arabi Uniti.
Gli altri Paesi
Enigmatico, invece, il criterio sotteso a Tunisia, Bosnia Erzegovina e Serbia. L’unica ragione al momento plausibile è da ritrovare nel fatto che, in passato, i due Paesi balcanici erano già stati largamente sanzionati. Belgrado la capitale più colpita, con dazi pari al 37%, una misura protezionistica superiore di soli due punti percentuali a quella prevista per la Bosnia Erzegovina, ferma al 35%, e poco distante anche da quella imposta alla Macedonia del Nord (33%). Utile in questo senso menzionare anche il posizionamento filo-russo assunto dal presidente serbo Aleksandar Vučić.
I commenti
Non sono tardate le prime reazioni alle nuova tornata di tariffe imposte a una rosa di 14 Paesi nel mondo. Il portavoce del ministero degli esteri cinese, Mao Ning, ha espresso parere negativo sostenendo che “non ci sarà alcun vincitore nella guerra dei dazi”, dal momento che “il protezionismo danneggia gli interessi di tutte le parti“.
L’Europa
In queste ore di grande fermento, l’Unione europea attende di conoscere il proprio destino, mantenendo ferma la consapevolezza che i dazi avranno “un impatto enorme” sull’intero continente.
Nel frattempo, il capogruppo del Ppe al Parlamento europeo, Manfred Weber, ha sottolineato l’impegno profuso dalla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e dal Commissario per il Commercio, Maros Šefčovič, attivi da tempo nel trovare una soluzione negoziata con Washington; entrambi, secondo Weber, starebbero facendo “un lavoro incredibile”.
“Il mio messaggio è che, a livello commerciale, siamo alla pari degli Stati Uniti e nessuno può strattonarci come Trump pensa di fare con altri Stati più deboli. Per questo dobbiamo restare uniti”, ha aggiunto Weber. A detta di Bruxelles, gli obiettivi comuni paiono essere due: il contenimento dei danni e la salvaguardia degli interessi.
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